I problemi del Milan
Dentro il momento della squadra rossonera. In più, una considerazione sul ritiro di Gareth Bale.
Calo fisico, pancia piena, mancanza di intensità…queste e altre spiegazioni dello stesso tipo sono state addotte sui media e sui social per spiegare il crollo verticale del Milan nella Supercoppa persa con un sonoro 3-0 contro l’Inter.
La squadra vista a Riyad, in effetti, è parsa lontana parente di quella scintillante che, con un gioco vincente e convincente, aveva riportato lo scudetto sulla sponda rossonera di Milano al termine dello scorso campionato.
Al King Fahd Stadium è invece andata in scena una versione diversa della formazione di Stefano Pioli. Purtroppo per l’ambiente e per i tifosi milanisti, non è la prima volta in questa stagione.
Il Milan che ha ripreso la corsa dopo la pausa per i Mondiali qatarioti ha infatti inanellato, dopo una iniziale vittoria contro la Salernitana (con un solo gol di scarto solo grazie alle parate di un Guillermo Ochoa straordinario), due pareggi consecutivi contro Roma e Lecce.
Seppur con lo stesso risultato (2-2 in entrambe le circostanze) le partite contro giallorossi capitolini e salentini hanno avuto un andamento diverso: doppio vantaggio contro gli uomini di José Mourinho, vanificato negli ultimi minuti di partita, doppio svantaggio (che poteva essere anche più consistente) contro la banda di Marco Baroni nella trasferta pugliese.
Fra le due gare resta comunque un minimo comun denominatore, cioè l’incapacità del Milan di controllare per intero la partita. Nella sfida di San Siro con la Roma questa mancanza di controllo si è evidenziata nell’ultima parte dell’incontro durante la quale il Milan, cedendo il possesso, ha finito per mettersi nelle mani di Dybala e compagni.
Di contro, nella sfida con il Lecce il Milan è tornato in modo veemente nella ripresa dopo essere stato messo sotto nella prima frazione di gioco dal pressing asfissiante prodotto dai pugliesi, che sono riusciti a dettare il contesto tattico senza palla.
Il Milan dell’anno scorso era in grado di guidare la partita in entrambe le fasi di gioco attraverso un gioco posizionale fluido (in possesso) e con una pressione forte (non sempre alta) uomo contro uomo (in fase difensiva). Non è più così.
A cosa è dovuta questa involuzione? Al netto di questioni fisiche e psicologiche che non è possibile valutare da fuori, la compagine rossonera presenta una serie di problemi di campo che, intravisti in avvio di stagione, si sono acuiti in questo momento.
Uno di questi deriva dalle soluzioni tattiche proposte dal tecnico, che non stanno più funzionando. Con gli avversari maggiormente in grado di leggere il gioco del Milan, Pioli è corso ai ripari proponendo anche un centrocampo a tre in fase di sviluppo, con Brahim Díaz e Tonali ai lati di Bennacer e con l’ex bresciano pronto ad allargarsi a sinistra sia per aprire linee di passaggio immediata dai primi costruttori alle punte sia per portare superiorità numerica in quella zona di campo, sfruttando poi il piede destro per cambiare immediatamente il gioco sul lato debole.
Ad oggi queste evoluzioni tattiche non stanno funzionando. Anche le letture dell’allenatore non sono sempre state brillanti. Contro l’Inter i cambi in corsa effettuati hanno peggiorato la situazione, per non parlare della decisione di Pioli di riproporre titolare un Kjaer in palese difficoltà.
I giocatori tornati dal Qatar poi (Giroud e Theo Hernández) sembrano accusare la fatica più di altri che sono stati protagonisti della rassegna iridata e si trovano su altre sponde (il già citato Dybala o Di María per esempio). Per certi versi la sindrome mondiale sembra aver colpito anche due elementi che nel golfo non sono andati perché non convocati, come Kalulu e Tomori, che potrebbero risentire proprio della mancata considerazione da parte delle rispettive nazionali.
Un altro problema è quello che si registra fra i pali. L’assenza prolungata di Maignan si fa sentire. Nonostante abbia giocato molto meno del compagno di reparto Tatarusanu (e quindi i dati siano viziati dal diverso minutaggio) il no.1 francese ha registrato un dato di +0.2 in termini di Post-Shot expected goals (PSxG) +/- secondo quanto riportato da Fbref. Il portiere rumeno invece ha prodotto finora un preoccupante -2.0.
A questi dati si aggiunga poi il fatto che Tatarusanu manchi del gioco con i piedi che può garantire l’ex Lilla, con ovvie ripercussioni sia sulla costruzione dal basso sia sulla possibilità (in questo momento venuta meno) di giocare la palla lunga dal portiere per l’attacco immediato della profondità (come era solito appunto fare Maignan con Rafael Leão).
Se la durata dell’assenza del titolare della porta rossonera era impronosticabile, la situazione fa comunque tornare alla ribalta la questione relativa al mercato estivo. Il Milan attuale non ha rinforzato le posizioni nelle quali aveva maggiormente bisogno (trequartista ed esterno destro d’attacco) e non si è dotato di una panchina all’altezza o, almeno, immediatamente pronta.
A tal proposito, non c’è solo il conundrum De Ketelaere di cui parlare. Franck Kessié, partito per Barcellona, non è stato sostituito. Sergiño Dest, Aster Vranckx, Malick Thiaw e Yacine Adli sono ancora ai bordi del progetto tecnico. Divock Origi è fuori condizione, con conseguente sovra utilizzo di Giroud.
Ma anche i titolari, come detto, non stanno performando bene, lasciando l’impressione che la vittoria dello scorso anno abbia rappresentato una sorta di miracolo sportivo con un Pioli bravissimo a far rendere la squadra più del valore dei singoli giocatori che la componevano.
Se a queste considerazioni aggiungiamo lo straordinario campionato che sta disputando il Napoli (che ha raggiunto un vantaggio di + 9 sui campioni in carica) e il rinnovo di Leão, che tarda ad arrivare, ci rendiamo conto di come li cielo sopra Milanello non sia più tanto azzurro.
Il ritiro di Bale
Qualche giorno fa, all’età di trentatré anni, Gareth Bale ha annunciato il proprio ritiro dall’attività agonistica. Una carriera lunga, iniziata a sedici anni con il Southampton e che ha visto Bale passare sei stagioni con la maglia del Tottenham prima di raggiungere il Real Madrid nel 2013 per la cifra (allora record) di £85m.
Gli Italiani lo scoprirono una notte di Champions, quando realizzò un gol contro l’Inter al termine di un’azione coast-to-coast in maglia Spurs.
La sua carriera con i blancos è stata attraversata da alti e bassi, nonostante le 81 reti realizzate in 176 partite disputate nelle nove stagioni trascorse in Spagna.
Quando sbarcò a Madrid, nel 2013, si trovò a dover recitare un ruolo da comprimario in quella che era a tutti gli effetti la squadra di Cristiano Ronaldo. Gli altri giocatori d’élite del Real (Karim Benzema, Luka Modrić, Ángel Di María) agivano da supporting cast del portoghese. Bale non si è mai adattato a questa condizione, finendo per restare al di fuori del progetto tecnico delle merengues e questo anche sia problemi tattici (non sapendo dove impiegarlo si ritrovò a giocare anche a destra) che fisici, con i numerosi infortuni subiti.
Così, anche se alla fine la sua bacheca può contare su tre Liga, cinque Champions League ed una Copa del Rey, in realtà Bale è stato protagonista di queste conquiste vittorie a corrente alternata, come in occasione della finale del 2018 contro il Liverpool nella quale fece un altro gol incredibile.
Quanto non ha (parzialmente) ricevuto a livello di club, Bale lo ha invece ottenuto a livello di nazionale. E questo non tanto per i 41 gol in 111 presenze con la maglia del Galles quanto per aver guidato i Dragoni a vette mai raggiunte prima.
Quando Bale debutta il Galles non partecipa ad una competizione internazionale importante dai Mondiali del 1958. Con Bale in campo i gallesi centrano la qualificazione agli Europei del 2016, a quelli del 2021 e ai campionati mondiali 2022. Il ragazzo di Cardiff è sempre protagonista dei successi della nazionale e, anche per questo, è riverito come il più grande talento gallese di tutti tempi.
Ma è proprio così? Sicuramente Bale ha avuto in carriera dei picchi mai avvicinati da nessun connazionale. Ad un certo punto si parlava di lui accanto (o quasi) a Ronaldo e Lionel Messi come fenomeno generazionale, in grado di segnare un’epoca. Non è andata così. L’arco temporale nel quale Bale è stato vicino ad essere il no.1 è stato alquanto limitato. Per questo, tralasciando John Charles (appartenente ad una epoca troppo lontana per una comparazione) è probabilmente vero che Bale, pur restando un grandissimo, debba essere collocato un gradino sotto Ryan Giggs, a lui superiore per lo meno per continuità.
Resta il fatto che l’ex Real Madrid ha portato il Galles là dove Giggs non è riuscito a fare. E questa resta una delle tante storie buffe del calcio, se si pensa che quella nazionale (appunto mai andata né ad un Europeo né ad un Mondiale) poteva contare, oltre che sul talento del Manchester United, anche su giocatori come Mark Hughes, Gary Speed o Dean Saunders.