Il futuro dell'analisi calcistica
La Roma vista contro il Brighton e un allenatore da tenere in considerazione.
La prossima frontiera della video analisi (e per qualche grande club si tratta già del presente) sarà probabilmente rappresentata dai dati di tracking. Finora il tracking è stato riservato più che altro alla quantificazione delle performance atletiche del singolo giocatore. L’idea che ultimamente si sta sviluppando è quella invece di tracciarne i comportamenti tattici.
Un giocatore, durante una partita, tocca la palla per una media di circa due minuti. Grazie ai tracking data è possibile capire come si comporta nel resto della partita.
In cosa consiste questa differenza? Entriamo nello specifico. Fino ad oggi i provider (Sics, Wyscout, Opta e Statsbomb) forniscono ai club tutta una serie di dati evento che provengono dal tagging delle partite, varie a dire dalla visione e classificazione dei singoli eventi che accadono durante una gara.
Così ci troviamo ad avere (a seconda del provider utilizzato) tutta una serie di dati che riguardano le situazioni che capitano in partita: tiri, tiri in porta, cross, azione offensive, palle perse e recuperate e zone delle stesse...
Diversamente da questi dati, quelli di tracking non vengono raccolti dall’occhio umano dell’analista video, ma sono invece collezionati da sistemi automatizzati che, attraverso l’utilizzo di telecamere posizionate all’interno dello stadio e di GPS (dispositivo indossato dai giocatori), riprendono la partita e processandone le immagini.
In questo modo vengono messi a disposizione degli analisti del club tutta una serie di dati che descrivono appunto cosa stanno facendo i ventidue giocatori in una determinata fase o momento della partita, senza limitarsi soltanto ad analizzare un singolo evento.
Le ricadute dal punto di vista tattico sono molteplici: quali e quanti giocatori stanno portando efficacemente il pressing durante un’azione difensiva? Quante volte il giocatore X o Y ha attaccato la profondità davanti a sé? Quanti e quali calciatori sono entrati a riempire l’area avversaria e quante volte in partita?
Unendo i dati di tracking ai dati evento si potrà così avere un quadro a 360° su quanto avviene sul terreno di gioco. Pensiamo ad esempio agli indicatori difensivi. Uno dei più utilizzati è l’indice PPDA (Passes Allowed Per Defensive Action) che quantifica l’intensità del pressing di una squadra.
Questo dato è fornito dividendo il numero di passaggi effettuati dalla squadra in possesso e il numero di azioni difensive (tackle, intercetti e falli) compiute dalla squadra difendente. Più è basso il valore finale e più alta più alta sarà la pressione esercitata da chi sta attuando la fase difensiva.
Il problema del PPDA è che può essere impreciso rispetto a quello che vuole quantificare, vale a dire proprio la pressione esercitata da una squadra. Se infatti chi è in possesso effettua un numero altissimo di passaggi nella propria trequarti per attirare la pressione avversaria e la compagine difendente va in pressione senza registrare interventi difensivi, l’indice PPDA finale sarà altissimo. Ma questo non significa che la pressione esercitata sia stata inefficace: chi difende infatti potrebbe aver costretto la squadra attaccante ad un possesso sterile.
Con i dati di tracking invece si potrà calcolare con precisione il numero di pressioni esercitata nel terzo offensivo di campo dai singoli giocatori e dalla squadra intera.
Come si evince da queste considerazioni, l’unione del data tracking alla raccolta di eventi potrebbe rivoluzionare il futuro della match analysis.
Per comprendere meglio le differenze fra dati evento e dati di tracking vi rimando alla newsletter calcio analytics di Aldo Comi, co-fondatore e CEO di Soccerment.
DDR vs RdZ
Una serata perfetta o, se si preferisce, una notte magica, per richiamare così le belle e spensierate sere che ci accompagnarono trentaquattro anni fa sotto il cielo dello Stadio Olimpico durante Italia 90. Questa è stata la partita della Roma davanti al temuto Brighton di Roberto De Zerbi.
Tutto è stato perfetto: dalle prestazioni dei singoli e della squadra nel suo complesso al piano gara predisposto da Daniele De Rossi, fino al perfetto inglese sciorinato dal tecnico nel post-gara.
Certo, i Seagulls si sono presentati a Roma con una lunga lista di indisponibili: Joao Pedro, Milner, Hinshelwood, March e Mitoma e con un Enciso rientrato da poco dopo 6 mesi di stop. Tuttavia, questo non deve far passare in secondo piano la prestazione dei giallorossi.
La partita può essere analizzata sotto molti punti di vista, andando a vivisezionare i tanti aspetti tattici evidenziati dalle due squadre. Non volendo dilungarci troppo, quello che ci preme sottolineare maggiormente in questa sede è proprio come è andato sviluppandosi un confronto fra due modelli di gioco molto simili.
In questo senso, il minimo comun denominatore della gara di andata fra Roma e Brighton è stato il tentativo di controllare gli spazi (non in modo statico ma dinamico) e la volontà di portare dalla propria parte il maggior numero possibile di duelli individuali.
Quando due squadre praticano un calcio molto vicino l’uno con l’altro, la discriminante principale per decidere il risultato è quella di fare meglio ciò che fanno (o provano a fare) anche gli avversari. E questo è ciò che è riuscito alla Roma di De Rossi.
A partire dalla scelta, coraggiosa, di affrontare il 3-2 costruttivo degli inglesi in situazione di parità numerica, con El Shaarawy pronto ad abbassarsi fino a diventare una sorta di quinto difensivo aggiunto per seguire il movimento in avanti di Lamptey sulla destra d’attacco del Brighton.
All’interno di questo contesto De Rossi ha poi preparato alcune giocate chiave che la squadra ha sviluppato, come l’attacco alla profondità sui tagli (ne è un esempio quello che ha portato al gol del vantaggio giallorosso segnato da Dybala) o come quello sulla propria sinistra, con El Shaarawy che cercava di tenere occupato Lamptey per costringere Buonanotte a dover difendere sulla spinta di Spinazzola.
Alla fine dunque, oltre alla strategia, a decidere la partita dell’Olimpico è stata la miglior esecuzione fatta dai romanisti, a fronte dei numerosi errori commessi dai rivali (su tutti quello di Dunk in occasione della rete di Lukaku).
In Neestrup we trust
Nonostante l’eliminazione agli ottavi subita ad opera del Manchester City, non si può non giudicare positivamente la campagna Champions dell’FC Copenhagen. I danesi sono infatti arrivati al primo turno ad eliminazione diretta della competizione dopo aver superato un girone che comprendeva anche Bayern, Manchester United e Galatasaray.
Niente male per una squadra la cui stagione 2024 è ufficialmente ripartita dalla sfida contro i Citizens, dopo la pausa invernale iniziata a dicembre. Grande artefice di questi risultati è il tecnico Jacob Neestrup.
Ad appena trentacinque anni di età, Neestrup è nato e cresciuto a Copenhagen. La sua carriera da calciatore si è interrotta prematuramente a causa di un infortunio e così, a venticinque anni, Neestrup si è ritrovato ad allenare l’U17 dell’FC Copenaghen, per poi avere una esperienza alla guida del Viborg. Da lì il ritorno a Copenaghen per svolgere mansioni di assistente in prima squadra fino a quando, nel 2022-23, dopo l’esonero di Jess Thorup, il club della capitale danese non ha deciso di affidare la conduzione tecnica proprio a Neestrup.
Dal punto di vista tecnico la società campione di Danimarca lavora su una rosa assemblata mettendo insieme qualche veterano (come l’ex parmense Andreas Cornelius, l’ex Southampton Mohamed Elyounoussi o lo slovacco Denis Vavro, visto in Italia con la maglia della Lazio) e giocatori prodotti dell’Academy quali ad esempio Emil Højlund (fratello di Rasmus), Victor Froholdt o l’islandese Orri Óskarsson.
Il settore giovanile della compagine danese è stato molto prolifico negli ultimi anni, se è vero che da lì sono usciti, oltre a Ramus Højlund, anche i vari Victor Kristiansen (Bologna), Pierre-Emile Højbjerg (Tottenham), Morten Hjulmand (ex Lecce ora allo Sporting Lisbona), Mads Bidstrup (Salisburgo), Hákon Arnar Haraldsson (Lilla) e Joachim Andersen (Crystal Palace). E la lista potrebbe continuare.
Ammiratore di Pep Guardiola e di Roberto De Zerbi, Neestrup ha costruito una squadra fluida, che difende in modo ordinato con un sistema di base 5-4-1 e che poi sviluppa prestando attenzione all’occupazione degli spazi.
In fase difensiva parliamo poi di una squadra che ha registrato in Champions un alto numero di turnover alti (67) e di sequenze di pressione (93) secondo i modelli Opta. Il gol realizzato all’andata contro il City da Magnus Mattsson è venuto proprio a seguito di una pressione alta. Detto questo, i danesi sono abili ad alternare queste situazioni a fasi di attesa.
Neestrup ha un contratto in essere con il Copenaghen fino al 30 giugno 2026. Chissà però che già dalla prossima estate non arrivino club di campionati più importanti a bussare alla sua porta.