Come sta andando Gattuso a Marsiglia?
E uno sguardo anche al resto del Mondo, a partire dalla deludente Corea vista in coppa d'Asia.
Lo scorso fine settimana è stato caratterizzato da Inter - Juve e Real - Atlético ma anche da Lione - Marsiglia.
La sfida fra i due Olympique è stata vinta dai lionesi (1-0) che continuano così la risalita in classifica iniziata da quando è arrivato in panchina Pierre Sage, quarto tecnico stagionale del club di John Textor dopo Luarent Blanc, Jean-François Vulliez (ad interim) e Fabio Grosso.
Con questa vittoria l’OL si è tirato fuori dalla zona retrocessione, anche se la strada verso la salvezza è ancora lunga. Quello che però ci interessa in questa sede non è tanto il Lione, quanto invece il Marsiglia.
L’effetto Gennaro Gattuso sembra infatti essersi arenato. Ad oggi, dopo il pareggio di venerdì contro il Metz il l’OM si trova piuttosto distante dalla terza posizione che garantisce l’ultimo posto sicuro per la Champions del prossimo anno, obiettivo di inizio stagione.
Il ruolino di marcia dei marsigliesi (7 vittorie, 9 pareggi e 5 sconfitte in 21partite) non è dunque all’altezza delle attese della piazza e del proprietario Frank McCourt. A finire nel mirino della critica è stato Pablo Longoria. Il presidente del club è accusato di non averi indovinato le campagne acquisti e di non aver dato una direzione tecnica stabile alla squadra, passata in pochi mesi dal calcio di Igor Tudor a quello di Marcelino García Toral fino a Gattuso.
Ora, se è vero che Tudor ha scelto di andarsene (e Longoria quindi non poteva trattenerlo) è altrettanto evidente come la scelta di Marcelino non abbia funzionato. Con Gattuso le cose sono migliorate all’inizio. Ma ultimamente l’OM è tornato a palesare diversi problemi. Primo fra tutti, quello del gol.
La squadra crea ma non concretizza. I dati Soccerment parlano di un Marsiglia che ha prodotto 31.56 expected goals ma che ha realizzato 29 reti.
Contro il Lione la squadra di Gattuso è andata otto volte alla conclusione in una partita dominata sul piano del possesso (60%) ma con una sola conclusione nello specchio della porta difesa da Anthony Lopes.
Con il Metz l’OM è riuscito ad andare in vantaggio nonostante il fatto di essere stato ridotto presto in dieci uomini dall’espulsione di Samuel Gigot. Pochi minuti dopo la amrcatura marsigliese però il Metz pareggiava con Matthieu Udol.
Questo risultato allunga a 5 la striscia di partite dell’OM senza vittorie in Ligue 1 (quattro pareggi e una sconfitta).
Dall’inizio del 2024 il Marsiglia ha battuto solo il Thionville in coppa di Francia, una squadra di National 3 (la quinta divisione del calcio transalpino).
L’incubo per i tifosi è quello di replicare la stagione 2016, che vide alternarsi in panchina Marcelo Bielsa, Frank Passi, Míchel e di nuovo Passi solo per vedere la squadra arrivare tredicesima in campionato.
La pizarra del Cholo
Il derby di Madrid fra Real e Atlético di una settimana fa è andato in archivio con un pareggio (1-1) che non accontenta di certo la squadra di Carlo Ancelotti. In Italia è stato dato poco risalto alla partita.
Così, quasi nessuno ha sottolineato come alla fine Diego Simeone abbia vinto la battaglia tattica col collega. Se infatti nel primo tempo le merengues hanno di fatto dominato a centrocampo, grazie alle prestazioni di Camavinga, Valverde, Bellingham e Kroos (e a quella di un grande Brahim Díaz), nella ripresa il Cholo ha effettuato dei cambiamenti che hanno riportato a galla i colchoneros.
Come spiegato dallo stesso Simeone nel dopo partita infatti, l’Atlético è tornato in campo effettuando via via una serie di cambi che sono passati dallo spostamento Marcos Llorente (autore nel recupero del gol del pareggio) in mezzo al campo e dall’inserimento dei vari Nahuel Molina, Samuel Lino, Memphis Depay e Pablo Barrios, per finire con l’ingresso di Ángel Correa.
Di contro, due sostituzioni effettuate da Ancelotti (fuori Modrić per far posto a Rodrygo e fuori Brahim Díaz per Joselu) hanno finito per abbassare un Real privo di un contropiedista come Vinícius Júnior (fattosi male nel riscaldamento) e con una difesa senza gli infortunati Antonio Rüdiger, David Alaba e Éder Militao e lo squalificato Aurélien Tchouaméni.
Così, fra le assenze, i cambi di Ancelotti e quelli di Simeone, l’Atlético ha guadagnato campo e cominciato a mettere dentro palle complicate per la retroguardia dei blancos. Col risultato di raggiungere il pareggio.
Poco male per il Real, che si prontamente rifatto ieri regolando a domicilio (4-0) il Girona.
I problemi di Klinsmann
In una coppa d’Asia piena di sorprese (compresa la seconda vittoria consecutiva del Qatar nella manifestazione), la palma di squadra delusione del torneo se la contendono Giappone e Corea. I giapponesi tuttavia, pur essendo usciti ai quarti di finale, sono stati eliminati dall’Iran, una delle potenze continentali.
Nessuna scusa invece per la Corea del Sud. Arrivata in Qatar fra le favorite del torneo, la nazionale sudcoreana è stata eliminata sì in semifinale, ma dalla sorprendente Giordania, formazione nettamente inferiore sul piano del talento a disposizione.
Quel che più è grave è il modo in cui è avvenuta questa eliminazione: uno 0-2 che non lascia spazio a recriminazioni dato che la Corea non è riuscita a produrre nemmeno un tiro nello specchio della porta avversaria nel corso dei novanta minuti di gioco. E questo nonostante un totale di 36 ingressi nell’area giordana (secondo quanto riportato da ESPN).
Tutto ciò pur potendo schierare in attacco Son Heung-Min del Tottenham (il giocatore più forte del continente asiatico) e Hwang Hee-chan dei Wolverhampton Wanderers.
Le reti segnate da Yazan Al-Naimat e Musa Al-Taamari hanno deciso a favore dei giordani una sfida nettamente dominata sul piano tattico dalla squadra allenata da Hussein Ammouta.
Ancora una volta Jürgen Klinsmann non è stato in grado né di preparare un piano gara efficace né di provvedere con gli opportuni aggiustamenti al pressing e al gioco fluido mostrato dagli avversari.
Stavolta non sono arrivate in soccorso della formazione del tedesco nemmeno quelle reti a tempo scaduto che hanno caratterizzato tutto il percorso della Corea in questo torneo e che hanno fatto parlare le testate di lingua inglese che si sono occupate dell’evento di zombie football.
I coreani infatti hanno trovato la via del gol al novantunesimo della prima sfida contro la Giordania (nel girone), al novantaquattresimo della partita con la Malesia, al novantanovesimo dell’incontro valevole per gli ottavi con l’Arabia Saudita di Roberto Mancini (prima dei supplementari) e al novantaseiesimo per prolungare dopo i tempi regolamentari il quarto di finale con l’Australia.
Klinsmann è finito nel mirino della critica, mai troppo tenera con l’ex attaccante dell’Inter anche per il fatto di aver scelto di passare poco tempo sul suolo creano durante la sua gestione. Al tedesco si imputa però soprattutto una generale mancanza di idee di gioco. La Corea di Klinsi non ha mai mostrato una chiara ed evidente identità tattica, ancorata in un 4-4-2 statico che aveva come unica idea quella di servire Son il prima possibile.
Il tecnico si è assunto la piena responsabilità per quanto mostrato in Qatar, ma il suo contratto rende improbabile un licenziamento da parte della Federazione coreana.
Il talento per ripartire c’è, basti pensare ai nomi già citati e ai vari Lee Kang-in, Kim Min-jae e Kwon Hyeok-kyu. Klinsmann deve però ritornare ai livelli di quando, giovane tecnico, riuscì a portare la Germania alle semifinali del mondiale casalingo del 2006 e che si fece notare anche al Bayern nella stagione 2008-09. Da allora in poi però la carriera da allenatore di Klinsmann è andata in picchiata, passando dai disastri con la nazionale statunitense alla dimenticabile esperienza di poche settimane con l’Hertha Berlino fino a questo non facile momento con la Corea.
Blackburn addio
Jon Dahl Tomasson lascia il Blackburn. Lo svedese non viene allontanato per motivi di classifica, nonostante il fatto che i Rovers si trovino ad appena cinque punti di distanza dalla zona retrocessione nella seconda divisione inglese e siano reduci da una serie di otto partite nelle quali hanno messo insieme solo due punti (fino al primo dicembre comunque il Blackburn era settimo).
Il danese ha infatti deciso di lasciare Ewood Park di sua iniziativa, deluso dalla gestione di un club che ha problemi finanziari e, per questo, non è stato in grado di accontentare le richieste di rafforzamento avanzate dall’ex attaccante del Milan per questo mercato invernale.
Due venerdì fa la dirigenza dei Rovers ha vietato a Tomasson una conferenza stampa nella quale il quarantasettenne allenatore avrebbe avuto modo di criticare l’operato della società. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la mancata acquisizione dell’attaccante statunitense Duncan McGuire. Contestualmente è stato ceduto il gioiellino Adam Wharton al Crystal Palace.
Tomasson è arrivato a Blackburn due anni fa firmando un contratto triennale. La scorsa stagione il tecnico ha guidato i Rovers al settimo posto in campionato, mancando la qualificazione ai playoff promozione soltanto per la differenza reti.
Quest’anno come detto le cose sono più difficili, anche perché il Blackburn in estate ha perso giocatori importanti (primo fra tutti Ben Brereton Díaz, partito a costo zero per andare al Villareal).
Tomasson ha quindi detto basta ad un club disfunzionale, che nelle ultime stagioni ha già perso senza incassare una sterlina giocatori importanti (oltre al già menzionato Brereton Díaz si può citare l’ex capitano Darragh Lenihan, finito al Middlesbrough nell’estate del 2022) e che si trova a dover gestire la crisi della proprietà Venky’s.
Un vero peccato vedere ridotta così una società che, nel 1994-95, vinse il tuo terzo titolo inglese nonché il terzo nella storia della Premier League (la cui prima edizione coincide con la stagione 1992-93).
Quella squadra annoverava fra le proprie fila giocatori come Alan Shearer, Chris Sutton e Graeme Le Saux ed era allenata dallo scozzese Kenny Dalglish.
Dispiace anche per Tomasson, che vede il suo lavoro in Inghilterra interrompersi a metà. Il danese avrà comunque modo di rifarsi: sembra infatti destinato a sedersi sulla panchina della nazionale svedese.
Da un nove all’altro
In questa newsletter o sul sito ci siamo già occupati del Grêmio. Torniamo ora a parlare della squadra di Renato Gaúcho perché l’Imortal Tricolor ha deciso di puntare su Diego Costa.
Il giocatore brasiliano, naturalizzato spagnolo, ha infatti firmato un contratto fino a fine 2024. Costa era libero da fine 2023, quando cioè è scaduto il precedente accordo che legava l’attaccante al Botafogo.
A quanto risulta dalla stampa brasiliana l’ex Atlético Madrid non era la prima scelta del Grêmio, che voleva invece Funes Mori, il camerunense Vincent Aboubakar o Tiquinho Soares.
Che giocatore arriva al Grêmio? Di certo un giocatore nella fase finale della carriera. Da quando, a metà 2017, Costa lasciò il Chelsea per tornare ai colchoneros, l’attaccante ha prodotto infatti appena 28 gol in 140 partite giocate fra Atléti, Atlético-MG, Wolverhampton e Botafogo.
Oltre alla capacità realizzativa di Costa andrà verificata anche l’adattabilità ad un calcio associativo come quello della sua nuova squadra.
Premesso ciò, Renato Gaúcho si è dichiarato soddisfatto dell’arrivo di Costa e delle potenzialità di un attaccante che ha fatto bene in Europa. ‹‹È un grande giocatore›› ha detto il tecnico. ‹‹Ha avuto successo in Europa per diversi anni. Nessuno ha successo in Europa se non è un buon giocatore. Ci voleva un attaccante così, che facesse gol››.
Curiosamente, al Grêmio Costa arriva per prendere il posto di un suo ex compagno di squadra ai tempi dell'Atlético de Madrid, quel Luis Suárez approdato di recente al Miami di Lionel Messi.