Il Milan è guarito?
L'analisi della partita fra il Tottenham e la squadra di Stefano Pioli. In più, i soliti guai del Psg.
Le due sfide contro il Tottenham in Champions League, che hanno sancito la qualificazione del Milan ai quarti di finale del più importante torneo europeo per club, danno un po’ il senso della rinascita per una squadra che aveva meritatamente trionfato nello scorso campionato di Serie A e che invece si era come liquefatta a partire da questo gennaio, con una serie di prestazioni e di risultati altamente negativi.
Al di là di eventuali aspetti psicologici (sui quali è impossibile pronunciarsi dall’esterno) è indubbio che a contribuire a questa trasformazione in positivo del Milan siano state le scelte del suo allenatore Stefano Pioli, tornato in queste ultime settimane nuovamente on fire.
Come la sintesi hegeliana (Aufhebung), che significa superamento ma anche conservazione, il nuovo Milan targato Pioli presenta qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo.
La novità principale è certamente il passaggio alla difesa a tre. Con questa disposizione, che aggiunge un centrale in più, Pioli sembra aver risolto i problemi di tenuta difensiva di una squadra che nelle prime quattro uscite del 2023, compresa la partita della famosa rimonta nel finale della Roma, aveva concesso 13 reti.
Da lì in poi il Milan ha sì perso il derby con l’Inter (ma era la prima uscita col nuovo sistema e con un approccio troppo passivo in fase difensiva) e la sfida contro la Fiorentina, ma ha anche inanellato tre clean sheets in campionato più i due fondamentali in coppa con il Tottenham.
Con la terna di difensori centrali composta da Tomori, Thiaw e Kalulu, il Milan ora ha più certezze, potendo affrontare gli avversari tornando ad aggredire forte in avanti (la linea può essere nuovamente rotta da un centrale mentre gli altri due coprono la profondità) ma riuscendo anche a difendere bene di posizione.
L’inserimento di Thiaw (e il ritorno di Maignan fra i pali) non ha solo dato sicurezza al reparto arretrato ma ha anche elevato il livello prestativo dei suoi due compagni di reparto, apparsi spaesati nel momento più buio della stagione, quando invece erano stati fra i protagonisti della cavalcata trionfale dello scorso anno.
Con un centrale sempre dietro, Harry Kane ha faticato ad eseguire quel lavoro associativo da play offensivo che è solito fare. La velocità dei tre milanisti ha di fatto annullato anche gli attacchi alla profondità di Son Heung-min.
Con questo nuovo assetto è tornato protagonista anche Theo Hernández, rivisto in forma pre Mondiale. Con una maggior copertura alle spalle il francese è sembrato nuovamente libero di potersi proporre in avanti, sia in fascia che centralmente, come in passato.
Ma Theo si è dimostrato un valido supporto anche in non possesso, di fatto annullando Dejan Kulusevski.
Nel nuovo assetto la compagine rossonera ha ritrovato la sua fluidità. Ne è un esempio Brahim Díaz, trequartista in grado di risalire il campo palla al piede col Milan in attacco e anche mezzala che aiutava difensivamente Sandro Tonali e Rade Krunić. Questi ultimi, a loro volta, non sono mai andati in difficoltà nel confronto diretto con Pierre-Emile Højbjerg e Oliver Skipp.
L’altro giocatore che ha cambiato i propri compiti all’interno del 3-4-1-2/3-5-2 di Pioli è Rafael Leão. Il portoghese agisce ora da seconda punta, con maggiore libertà di muoversi e di associarsi con i compagni di reparto o con i centrocampisti. Contro gli Spurs era Leão il riferimento più avanzato, per attaccare la profondità, con Olivier Giroud che agiva da collegamento.
Sia Leão che Díaz si sono rivelati una costante minaccia palla al piede per gli uomini di Antonio Conte.
Sulla destra infine Pioli sta utilizzando Junior Messias da quinto atipico. Al brasiliano non vengono chiesti troppi compiti difensivi (fase che soffre) quanto invece di fungere da raccordo sulla destra e sul centro-destra dell’attacco milanista.
Nel primo tempo il Milan è riuscito a non farsi superare dalla costruzione degli Spurs. Quando la squadra di casa eludeva la prima linea difensiva rossonera, la formazione di Pioli riusciva comunque a gestire gli attacchi alla profondità grazie alla già menzionata velocità dei suoi difensori.
L’inserimento di Pedro Porro ha dato momentaneamente energia al centrocampo inglese, ma di fatto il Milan ha continuato a concedere poco o nulla. A Conte è mancato ancora una volta un piano B efficace. Nemmeno il passaggio al 4-2-4 con l’aggiunta in avanti di Richarlison ha sortito gli effetti sperati.
Quando poi è stato espulso Cristian Romero per secondo giallo, la partita si è di fatto conclusa. Questa sconfitta ha mostrato una versione tipicamente contiana degli Spurs: una squadra che cerca di settare il possesso dal basso, rimanendo con un blocco difensivo vicino alla propria area di rigore, per poi provare a risalire il campo con i soliti pattern offensivi.
Tutto questo è risultato stagnante e non è ancora una volta bastato ad una squadra di Conte per arrivare fino in fondo alla Champions.
Da parte sua Pioli continua come detto l’opera di ricostruzione del Milan. La squadra ora può essere più o meno aggressiva difensivamente, dipendendo dal contesto e dal momento della gara. A centrocampo, in Díaz e Tonali, i rossoneri hanno attualmente due giocatori in grado di affettare le mediane rivali. Davanti Leão, con briglie più sciolte, può essere devastante partendo più vicino all’ultima linea avversaria.
È presto per dire se la soluzione trovata dal tecnico emiliano darà frutti a lungo termine. Di certo ha raddrizzato la barca nel momento più opportuno e potrà ora concentrarsi più tranquillamente sul resto del lavoro da fare per dire superata la crisi.
E ora?
Nie dodici tentativi effettuati da quando la Qatar Sports Investment ha acquistato il club, il Psg non ha mai centrato la vittoria in coppa Campioni, il trofeo più ambito. E, come in tutte le altre circostanze, a finire sul banco degli imputati toccherà all’allenatore, stavolta Christophe Galtier.
La gestione dell’ex tecnico del Lilla ha in effetti lasciato a desiderare. Al di là della precoce eliminazione in Champions (pur subita ad opera di una squadra forte come il Bayern) il condottiero dei parigini non è mai parso in grado di governare tatticamente la squadra. La continua alternanza di sistemi base (3-4-2-1, 4-4-2 a rombo o piatto, 3-5-2) ha finito per creare ulteriore confusione in una squadra che già di suo non è assemblata al meglio.
Il Psg a marzo non ha quindi ancora trovato una precisa identità di gioco. L’ingresso di Luis Campos negli spogliatoi durante la partita col Monaco ha in parte delegittimato Galtier. Certo, come sempre nei passati naufragi europei dei francesi, le colpe non possono ricadere tutte sull’allenatore.
La rosa messa insieme in estate come detto non è molto logica. Mancano difensori di riserva, tanto è vero che, per sopperire all’infortunio di Presnel Kimpembe e alle altre assenze sulla linea arretrata, Galtier ha dovuto pescare dal vivaio.
In mezzo al campo Marco Verratti continua a predicare nel deserto. Vitinha (partito bene in stagione) e Fabián Ruiz non hanno dato l’apporto sperato. In avanti l’infortunio di Neymar avrebbe dovuto rendere più responsabili Kylian Mbappé e Lionel Messi, ma né il francese né l’argentino hanno inciso contro il Bayern. Detto che comunque il Psg in avanti è rimasto aggrappato alle individualità, non riuscendo a sviluppare un gioco corale.
Al livello più alto non basta il talento. Ci vuole anche il gioco. L’uno senza l’altro non funziona. Il club transalpino però sembra non averlo ancora compreso, limitandosi invece ad ammassare giocatori di grande qualità senza un progetto tattico dietro e, in caso di insuccesso, continuando a fagocitare allenatori su allenatori.
A pagare sarà quindi Galtier? E solo lui? I giornali francesi danno come solida la relazione fra Nasser al-Khelaïfi e Campos, quindi la risposta dovrebbe essere sì. E con chi si ripartirà? La sfida del Psg è certamente intrigante ed è difficile rifiutare una chiamata dei parigini.
Tuttavia ad oggi sono più le incognite che le certezze. Messi rinnoverà? E sarebbe un bene se lo facesse? La dirigenza farà finalmente un mercato con criterio? Ha senso insistere su Sergio Ramos?
Ai posteri l’ardua sentenza…
Da leggere
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