In una delle più tormentate pause internazionali della storia del calcio, in Sud America si è disputata la sfida fra Uruguay e Brasile, valida per le qualificazioni ai prossimi Mondiali nordamericani. La partita di Montevideo si è conclusa con la vittoria della Celeste, la prima in ventidue anni per la nazionale uruguaiana sulla Seleçao.
Da molti, i novanta minuti dello stadio del Centenario sono stati interpretati come la sfida fra i due tecnici: quello ad interim del Brasile (in attesa dell’arrivo di Carlo Ancelotti) Fernando Diniz e quello insediatosi solo pochi mesi fa in Uruguay, vale a dire Marcelo Bielsa.
Lo scontro era dunque tutto filosofico. Da una parte l’ordine del Loco, dall’altra il caos dell’allenatore del Fluminense. Un sistema di gioco contro un gioco asistematico. Apollineo e dionisiaco.
Il verdetto finale è stato favorevole al modello di calcio di Bielsa. Così, molti hanno parlato di sconfitta del dinizismo (che poi altro non è che gioco funzionale), anche alla luce delle recenti prestazioni della nazionale verdeoro. In realtà, come hanno notato gli osservatori più attenti, il cosiddetto dinizismo funziona benissimo. Lo dimostra il raggiungimento della finale di copa Libertadores da parte del Flu.
Quello che sembra funzionare meno è il modello Diniz applicato alla nazionale. Tutto ciò dipende da vari fattori. Prima di tutto, il breve arco di tempo avuto a disposizione dal quarantanovenne di Patos de Minas per lavorare con la squadra nazionale (è in carica da luglio).
Inoltre, al Flu il tecnico ha a disposizione i giocatori tutti i giorni, mentre nella Seleçao il gruppo si raduna soltanto in occasione delle soste per le nazionali. E questo incide a livello di tempo necessario per trasmettere i propri principi di gioco.
Diversamente da quanto si pensa infatti il modello funzionale non prevede di mandare in campo i giocatori vicini gli uni agli altri nella zona della palla in una struttura asimmetrica e lasciar poi fare tutto a loro. Ci sono dei principi di gioco da rispettare. La chiave è il movimento: toco y me voy.
In assenza di questo, diventa poi difficile applicare anche le altre giocate caratteristiche di questo modello di calcio.
Ad oggi è quindi presto per criticare la proposta di Diniz. Si può discutere sull’opportunità del doppio incarico per il tecnico del Fluminense o del fatto che stia lavorando in attesa di cedere la panchina ad Ancelotti. Questioni legittime ma non tali da far confondere l’idea di gioco con la sua attuazione da parte dei giocatori.
Sotto la Torre
Considerato un predestinato della panchina (per l’ottimo lavoro svolto con la Primavera della Fiorentina) al primo impatto come allenatore dei grandi Alberto Aquilani sta un po’ faticando. Tutto ampiamente nella norma, in virtù della rivoluzione tattica che l’ex centrocampista della Roma sta portando avanti in quel di Pisa.
Certo, qualche malumore c’è stato. D’altra parte parliamo di una piazza importante, con una proprietà altrettanto importante che punta a riportare i nerazzurri toscani in Serie A, categoria dalla quale mancano dal 1991.
La proposta posizionale di Aquilani resta comunque interessante. In questo avvio di campionato abbiamo visto il trentanovenne romano disporre la sua squadra con più strutture. Recentemente c’è stato anche un utilizzo della difesa a tre in partenza, con costruzione 3-2.
La stagione è ancora lunga ed è presto per capire cosa potrà dire il Pisa in termini di lotta per la promozione. Di certo si tratta di una delle poche realtà di Serie B a mostrare qualcosa di interessante. Per questo, se vi può interessare (fatecelo sapere), più avanti potremmo proporre un’analisi più approfondita di questa realtà.
Cajuste
Il Napoli esce da una sosta alquanto movimentata tornando alla vittoria sul campo del Verona. Fra gli attori principali del successo al Bentegodi figura certamente Jens Cajuste.
Il giocatore svedese ha giocato 54 palloni, con una precisione nei passaggi del 92%. Soprattutto, l’ex Reims ha confermato le sue qualità nell’invasione dello spazio, lavorando bene di catena con Di Lorenzo e Politano e proponendosi anche in zona di finalizzazione. Non a caso a Verona è risultato il giocatore partenopeo con il dato più alto in termini di non penalty expected goals (0.71), frutto prevalentemente di una situazione a tu per tu con Montipò non sfruttata a dovere.
Il numero 24 degli azzurri si è disimpegnato bene anche sotto pressione, confermando di poter lavorare da mezzala in un centrocampo a tre. L’abilità nel creare superiorità posizionale mostrata in contro l’Hellas è poi confermata da un dato ulteriore, vale a dire quello dei passaggi chiave ricevuti (cioè quelle trasmissioni di palla che consentono di superare almeno una linea difensiva avversaria): con 5 Cajuste a Verona è stato il terzo giocatore della sua squadra in questa graduatoria, dietro ai soli Kvaratskhelia (7) e Raspadori (6), due attaccanti.
Alla fine quindi Cajuste ha dimostrato di avere grande capacità nell’occupazione e nella gestione degli spazi in fase di possesso.
Chiusura
Newsletter più breve del solito questa settimana perché Il Terzo Uomo è stato impegnato a preparare la trasferta a Empoli per far visita a mister Aurelio Andreazzoli. Potete comunque utilizzare il tempo tolto alla lettura per ascoltare l’ultima puntata del podcast, in modo da arrivare preparati alla ripresa della Champions League.