È meglio la Serie A o la Ligue 1?
L'analisi delle parole di Tudor e un commento sulla Spagna di de La Fuente
Molto interessante l’intervista che Igor Tudor ha rilasciato a L’Équipe, nella quale vengono trattati diversi temi. Il tecnico croato ha voluto sottolineare il livello alto della Ligue 1, un torneo dove «è come se si giocasse la finale di Champions League ad ogni partita».
Impietoso è stato poi il paragone fra la massima divisione transalpina e la Serie A: ‹‹se domani ci fosse Empoli-Strasburgo, lo Strasburgo vincerebbe largamente; Reims contro Spezia, il Reims vincerebbe largamente. Quando vai a giocare a Reims, vedi tre o quattro giocatori che ti piacerebbe prendere con te, la stessa cosa a Strasburgo. Se io sono l'Inter e gioco a Empoli o La Spezia, non prendo nessuno. C’è una differenza che in Francia non trovi››.
‹‹Gli Inglesi comprano giocatori dal Lorient, non li comprano in Italia››. L’Équipe ha provato a soppesare questa dichiarazione. Ebbene, i dati riportati dal giornale transalpino confermano quanto detto da Tudor a questo proposito. Infatti, prendendo in considerazione i 100 acquisti più cari effettuati dai club di Premier League in ognuna delle ultime cinque stagioni (2018-19, 2019-20, 2020-21, 2021-22, 2022-23) la Ligue 1 è il campionato dal quale gli Inglesi hanno pescato più elementi: 56, a fronte dei 40 provenienti dalla Bundesliga, dei 39 dalla Liga e dei soli 28 dalla Serie A.
Solo quest’anno dalla Francia sono arrivati in Premier 13 giocatori: Lucas Paqueta, Badiashile, Botman, Onana, Aguerd, Gusto, Sulemana, Doucouré, Ouattara, Faes, Mara, Kehrer e Lemina.
L’altra differenza individuata dall’allenatore del Marsiglia fra la massima serie francese e quella italiana è sul piano fisico. ‹‹In Francia c’è più ritmo. Perché la tipologia dei giocatori è differente, qui sono più giovani e più fisici››.
Sono dichiarazioni interessanti, anche se è difficile stabilirne l’esattezza. Si parla della classe media e bassa dei rispettivi tornei. Tudor infatti prende in considerazioni le squadre che vanno dal sesto posto in poi nei rispettivi campionati. Come sottolineato da alcuni, se è corretto provare a paragonare lo Strasburgo (15° in Ligue 1) con Empoli (14° in Serie A) e Spezia (17°) è difficile mettere nel blocco un Reims attualmente 9° in classifica. È però altrettanto vero che la compagine di Will Still è partita in stagione con un organico che avrebbe dovuto essere coinvolto nella lotta per non retrocedere.
Il sasso è stato comunque lanciato e il dibattito aperto. Personalmente ritengo che ci sia del vero nelle parole di Tudor. Troppe volte (come sottolineato in passato anche da Paulo Fonseca, tecnico del Lilla) la Ligue 1 viene colpevolmente sottovalutata, salvo accorgersi poi di quanto siano forti molti dei giocatori che, usciti dal quel campionato, vanno a giocare in altri Paesi.
A livello di produzione di talenti bastano poi vedere le difficoltà di Roberto Mancini nel reperire certe tipologie di calciatori e metterle a confronto con la profondità e la qualità della rosa a disposizione di Didier Deschamps in ogni reparto.
Ha certamente ragione Tudor quando dice poi che ‹‹se lo si paragona con altri sport, è nel calcio che si lavora di meno››. È, questo, un tema che venne sollevato molti anni fa anche da Zdeněk Zeman. Nonostante il fatto che il calcio si sia elevato nel corso dei decenni dal rango di gioco a quello di sport (in particolare con la rivoluzione olandese degli anni ’70) resiste ancora oggi una certa mentalità secondo la quale le doti tecniche siano sufficienti per giocare e siano quindi in grado di mettere in secondo piano quelle fisiche.
Invece, nel calcio moderno è necessaria anche una forte componente atletica, che però molte volte non viene lavorata adeguatamente o correttamente. Questo anche perché, come ha fatto notare lo stesso Tudor, il calcio è uno sport episodico dove una giocata individuale può decidere le sorti di una partita, facendo vincere la squadra che si è allenata meno e convincendo così gli addetti ai lavori che quella sia la strada giusta.
La Spagna di Glasgow
Continuano le difficoltà della nazionale spagnola. Già evidenziate durante la campagna mondiale in Qatar (durante la quale le Furie Rosse sono state eliminate dal sorprendente Marocco) queste difficoltà hanno accompagnato anche la trasferta della Spagna a Glasgow per la seconda partita degli iberici nel gruppo A di qualificazione ai prossimi campionati europei, che si disputeranno nel 2024.
La prova della Selección è stata negativa, con gli uomini di Luis de La Fuente che hanno creato poco offensivamente, come testimonia il dato di appena 0.79 xG generati nei novanta minuti di Hampden Park.
Le lamentele di Rodi sul gioco degli scozzesi e sulle condizioni del manto erboso non hanno ragion d’essere. La Scozia ha giocato con le armi che aveva. A mancare è stata la Spagna. È vero che la doppietta di Scott McTominay poteva essere evitata, ma gli ospiti non sono stati in grado di pareggiare l’intensità messa in campo dai ragazzi di Steve Clarke.
A fine gara il ct spagnolo si è dichiarato soddisfatto del gioco messo in mostra dai suoi. Una difesa d’ufficio, ma che non può nascondere le problematiche della squadra.
Dopo la vittoria nella prima partita sulla Norvegia (priva però di Erling Haaland) il tecnico iberico ha operato otto cambi nell’undici iniziale. Non tutti hanno convinto, a partire da quel Pedro Porro autore dello scivolone che è costato la rete del vantaggio scozzese e poi sostituito all’intervallo.
La stampa spagnola parla già di crisi del calcio locale, considerando anche il fatto che, a livello di club, rimane soltanto il Real Madrid in corsa per la Champions e che, nella stessa competizione, ai quarti di finale sono arrivati soltanto tre giocatori fra quelli impiegati contro la Scozia. Di questi, solo Kepa (Chelsea) e Rodri (Manchester City) sono titolari nelle rispettive squadre.
Tutto questo chiama in causa il livello attuale del fútbol spagnolo. Gli Xavi e Iniesta non ci sono più. La Spagna continua a produrre grandi passatori (Gavi, Pedri) ma fa enorme fatica a trovare dribblatori (Dani Olmo e Nico Williams sono forse gli unici di livello a disposizione di de La Fuente) e finalizzatori. Un po’ quello che sta succedendo all’Italia.
Luis Enrique aveva cercato di porre rimedio a questo abbassamento del livello di talento proponendo una squadra iper-organizzata. Ma il suo calcio posizionale è rimbalzato contro il Marocco.
Anche in Spagna quindi si dovrebbe forse riconsiderare quel tipo di calcio che ha prodotto i successi del Mondiale 2010 e degli Europei 2008 e 2012 ma che oggi sembra abbia raggiunto una fase di stallo .
Per la Tartan Army è stata invece una serata da incorniciare. Come ha ricordato Clarke, non ti qualifichi con sei punti. Ma l’aver battuto Cipro e, soprattutto, Spagna, è certamente un bel modo per cominciare il viaggio verso la Germania.