In un mercato allenatori fatto più che altro di voci, la maggior parte degli opinionisti ritiene conclusa l’esperienza di Stefano Pioli sulla panchina del Milan. Da qui la ridda di nomi accostati ai rossoneri: da Antonio Conte a Roberto De Zerbi, da Mark Van Bommel a Domenico Tedesco, da Christophe Galtier a Marco Rose e chi più ne ha, più ne metta.
Il nome ad oggi più gettonato sembra però essere quello dello spagnolo Julen Lopetegui (la Gazzetta lo dà per fatto). Nome che ha sollevato un vespaio di polemiche fra i tifosi rossoneri, che rimproverano all’ex tecnico di Real Madrid e nazionale spagnola di non essere un vincente (avendo conquistato come allenatore solo una coppa Uefa col Siviglia nel 2020).
Indipendentemente da come finirà la questione, resta da provare a capire perché la dirigenza rossonera abbia contattato Lopetegui. Prima di tutto, l’ex portiere del Barcellona è straniero e questa sembra una prerogativa importante per un Gerry Cardinale che vuole dare un respiro ancora più internazionale al club.
In secondo luogo, lo spagnolo è un tecnico non ingombrante, che non si lamenta del mercato fatto o non fatto. Un aziendalista insomma.
Dal punto di vista tecnico Lopetegui ha fatto bene a Siviglia e anche la prima stagione col Porto. Il punto più alto della sua carriera il tecnico basco lo ha toccato andando ad allenare la Spagna, portata trionfalmente ai Mondiali 2018 dopo aver registrato un ruolino di marcia di 16 vittorie e 4 pareggi nelle qualificazioni. Quel torneo però Lopetegui non ha potuto giocarselo dato che venne licenziato dal presidente federale Luis Rubiales poco prima dell’inizio della coppa del Mondo a causa di un accordo già firmato dal tecnico col Real Madrid.
Con i blancos l’esperienza non fu positiva e durò appena quattro mesi. Successivamente c’è stata l’avventura a Siviglia e quella inglese col Wolverhampton: quando Lopetegui arriva in Inghilterra raccoglie i Wolves all’ultimo posto, portandoli a fine anno in 13° posizione.
Tatticamente di Lopetegui abbiamo già parlato. Il cinquantasettenne di Asteasu è piuttosto flessibile e cerca sempre di trovare equilibrio fra le due fasi di gioco. Con i Wolves lo spagnolo ha utilizzato il 4-2-3-1 e il 4-3-3 come sistemi di base proponendo un modello di gioco posizionale. Detto questo, è difficile stabilire a priori cosa Lopetegui potrebbe fare in caso di arrivo a Milanello. Fra l’altro lo spagnolo è finito nel mirino anche del West Ham.
Di certo Lopetegui non è una figura sconosciuta a livello internazionale. L’azzardo quindi non sarebbe maggiore rispetto ad altri nomi accostati al Milan. Chiaramente, ci sarebbe un margine di rischio inferiore con un Thomas Tuchel o uno Jürgen Klopp. Ma non sono profili che in questo momento il Milan può permettersi, per tutta una serie di motivi. Si può invece discutere se, fra le opzioni possibili, Lopetegui sia la migliore o meno.
Lo Scudetto della (seconda) stella
Sull’Inter campione d’Italia e sulla proposta di gioco di Simone Inzaghi sono usciti alcuni contributi estremamente interessanti, rispetto ai quali non c’è molto da aggiungere. Ve li segnalo: Dario Pergolizzi su Ultimo Uomo; Matteo Pilotto con la sua newsletter; il podcast Il Terzo Uomo con la sua puntata speciale dedicata ai nerazzurri.
Mia San Mia
A proposito di allenatori finiti sotto i riflettori, è di questa settimana la dichiarazione rilasciata da Ralf Rangnick al portale austriaco 90minuten nella quale l’attuale commissario tecnico dell’Austria ha ammesso di essere stato contattato dal Bayern Monaco per succedere a Thomas Tuchel, in partenza a fine stagione.
Rangnick ha attualmente un contratto in essere con la Federazione austriaca che si è automaticamente esteso fino al 2026 dopo che il tecnico tedesco è riuscito a qualificare Das Team a Euro 2024, grazie al secondo posto ottenuto dietro il Belgio nel gruppo F.
L’ex allenatore di Schalke, Hoffenheim, e RB Lipsia ha visto nuovamente salire le sue quotazioni dopo questi successi con l’Austria, facendo velocemente dimenticare i problemi avuti alla guida del Manchester United. In verità, vedendo quanto sia attualmente disfunzionale la situazione del club inglese ci sarebbe da rivalutare il breve periodo trascorso da Rangnick a Old Trafford.
Arrivato in Austria il sessantacinquenne nativo di Backnang ha risollevato a suon di prestazioni e risultati un ambiente depresso dopo la gestione del suo predecessore Franco Foda. Rangnick ha proposto un calcio più offensivo e verticale.
Sarebbe quindi interessante vederlo all’opera in una squadra che dovrebbe abbandonare il modello posizionale di Tuchel per abbracciare quello rock ‘n roll di Rangnick, per giunta con una rosa con tanti punti interrogativi, a partire dai giocatori da rilanciare (Joshua Kimmich e Leon Goretzka) per finire con altri che, al netto del loro contributo, sono in là con gli anni (Thomas Müller).
Il fatto che l’attuale direttore sportivo del club bavarese, Christoph Freund, abbia lavorato nel sistema Red Bull (progettato da Rangnick) potrebbe essere un indizio della fattibilità di questo matrimonio.
Se queda
Dopo aver parlato col presidente Joan Laporta, Xavi Hernández è tornato sui propri passi, rinunciando all’idea di lasciare il Barcellona al termine della stagione.
Che cosa è cambiato nel rapporto fra il quarantaquattrenne tecnico ed il club catalano da quel 5-3 subito contro il Villarreal a gennaio, dopo il quale Xavi annunciò la sua intenzione di non proseguire col Barcellona, nonostante un contratto in essere fino al 2025?
Tutto e niente. Dal punto di vista tecnico le cose hanno continuato ad andare male, col Barça eliminato dalla Champions ad opera del Psg e con la netta sconfitta nella sfida del Santiago Bernabéu col Real Madrid che ha spento le speranze di rimonta blaugrana nella Liga.
Quello che è mutato è stato dunque probabilmente l’atteggiamento di una società che si è resa conto di non avere la forza economica per ingaggiare allenatori di alto livello. Così, con altre soluzioni che non convincevano (Hansi Flick) l’unica alternativa rimanente era quella rappresentata dal tecnico della seconda squadra Rafa Márquez (sostenuto da Jorge Mendes), che però non ha l’appeal necessario per essere imposto all’ambiente culé. E dunque, si riparte nuovamente da Xavi. Con la speranza che l’ex centrocampista del Barça riesca a correggere quello che non è andato quest’anno. Una base dalla quale poter ripartire c’è, a cominciare dai giovani talenti Lamine Yamal e Pau Cubarsí.
Aver lanciato dei giovani validi è uno dei meriti da accreditare a Xavi. Al netto di questa annata infatti l’allenatore del Barcellona ha fatto un bel lavoro da quando, nel novembre 2021, venne chiamato al capezzale del club. Xavi ha restaurato il senso di appartenenza dei giocatori e riportato i blaugrana a vincere la Liga (nel 2023).
Il problema per Xavi è quello di essersi trovato nel mezzo di un periodo in cui il Real Madrid è dominante. Il paragone costante con i blancos ha finito per mettere in ombra quanto di buono fatto dal catalano in questi due anni e mezzo.
Infine, è probabile che Xavi abbia chiesto delle garanzie tecniche per rimanere, cioè una campagna acquisti che assecondi le sue idee (pur non potendo prescindere dalle limitazioni economiche che condizionano i margini di manovra del club sul mercato).
C’è anche Adi
In mezzo ai vari Luis Enrique, Pierre Sage, Paulo Fonseca, Francesco Farioli e Jean-Louis Gasset c’è un altro tecnico che sta facendo benissimo in Francia e il cui lavoro merita di essere evidenziato. Stiamo parlando di Adi Hütter.
In questo momento infatti il tecnico austriaco sta guidando un Monaco che è secondo in campionato e che presenta anche il secondo miglior attacco della Ligue 1 (56 reti fatte, dietro solo le 73 del Psg).
Il fatto che i monegaschi siano fragili difensivamente (ben 38 reti subite) viene dunque compensato dalla potenza di fuoco di una squadra che, dalla metà campo in avanti, può contare su elementi quali Takumi Minamino, Wissam Ben Yedder, Folarin Balogun e Aleksandr Golovin.
Il tutto calato in un contesto nel quale Hütter propone un gioco di chiaro stampo Red Bull, fedele al suo passato come allenatore del Salisburgo. In questo senso, dopo una partenza altalenante, il tecnico austriaco ha rimesso in carreggiata la squadra seguendo un modello basato sul pressing e la riconquista alta del pallone, per azionare poi rapidamente i riferimenti offensivi a disposizione. Un modello che, come detto, dopo un inizio stentato si sta rivelando vincente per il Monaco.