Una recente analisi di StatsBomb, relativa al numero di giocatori che le squadre dei principali campionati europei portano all’interno dell’area avversaria (quando attaccano) e di quelli che le stesse squadre hanno all’interno dei propri ultimi sedici metri (quando difendono), ha prodotto dei risultati interessanti per quanto riguarda il campionato italiano.
Relativamente al primo aspetto (quello offensivo) è l’Udinese, sorprendentemente, ad essere la squadra che attacca con più uomini in area avversaria dell’intera Serie A, con un dato che equipara i friulani all’Arsenal di Mikel Arteta.
Dietro la squadra di Andrea Sottil si collocano il Monza di Raffaele Palladino e la Fiorentina di Vincenzo Italiano.
Quest’ultima risulta la compagine che incontra più difficoltà nel trovare tiri aperti, cioè con meno difendenti fra la palla e la porta.
In pratica, la Fiorentina prende conclusioni più difficili, come evidenzia anche il dato Fbref relativo al valore di expected goals per tiro. In base a questo dato la Viola è fra le ultime formazioni del campionato con appena 0.08 xG, lo stesso di Bologna, Empoli, Lecce e Sampdoria e meglio soltanto di quello della Cremonese (0.07).
Questo contribuisce a spiegare la differenza fra i gol segnati (35) e quelli attesi (43.63 per soccerment). La Fiorentina inoltre vanta il secondo dato del torneo sia in termini di possesso medio (57.1%) che di field tilt (62.38). Combinando questi fattori con quanto scritto precedentemente si ha l’idea di un undici che schiaccia gli avversari nella loro trequarti difensiva, il che contribuisce a spiegare la maggior difficoltà nel trovare conclusioni aperte.
Fra le squadre di Serie A che riescono a crearsi tiri puliti abbiamo il Milan, la Roma e la Lazio. Il caso delle due romane è particolarmente interessante: giallorossi e biancocelesti infatti riescono a generare queste situazioni pur non portando tanti uomini all’interno dell’area di rigore offensiva.
Dall’altro lato del campo è sempre la Roma a vantare numeri ottimi. Dal punto di vista dei tiri concessi nei propri sedici metri difensivi la formazione allenata da José Mourinho è la migliore dei cinque campionati europei più importanti, con appena 3 tiri subiti a partita da quella zona di campo.
Tutto questo a riprova dell’efficacia dell’organizzazione difensiva costruita dal tecnico portoghese durante la sua esperienza capitolina.
In attesa della sfida fra Inter e Milan
La doppia sfida per le semifinali di Champions League (un incredibile déjà-vu che ci rimanda al 2003) poterà a ben cinque il numero dei derby stagionali fra Milan e Inter. Il confronto si disputerà con partita d’andata prevista il prossimo 16 maggio e ritorno programmato per il 16 dello stesso mese.
Come si vede, c’è ancora molto tempo prima che rossoneri e nerazzurri vadano a giocarsi un posto per la finale di Istanbul. Eppure l’aria è già elettrica, come può esserlo per una stracittadina di questa importanza. Fra oggi e le due sfide di Champions ci saranno però quattro partite di campionato (e per l’Inter anche il ritorno della semifinale di coppa Italia contro la Juventus). Come verranno affrontate dalle due squadre resta da vedere.
L’esito della marcia di avvicinamento al confronto diretto potrebbe finire per condizionare due compagini che in Serie A sono ancora alla ricerca dei punti necessari per la qualificazione alla coppa dei Campioni dell’anno prossimo. Qualificazione che, se non riuscisse a passare da un piazzamento fra le prime quattro al termine del campionato, sarebbe possibile esclusivamente con una vittoria nel massimo torneo europeo per club.
A condizionare l’esito delle due partite di semifinale sarà quindi lo stato di forma, fisica e mentale, con il quale le due squadre arriveranno al confronto. In questo senso si dovrà anche capire quale dei due gruppi riuscirà a gestire meglio la pressione in vista dell’appuntamento dell’anno.
Tutto questo non deve ovviamente far passare in secondo piano gli aspetti tattici. Entrambe le squadre ormai si conoscono bene, ma questo non fa escludere la possibilità che i due tecnici ricorrano a qualche mossa dell’ultimo minuto, sperando che si riveli decisiva.
L’Inter di quest’anno è squadra un po’ più diretta di quella della scorsa stagione (10.55sec. il tempo medio per azione offensiva con 3.87 passaggi a fronte di 11.51sec. e 4.13 passaggi del passato campionato) ma che cerca sempre di tenere il pallone per attirare la pressione avversaria, cercando poi di creare delle transizioni artificiali (partendo cioè dal proprio possesso) per andare a concludere.
In generale la squadra di Simone Inzaghi costruisce sulla sinistra, zona dove operano Alessandro Bastoni, Federico Dimarco e Hakan Çalhanoğlu (quando impiegato da mezzala) per andare poi a concludere centralmente o sul centro-destra, dove agisce Nicolò Barella.
In fase difensiva i nerazzurri possono andare a prendere alti gli avversari, ma anche accettare fasi di difesa più bassa, anche se non sono perfetti nella difesa della propria area di rigore.
Sarà interessante vedere se Inzaghi approccerà la gara rimanendo fedele al suo calcio, cercando di dettare il contesto tramite un possesso sostenuto da una mediana con Marcelo Brozović e Çalhanoğlu o se invece preferirà un atteggiamento più prudente.
Sul fronte milanista Pioli ha invece raddrizzato la barca dopo un inizio di 2023 alquanto problematico. Il passaggio alla difesa a tre aveva inizialmente migliorato le cose dal punto di vista difensivo, ma non da quello offensivo. Il vero salto di qualità è stato compiuto quando il tecnico rossonero è passato ad un centrocampo con tre interpreti, come ad esempio nella sfida di campionato vinta al Maradona contro il Napoli, nella quale Pioli ha utilizzato Ismaël Bennacer da no.10 col compito in fase di non possesso di attaccarsi a Stanislav Lobotka.
Questa soluzione ha permesso alla compagine milanista di ritrovare equilibrio fra le due fasi. Nella sfida di ritorno dei quarti di Champions contro i partenopei si è visto un Milan che, con i tre centrocampisti, è riuscito a giocare una partita diversa da quella alla quale ci aveva abituato la squadra di Pioli, più difensiva ma comunque efficace.
La solidità recuperata in non possesso è un aspetto chiave per supportare la verticalità della fase offensiva.
Se poi dovesse confermarsi il livello di forma attuale di elementi importanti come il già citato Bennacer, Brahim Díaz o Sandro Tonali e di altri che si stanno rivelando tatticamente importanti in questa fase della stagione (Rade Krunić) ecco che i rossoneri potranno avvicinarsi al doppio derby con più ottimismo rispetto a quello che si percepiva prima dei quarti con il Napoli.
Quanto vale un assistente?
È di poco tempo fa la notizia che dà il Bayern Monaco disposto a pagare un milione di sterline per portare in Baviera Anthony Barry, ex assistente di Thomas Tuchel durante la recente, comune esperienza a Stamford Bridge.
Con ogni probabilità si tratta della cifra più alta mai sborsata da un club per un assistente tecnico. Questo a riprova non soltanto dell’importanza di Berry per Tuchel ma anche del fatto che il club bavarese non vuole lasciare nulla di intentato per mettere il suo nuovo tecnico nelle migliori condizioni possibili per avere successo.
Soprattutto, la cifra spesa indica l’importanza che lo staff ha per un allenatore in un calcio che è diventato più complesso rispetto anche soltanto a venti o trenta anni fa. Questo concetto è stato recepito piuttosto bene all’estero mentre da noi, invece, si fa ancora fatica a trovare dei club disposti a pagare decentemente anche un solo match analyst.
In altre circostanze lo stipendio non è tale da consentire al match analyst di svolgere il proprio compito come unico lavoro. Di contro, si preferisce spendere per giocatori sui quali non sono state fatte le opportune valutazioni, sia tecniche che tattiche o in termini di dati.