Considerazioni sul Farioli-ball
E la classica carrellata di giocatori di recente in evidenza. Il Flu è campione.
Alla sua prima esperienza nel campionato francese, Francesco Farioli sta guidando il Nizza a vette inattese. Prima di questo weekend la compagine nizzarda era infatti prima nella massima serie transalpina.
Tuttavia, nonostante i risultati ottenuti, il gioco dell’OGC Nizza è finito nel mirino della critica. Difensivo, noioso, vincente spesso col minimo scarto (quattro delle 6 vittorie ottenute fin qui in campionato sono arrivate col punteggio di 1-0)…
Tutte queste considerazioni chiamano dunque in causa il modello di gioco proposto da Farioli. Il giovane (trentaquattro anni d’età) allenatore italiano infatti presenta una versione del gioco posizionale simile a quella del suo mentore Roberto De Zerbi e diversa da quella proposta dalla scuola di Pep Guardiola (di cui fa parte ad esempio Luis Enrique).
In questo senso, esistono come detto delle differenze filosofiche fra i due approcci. Nel modello di Farioli ad esempio la palla viene utilizzata come trigger per innescare la pressione avversaria.
Il movimento alla ricerca della palla del blocco difensivo avversario dà il via al movimento offensivo del Nizza, alla ricerca degli spazi vuoti che vengono a crearsi nella struttura rivale.
Il modello posizionale di Guardiola invece muove palla per muovere il blocco difensivo avversario, al fine di trovare poi uno spazio nel quale imbucare per iniziare la fase di attacco all’ultima linea avversaria.
Nel gioco del tecnico catalano è dunque fondamentale il rispetto delle posizioni assegnate, cioè delle zone di campo da occupare, con la palla che si muove da zona a zona.
Nel sistema di Farioli la palla ha invece un ruolo più centrale rispetto allo spazio. Per questo tale modello si colloca a metà strada fra un calcio posizionale per così dire puro e il modello funzionale di matrice sudamericana.
Anche la maggior prossimità fra i giocatori che occupano i corridoi centrali del campo, rispetto ad altri modelli posizionali, avvicina questo stile a quello funzionale.
Per il tecnico toscano quindi non si tratta tanto (o solo) di dominare lo spazio, quanto anche il tempo, le due forme a priori della conoscenza sensibile secondo il filosofo tedesco Immanuel Kant (non a caso uno degli autori più amati da Farioli, laureato in filosofia).
In pratica, in base alla teoria per la quale non è possibile andare sempre alla massima velocità per novanta minuti, Farioli chiede ai suoi di gestire la palla capendo quando accelerare e quando rallentare. Pur in un calcio diverso, questo è quanto ha storicamente proposto la nazionale brasiliana in passato. I verdeoro infatti erano maestri nel dosare il tempo di gioco, facendo seguire ad una fitta rete di passaggi a ritmo più basso improvvise accelerazioni in avanti (pensiamo soprattutto alle versioni 1970 e 1982 del Brasile).
Ma questo è anche il motivo per il quale il gioco de les Aiglons è frainteso in Francia. Oltre alla tradizionale idiosincrasia per i tecnici stranieri che caratterizza la critica d’oltralpe, la questione è stata bene evidenziata da alcune dichiarazioni rilasciate in stagione rilasciate dal brasiliano Dante.
Il centrale difensivo del Nizza ebbe infatti a dire che ‹‹al giorno d’oggi si ama molto un calcio di transizioni». È evidente quindi come un calcio di possesso come quello predicato da Farioli possa incontrare delle resistenze nell’essere accettato da un pubblico abituato ad una proposta di più continue verticalizzazioni. Si tratta di un vero e proprio shock culturale.
Le critiche ricevute da Farioli sono dunque figlie delle novità portate dal tecnico originario della provincia di Lucca in un calcio tradizionalmente verticale come quello francese. Che possa piacere o meno, è un conto (de gustibus…). Criticarlo per mancanza di comprensione è invece un’altra cosa.
Il numero uno
Alzi la mano chi lo aveva previsto. Già quando, nella scorsa stagione, era stato preferito a Alessio Cragno, più di uno aveva storto il naso. Invece, a suon di prestazioni convincenti Michele Di Gregorio si sta confermando come uno dei migliori interpreti italiani nel ruolo di portiere.
I dati parlano chiaro: il numero uno del Monza ha subito meno reti rispetto a quelle che avrebbe dovuto concedere basandosi sulla qualità dei tiri ricevuti.
Con Gigi Donnarumma che non sembra più una certezza, forse la nazionale dovrebbe prendere in considerazione anche il ventiseienne portiere milanese, ad oggi mai entrato nelle considerazioni relative ad una possibile sostituzione del giocatore del Psg con la maglia dell’Italia. Eppure Di Gregorio sta facendo meglio dei più noti Guglielmo Vicario (Tottenham) e Ivan Provedel (Lazio).
Vento dell’est
In un Pescara giovanissimo, che sta facendo un ottimo campionato sotto la guida del sempre verde Zdeněk Zeman (76 anni) si sta mettendo in evidenza Georgi Tunjov. Il centrocampista estone, classe 2001, è già nel giro della nazionale del suo Paese.
Sotto le cure del maestro boemo Tunjov ha realizzato finora 5 reti partendo da mezzala. Per il ragazzo nativo di Narva si tratta di una grande opportunità per risollevare una carriera che finora non è andata di pari passo col talento del giocatore. Portato in Italia nel 2019 per giocare nella Primavera della Spal, Tunjov nello stesso ha esordito in Serie A con il club estense.
Successivamente, con la Spal retrocessa in Serie B e con il poco spazio trovato, l’estone veniva dirottate in terza serie alla Carrarese. La stagione in Toscana è buona e vale a Tuniov il ritorno alla casa madre. A Ferrara però gli spazi sono ancora chiusi per il ragazzo. Così, quando è arrivata la chiamata del direttore sportivo del Pescara, Daniele Delli Carri, Tunjov non ci ha pensato due volte, scegliendo di mettersi a disposizione del tecnico boemo e rifiutando altre proposte meno allettanti.
Mezzala di inserimento, con buona tecnica individuale, Tunjov vuole ripercorrere le orme di Hamza Rafia, altro giocatore rinato a Pescara e da lì partito per la Serie A alla volta di Lecce.
Zeman con Tunjov usa la carota e il bastone (domenica lo ha tolto dopo appena quarantacinque minuti di gioco a causa di una prestazione opaca nella partita persa dal Pescara in casa contro la Recanatese di Giovanni Pagliari) per non farlo sedere sugli allori.
Se Tunjov riuscirà a farsi plasmare dal suo allenatore, allora la prossima estate il Pescara potrebbe fare con lui una importante plusvalenza.
In dribbling con Albert Gudmundsson
Un altro gol decisivo, nei supplementari, ha consentito al Genoa di passare il turno di coppa Italia ai danni della Reggiana. È solo l’ultima prodezza messa in mostra in questa stagione da Albert Gudmundsson, 6 reti totali in 12 presenze complessive fra campionato e coppa.
L’islandese, arrivato in rossoblù nel gennaio 2022, è stato elemento fondamentale per la risalita nella massima serie del Grifone nello scorso campionato di B, chiuso con un bottino personale di 14 reti.
Nel Genoa fluido ma reattivo presentato in questa Serie A da Gilardino, il ventiseienne di Reykjavík si distingue per essere l’arma principale in fase di risalita del campo insieme alla palla diretta per Mateo Retegui, oltre che un complemento ideale in attacco per l’italo-argentino.
In un calcio come quello nostrano, che ha problemi a trovare dei dribblatori, Gudmundsson si eleva sopra la media proprio per l’insistenza nella ricerca dell’uno contro uno e per la capacità di superare l’avversario diretto in dribbling. Non a caso i dati Soccerment parlando di una riuscita del 62.9% per il numero 11 genoano in questo fondamentale.
Da esterno d’attacco o da seconda punta, l’ex AZ Alkmaar è un giocatore autosufficiente, come si deve essere per giocare in avanti nel sistema di Gilardino.
L’impatto dell’islandese è stato importante in questa prima parte di stagione e le squadre avversarie non sono ancora riuscite a trovare il modo di fermare il rossoblù.
Fluminense campeão!
Il Fluminense di Fernando Diniz batte il Boca Juniors e conquista per la prima volta nella sua storia la Copa Libertadores. Una vittoria del modello funzionale, del quale avevamo già parlato qui e qui.
La rete dell’1-0 segnata da Germán Cano è stata un manifesto del calcio funzionale, con l’esterno destro Arias e quello sinistro Keno che si sono ritrovati sullo stesso lato del campo per attaccare.
Nei prossimi giori vedremo di fornirvi ulteriori analisi del gioco di Diniz.