Jean-Clair Todibo, difensore centrale del Nizza, è riuscito a toccare 188 palloni (dati Fbref) nella sfida vinta dai Nizzardi contro il Metz (0-1).
Di questi, 181 sono stati passaggi, dei quali 165 completati (91.2%). Utilizzando il report di Sics, andiamo ad analizzare la direzione di questi passaggi. Todibo è protagonista in 6 delle 7 catene di gioco più utilizzate dal Nizza nella sfida giocata allo stadio Saint Symphorien.
Scendendo nello specifico, il centrale ha giocato 35 palloni verso il compagno di reparto Dante (l’altro centrale) e ben 49 verso Youssouf Ndayishimiye. Il burundese, utilizzato davanti alla difesa, ha a sua volta direzionato 37 palle verso Todibo, col difensore che ha ricevuto anche 28 passaggi da Lotomba, 14 da Boudahoui e 21 dal portiere polacco Bułka.
Una sapiente gestione della palla che fa parte del DNA del modello di gioco che Francesco Farioli sta installando a Nizza. All’interno di questo contesto giocano un ruolo fondamentale il portiere e i due difensori centrali. Il possesso predicato dal giovane tecnico italiano ha infatti uno dei suoi capisaldi nell’uscita controllata della palla da dietro. Una costruzione dal basso ragionata, volta ad attirare la prima pressione avversaria per andare poi a occupare gli spazi che il movimento difensivo del blocco rivale va a creare.
Dante e Todibo, i due centrali difensivi, hanno quindi il compito di rallentare la manovra o di velocizzarla in base alla situazione, fissando in qualche modo la pressione rivale.
Questo tipo di calcio ha finito per esaltare anche le caratteristiche offensive di Todibo, in estate cercato anche dal Manchester United ma alla fine rimasto a Nizza, club con il quale ha un contratto fino al 2027.
Le prestazioni del ventitreenne difensore non sono passate inosservate. Didier Deschamps, allenatore della nazionale francese, lo ha infatti inserito nella lista dei Blues per le partite contro Olanda e Scozia, dando così seguito alla chiamata di settembre, che ha visto Todibo esordire contro la Germania.
Nonostante le assenze dei vari Pierre Kalulu, Wesley Fofana, Benoît Badiashile, William Saliba, Presnel Kimpembe, Dayot Upamecano e Axel Disasi, la Francia ha una lunga batteria di difensori centrali fra i quali pescare. Fra questi c’è appunto Todibo, in attesa che maturi qualche altro talento (come il diciassettenne Leny Yoro del Lilla).
Tutta questa concorrenza non spaventa il difensore del Nizza, forte di un inizio di campionato da incorniciare.
Ci (ri)siamo
È sempre una questione di patentini. Stavolta tocca al Lecco scontrarsi con la burocrazia federale. La società bluceleste ha infatti esonerato il tecnico della promozione in Serie B, Luciano Foschi. Per la sua sostituzione sono stati sondati diversi allenatori, fra i quali Massimo Oddo e Marco Zaffaroni.
In realtà, sembra che la proprietà lecchese voglia puntare su un tecnico di casa, quell’Andrea Malgrati già capitano da giocatore e vice-allenatore di molti tecnici che si sono seduti sulla panchina del Lecce (compreso lo stesso Foschi). L’idea quindi era quella di affidargli direttamente la guida tecnica della squadra. Il problema è che Malgrati è stato appena ammesso a frequentare il corso Uefa A a Coverciano, mentre per allenare in B serve lo Uefa Pro.
Ancora una volta quindi un club non è stato libero di affidare a chi vuole la guida della squadra per sottostare a norme restrittive imposte dall’alto. Per questo il Lecco è stato costretto a cercare un allenatore dotato di Uefa Pro da affiancare a Malgrati. La scelta finale è ricaduta su Emiliano Bonazzoli.
Per l’ex attaccante si tratta di una grande occasione, essendo catapultato dalla Serie D (l’anno scorso allenava a Lodi) direttamente alla B.
Renato, Renato, Renato…
Da ex giocatore turbolento, famoso più per le imprese fuori dal campo che per quelle nel terreno di gioco (almeno durante la sua avventura romana sul finire degli anni Ottanta) Renato Portaluppi (conosciuto in patria come Renato Gaúcho) si è costruito un’ottima carriera come allenatore.
Da tecnico infatti Renato ha vinto tre volte il campionato Gaúcho (dello stato di Rio Grande do Sul), due volte la coppa del Brasile e una volta la coppa Libertadores, trofeo che aveva già conquistato da calciatore. In entrambi i casi, le Libertadores portate a casa Renato le ha ottenute col Grêmio, club che allena ancora oggi, per la terza volta in carriera.
Nonostante in questo momento si trovi nel mirino della critica per aver perso il Grenal (il derby fra Grêmio e Internacional, le due squadre più importanti di Porto Alegre) e per aver disertato la conferenza stampa post-gara, la proposta di gioco di Renato resta una delle più interessanti a livello sudamericano.
Con il Fluminense di Fernando Diniz in finale di Libertadores (giocherà contro il Boca l’11 novembre prossimo al Maracanã) e con l’ex commissario tecnico della nazionale verdeoro Tite che ha appena firmato per il Flamengo, il momento storico del calcio brasiliano ha visto accendersi la diatriba fra sostenitori del calcio funzionale e tifosi di quel modello posizionale importato dall’Europa.
Non è la prima volta che il futebol brasiliano guarda al Vecchio Continente per copiarne modelli di gioco. Era infatti già successo dopo i Mondiali tedeschi del 1974 quando le prestazioni dell’Olanda di Joahnn Cruyff e la generale fisicità di quel torneo convinsero la CBF (Confederação Brasileira de Futebol) ad affidare nel 1977 le redini della Seleçao a Claudio Coutinho. Con risultati in verità non all’altezza delle aspettative, tanto è vero che dopo il fallimentare torneo iridato di Argentina nel 1978 si tornò ad un calcio tradizionale con Telê Santana. Ma questa è un’altra storia.
Tornando al Grêmio, la squadra di Renato si trova attualmente al terzo posto in classifica, seppur in coabitazione con Flamengo e Palmeiras. In piena lotta quindi per centrare la qualificazione alla prossima Libertadores.
In questa annata 2023 Renato ha mostrato duttilità tattica, presentando il suo Grêmio con varie disposizioni di base. Inizialmente l’idea era quella di mantenere il 4-2-3-1 funzionale, con approssimazione di giocatori in zona palla e fasce libere per le avanzate dei terzini.
Successivamente, Renato è passato ad una mediana a tre. Infine, si è vista anche la difesa a tre all’inizio del Brasileirão, per poi tornare al 4-2-3-1. Il Grêmio di oggi è una squadra che non tiene molto la palla (45.8% il possesso medio) ma che ha un attacco efficace: con 42 reti segnate il Tricolor è infatti il miglior attacco del torneo, alla pari con quello del Botafogo capolista.
La squadra di Porto Alegre ha anche una buona percentuale di riuscita sui cross (25 %), una delle armi di rifinitura utilizzate per servire Luis Suárez. Attaccando con un approccio funzionale, con molti passaggi, il possesso del Grêmio non favorisce i dribbling. E infatti i ragazzi di Renato hanno un dato medio di dribbling riusciti (9.7) che li colloca al sedicesimo posto in questa graduatoria.
Al tecnico piacciono i dribblatori (lo era lui stesso da calciatore) ma, non avendone in squadra, ha preferito adattare un gioco prevalentemente di trasmissioni sul corto.
In un momento storico in cui sono alla ribalta tanti allenatori giovani, uno più ‘stagionato’ come Renato (sessantuno anni d’età) rischia di passare un po' inosservato, per lo meno al di qua dell’Atlantico. È sembrato quindi giusto ricordare che l’età è solo un numero e che si può essere giovani con le idee pur essendo avanti con gli anni (Luciano Spalletti docet).