Pareggi in casa (2-2) contro la favorita per la vittoria finale, una squadra che può segnare in qualsiasi momento e che riesce (in un modo o nell’altra) a girare gli episodi a proprio favore. È vero, eri andato in vantaggio 2-1 ma avevi iniziato la gara sotto di un gol, subito alla prima, vera occasione concessa. Come valutare dunque il pareggio del Bayern col Real Madrid nella partita di andata delle semifinali di Champions?
Al di là di come si voglia giudicare il risultato dei tedeschi, la partita dell’Allianz Arena ha detto alcune cose interessanti. Dal punto di vista tattico è stato interessante notare come entrambe le squadre abbiano difeso con due linee da quattro in due 4-4-2 piuttosto passivi, che lasciavano cioè spazio e tempo ai portatori di palla avversari per sfruttare le rispettive linee di passaggio.
Per quanto riguarda il Bayern, Thomas Tuchel ha approcciato offensivamente la gara dando mandato ai difensori centrali (Kim Min-jae e Eric Dier) di costruire, con i due mediani Konrad Laimer e Leon Goretzka che aveva il compito di proteggere la linea arretrata e di gestire le transizioni madridiste. Un compito che soprattutto Lainer ha svolto al meglio, con l’austriaco che già nella prima frazione ha bloccato almeno un paio di possibili pericolose ripartenze die blancos.
Più avanti erano Leroy Sané e Jamal Musiala a dare ampiezza (col supporto dei terzini), mentre Thomas Müller e Harry Kane giostravano da (mobili) riferimenti centrali. Con questa disposizione e con una riaggressione efficace il Bayern ha dominato i primi venti minuti di partita.
Soltanto un errore di Kim (che si faceva attrarre da un contro movimento di Vinícius Júnior, col risultato di perdersi il successivo attacco alla profondità del brasiliano) scombinava il perfetto piano gara predisposto da Tuchel.
Nonostante ciò, l’allenatore tedesco (che lascerà il Bayern a fine stagione) riusciva a sistemare le cose nella ripresa con un paio di aggiustamenti. Prima di tutto inserendo l’esterno Raphaël Guerreiro al posto di Goretzka in mezzo al campo (e il portoghese aggiungeva un invasore alla già nutrita batteria bavarese) e poi, soprattutto, invertendo le posizioni di Sané e Musiala, che andavano ora a giocare a piede invertito.
Due cambi che modificavano l’assetto del Bayern e rendevano più efficiente la sua fase d’attacco, col risultato di organizzare una rimonta nel giro di quattro minuti. Se non fosse stato per un secondo errore di Kim (il rigore procurato per un improvvido fallo ai danni di Rodrygo) il Bayern avrebbe portato a casa la vittoria.
Per quanto riguarda il Real, la gestione della partita da parte di Ancelotti ha invece lasciato alquanto a desiderare. Il tecnico italiano non è stato in grado di replicare ai cambi tattici apportati da Tuchel nel secondo tempo, dopo una prima parte di gara nella quale, come detto, gli spagnoli sono stati messi sotto sul piano del gioco dai bavaresi.
Anche la gestione dei cambi è stata alquanto rivedibile. Sostituire Nacho con Eduardo Camavinga, spostando Aurélien Tchouaméni al centro della difesa, non ha migliorato né la fase di costruzione della squadra né la solidità a centrocampo.
Anche l’uscita di Jude Bellingham ha destato perplessità, al netto della prova non brillantissima offerta dall’inglese. Ma il cambio che ha sollevato più discussioni è stato quello che ha visto Ancelotti immettere Luka Modrić al posto di Toni Kroos.
Il no.8 delle merengues infatti (ex di turno) non è stato soltanto l’autore dell’assist che ha servito su un piatto d’argento a Vinícius la palla dell’10 madrileno, ma ha illuminato il gioco del Real pur in una serata complessivamente opaca per il resto della squadra.
Il centrocampista tedesco è ancora al top e di questo, oltre al Real, in questa parte finale di stagione potrebbe trarne beneficio anche la Germania ai prossimi Europei.
Undici conclusioni nel secondo tempo (con due pali colpiti nel giro di pochissimi secondi) non sono bastate al Psg per raddrizzare un risultato che vedeva i parigini sotto di una rete dopo lo splendido aggancio e tiro con cui, nel primo tempo, Niclas Füllkrug aveva portato in vantaggio il Dortmund.
Cosa è mancato al Psg per portare a casa un risultato positivo dalla sfida di andata della loro semifinale di Champions? La risposta più semplice è: l’attacco. Soprattutto Kylian Mbappé e Ousmane Dembélé.
Come riportato da The Athletic, Mbappé è responsabile del 42% delle reti totali messe a segno dal Paris in questa stagione di Champions. Questo rende l’idea del peso specifico che il no.7 ha sulla fase offensiva della propria squadra ma anche di come, se non è in giornata lui, la formazione di Lusi Enrique faccia difficoltà a trovare bocche da fuoco alternative.
Contro il Borussia Mbappé è stato poco trovato dai compagni, tanto è vero che i dati Fbref collocano l’attaccante all’ultimo posto fra i giocatori di movimento titolari utilizzati da Luis Enrique al Westfalenstadion per numero di palloni toccati (17). Per di più, il campione del Mondo del 2018 ha perso anche 16 palloni.
In questo senso, da parte Borussia oltre ai difensori hanno fatto un grande lavoro di filtro in mediana sia Emre Can che Marcel Sabitzer. Specialmente nel primo tempo, l’organizzazione predisposta dai francesi (con Dembélé alto, spesso in linea con Fabián Ruiz, ad operare dietro Mbappé e Bradley Barcola) non ha minimamente impensierito la porta difesa dallo svizzero Gregor Kobel.
Le cose sono migliorate per i transalpini nel secondo tempo, anche se non abbastanza da andare oltre il doppio legno colpito. Nemmeno l’inserimento di Randal Kolo Muani ha permesso al Psg di tornare a casa con un risultato utile.
Di contro, il Dortmund creava scompiglio alla retroguardia avversaria ogni volta che riusciva ad azionare Jadon Sancho
L’inglese ha sfoderato una delle sue prestazioni migliori quest’anno, risultando un pericolo costante per un Psg che soffre sempre sui contropiedi rivali.
Come gioca il Bayer!
Molte cose si potrebbero scrivere relativamente alla gara d’andata delle semifinali di Europa League fra Roma e Bayern Leverkusen, conclusasi con la vittoria degli ospiti (0-2).
Si potrebbero ad esempio trattare temi quali la mossa di Xabi Alonso, che ha scelto di affrontare la gara togliendo punti di riferimento alla difesa avversaria utilizzando il movimento di Amine Adli, Florian Wirtz e Jeremie Frimpong in una situazione di falso nueve; l’errore di Rick Karsdorp; i difetti congeniti di una rosa della Roma non in grado di affrontare squadre più qualitative (Bayer) o già strutturate e più avanti nel processo di sviluppo tattico (Bologna); i cambi di Daniele De Rossi (tenere in campo Chris Smalling senza un riferimento da marcare è sembrato inutile).
Per tutte queste analisi vi rimando al podcast Che Partita Hai Visto de Ultimo Uomo o al thread di Calcio Datato.
In questa sede sottolineiamo soltanto la capacità del Bayer di gestire il pallone e lo spazio in modo tale da trasformare la partita (specialmente nel secondo tempo) in una serie di torelli a tutto campo. Né è una prova la situazione seguente, elaborata utilizzando il programma VideoMatch Presenter di Sics.
Una dimostrazione di qualità nel controllo del pallone e di capacità di manipolazione dello spazio ai livelli di formazioni che quest’anno sono state impegnate in Champions.
A case for…Sarri al Toro
Il domino delle panchine è lontano dall’essere iniziato. In questa prima fase, nella quale circolano tanti noi, già molti allenatori hanno visto il loro accostato a questa e a quell’altra squadra.
A riprova del fatto che il calcio moderno si muova alla velocità della luce c’è il fatto che proprio uno di questi nomi, in passato considerato all’avanguardia e conteso da più squadre, sia in questi giorni diventato invece di retroguardia. Stiamo parlando di Maurizio Sarri, reduce da una esperienza in chiaroscuro con la Lazio.
Fra le molte compagini che potrebbero cambiare tecnico nella prossima annata, soltanto il Torino ha visto legato la propria panchina all’ex allenatore di Chelsea e Juventus. Eppure l’ex comandante del Napoli potrebbe ridare entusiasmo ad una piazza rattristata dalle ultime, anomie stagioni.
Questo sarebbe un punto importante a favore dell’eventuale matrimonio fra Sarri e il club granata. È chiaro che la realizzazione di una ipotesi del genere prevederebbe dei cambiamenti radicali nella rosa attuale del Toro.
A livello difensivo infatti non sarebbe semplice passare dalla marcatura orientata sull’uomo sperimentata negli anni di Ivan Jurić a quella di reparto utilizzata da Sarri. In attacco invece si potrebbe ricostruire il tridente sarriano anche con gli elementi attualmente in organico, magari trattenendo Duván Zapata (che potrebbe essere il vertice avanzato del triangolo offensivo) per affiancarlo a Nikola Vlašić e David Okereke.
Dalla precedente gestione tecnica Sarri erediterebbe anche una predisposizione a quel pressing avanzato e continuo che l’allenatore toscano ha dovuto giocoforza mettere da parte nelle esperienze successive a quella di Napoli, a causa delle caratteristiche dei giocatori a disposizione.
In sede di mercato poi Sarri non avanza pretese, finendo per allenare i calciatori che gli vengono presi, indipendentemente dalle sue richieste iniziali. Tutto ciò potrebbe accordarsi molto bene con un club attento alle spese come quello granata.
Certamente, lanciare un giovane o un tecnico straniero sarebbe più affascinante per il progetto Toro, ma comporterebbe anche più rischi rispetto a quello di affidare la panchina ad un allenatore come Sarri, desideroso di dimostrare che le sue idee non sono ancora fuori dal tempo.
Ciao ragazzi e complimenti per il lavoro che fate? Siete sicuri che la formazione iniziale di Tuchel fosse quella giusta? Müller nel mezzo ha obbligato Sane’ a giocare in un ruolo non suo e ha tolto la spinta/copertura che Guerrerio aveva dato ad esempio con l’Arsenal. Costruire a sx e finalizzare a dx sulla catena Kimmich-Sane’ avrebbe dovuto essere la strategia dall’inizio