Feijoada
Oltre la finale di Champions (per l'analisi della quale vi rimandiamo a Il Terzo Uomo).
Si è molto discusso in settimana delle convocazioni preliminari effettuate da Luciano Spalletti in vista della scelta definitiva dei 26 che andranno in Germania a difendere il titolo Europeo conquistato dagli Azzurri tre anni fa.
L’inclusione più clamorosa fra i nominati è stata senza dubbio quella di Nicolò Fagioli. Al di là delle questioni relative ai problemi di ludopatia del ragazzo, la chiamata dello juventino ha lasciato perplessi sia perché il ventitreenne nativo di Piacenza è reduce da un lungo stop forzato (derivante proprio dalla questione legata alle scommesse) sia dal fatto che a fargli posto sia stato Manuel Locatelli, uno degli artefici della vittoria azzurra del 2021.
Si discuterà all’infinito sul Locatelli visto in bianconero, sul suo gioco non sviluppatosi come atteso in questi anni, sul fatto che questo sia dipeso dal livello del calciatore o dal modo in cui è stato utilizzato da Massimiliano Allegri…così come del fatto che alcuni lo avrebbero comunque convocato, magari sacrificando Samuele Ricci.
Quello che in questa sede ci interessa analizzare è però un altro punto, vale a dire perché tecnicamente Spalletti ha voluto dare fiducia a Fagioli. E la ragione l’ha implicitamente indicata lo stesso commissario tecnico azzurro quando, parlando proprio dell’esclusione di Locatelli, ha dichiarato che il centrocampista della Juve ‹‹è un po' troppo conservativo per il suo ruolo››.
In Fagioli (e Ricci) Spalletti vede due centrocampisti in grado di poter sostituire o anche di appaiarsi a Jorginho (in caso di mediana a due) nell’undici titolare. Le qualità di regìa (in fase di costruzione e sviluppo) del piacentino non hanno riscontri in un reparto di centrocampo completato da assaltatori (Nicolò Barella, Davide Frattesi, Bryan Cristante) e mezzali/trequartisti (Lorenzo Pellegrini, Michael Folorunsho.
L’inclusione del bianconero nella lista definitiva non è dunque ipotesi da scartare, nel caso in cui Spalletti trovasse Fagioli in condizioni fisiche accettabili.
Lo strano caso del dottor Grealish
Media inglesi scatenati questa settimana nel tratteggiare la crisi che ha attraversato Jack Grealish nella parte finale di una stagione conclusa con tre panchine consecutive (compresa quella in finale di FA Cup), senza mai entrare in campo.
L’apporto del giocatore (solo 20 partite da titolare in Premier con appena tre reti realizzate) è stato limitato da problemi fisici ma anche dalla contemporanea esplosione di Jérémy Doku. È stato lo stesso Pep Guardiola ha sottolineare l’impatto avuto dal belga nel City, soprattutto nelle ultime settimane.
Al netto delle problematiche atletiche dunque, Guardiola ha dunque individuato nell’ex Rennes un’opzione migliore per la squadra rispetto a Grealish. In avvio di stagione il tecnico catalano aveva dato fiducia all’ex Aston Villa. A favore di questa scelta c’era la naturale tendenza che Grealish poteva garantire nel mantenere ad alto livello il controllo che Pep vuole dalle sue squadre.
L'impressione però è stata che la presenza in campo di Grealish abbia esasperato questo controllo, fino a rendere il gioco del giocatore (e quello del City di conseguenza) troppo flemmatico, ridondante.
In Doku invece Guardiola ha trovato un esterno d’attacco classico, in grado di andare in profondità velocemente, di attaccare lo spazio con e senza palla e di creare superiorità numerica attraverso il dribbling. In pratica, il numero 11 garantisce quella imprevedibilità che, alla fine, anche Guardiola sembra apprezzare.
Specialmente in partite che sulla carta avrebbero dovuto vedere una maggior produzione di transizioni, la scelta di Guardiola è stata prevalentemente per Doku, più a suo agio del Grealish attuale in queste situazioni.
Doku ha in qualche modo sostituito Riyad Mahrez come il giocatore che aiuta il City ad aprire i blocchi difensivi avversari o a trarre vantaggio da eventuali momenti di caos, aggiungendo le bollicine allo spumante preparato da Guardiola.
Grealish è stato elemento determinante l’anno passato per il conseguimento del Treble ma, in questa stagione, il suo gioco è apparso anestetizzato, anche a causa dei problemi fisici di cui sopra. E Guardiola non ha mancato di sottolineare come il livello dell’inglese non fosse paragonabile a quello messo in mostra la scorsa annata.
La speranza è che il prossimo Europeo consegni a Gareth Southgate un Grealish ritrovato in attesa poi, dopo le vacanze, di poter tornare a ricoprire un ruolo importante anche nel City.
Monsieur Massara
L’ex direttore sportivo del Milan, Frédéric Massara, si appresta ad occupare la stessa carica col Rennes. L’ex giocatore del Pescara prende il posto di Florian Maurice, in partenza verso un Nizza che va ristrutturandosi dopo le uscite di Florent Ghisolfi (che ha firmato con la Roma) e di Francesco Farioli (il nuovo allenatore dell’Ajax verrà sostituito dal veterano Bruno Genesio, un altro ex del Rennes).
La prima decisione che Massara dovrà prendere riguarderà il destino del tecnico Julien Stéphan. Tornato in Bretagna nel corso dell’ultima stagione, Stéphan era partito bene salvo però concludere il campionato con un piazzamento finale (decimo posto) che terrà lo Stade Rennais fuori dalle competizioni europee per a rima volta dopo 6 anni.
Una decisione non facile per il francofono Massara (per parte materna) dato che il club, sull’onda dei buoni risultati iniziali, lo scorso marzo ha rinnovato il contratto di Stéphan fino al 2026.
Sempre a proposito di allenatori, è ingarbugliata anche la situazione del Reims. La corsa alla successione di Will Still è accesa e a lista dei possibili sostituti del belga si arricchisce ogni giorno di nuovi candidati. Gli ultimi nomi usciti, in ordine di tempo, sono quelli di Luka Elsner, Davide Ancelotti e João Sacramento.
Elsner, sloveno, in due anni ha portato il Le Havre in Ligue 1 guidandolo poi alla salvezza. Ha ancora un anno di contratto con il club della Normandia e non è detto che il presidente Jean-Michel Roussier lo liberi facilmente.
Per quanto riguarda Davide Ancelotti, il figlio di Carlo sembra pronto ad iniziare la sua carriera da primo allenatore. Reims sarebbe già un buon punto di partenza. Infine Sacramento: l’ex assistente di Christophe Galtier, Claudio Ranieri, Leonardo Jardim e José Mourinho tornerebbe volentieri in Ligue 1 (campionato che conosce per aver lavorato precedentemente con Lilla, PSG e Monaco) e dal quale potrebbe provare a far ripartire una carriera precocemente arenatasi dopo i problemi avuti a Roma.
Torna il Chievo
I mussi volanti hanno di nuovo una squadra chiamata Chievo. La storia della rinascita del club veronese è stata ottimamente raccontata da Giovanni Armanini nella sua newsletter Futbolix, che vi consiglio di seguire.
Il fatto che i colori sociali restino il bianco e l'azzurro della Clivense è una buona notizia: il nuovo Chievo prova quindi a darsi una identità autonoma rispetto a quella della sua prima versione, quando il club veneto sembrava una copia mal riuscita dell’Hellas.
Terra Amara
Non sono dunque bastati i novantanove punti ottenuti nell’ultimo campionato per salvare la panchina di İsmail Kartal. L’essere arrivati secondi, dietro ai rivali del Galatasaray, è stato troppo per la dirigenza del Fenerbahçe. Al suo posto, con un colpo a sorpresa ecco José Mourinho.
L’arrivo nella Süper Lig rappresenta per l’ex tecnico della Roma il quinto campionato nel quale si trova ad allenare dopo le precedenti esperienze in Portogallo, Inghilterra, Italia e Spagna. La sfida turca non sarà facile per Mou. L’obiettivo in casa Fenerbaçhe è uno solo: riportare a casa un titolo che manca da dieci anni (ultima vittoria nella stagione 2013-14).
Dal punto di vista della parabola tecnica, andare ad allenare in Turchia è per Mourinho certamente meglio che finire nell’oblio del campionato saudita o di quello qatariota.
Detto questo, l’uomo di Setúbal nelle ultime stagioni ha dimostrato di non essersi aggiornato e, di conseguenza, di non essere più quel tecnico all’avanguardia che stupì il mondo calcistico a partire dagli anni del Porto introducendo ad alto livello una metodologia nuova.
Vedremo se l’approdo i Turchia rappresenterà per Mourinho una rinascita o se, di contro, la sua esperienza a Istanbul finirà per essere insoddisfacente come quella che, sempre al Fenerbaçhe, visse anni fa Zdeněk Zeman.