
Il futuro di Simone Inzaghi all’Inter sembra inevitabilmente legato ai risultati che il tecnico piacentino riuscirà a portare a casa nei prossimi mesi. Una eventuale progressione nella Champions di quest’anno e una qualificazione a quella dell’anno prossimo rinsalderebbero la posizione dell’ex allenatore della Lazio. Di contro, una eliminazione ai quarti contro il Benfica e una classifica finale di Serie A con l’Inter fuori dalle prime quattro posizioni potrebbero, con buone probabilità, porre fine all’avventura di Inzaghi sulla panchina nerazzurra.
In ballo c’è anche una eventuale vittoria della coppa Italia e, soprattutto, un contratto rinnovato la scorsa estate che lega l’Inter al proprio allenatore fino al 2024.
In questa situazione, elencare i possibili sostituti qualora Inzaghi dovesse partire può sembrare mero esercizio di retorica. E, in parte, lo è. D'altronde è normale che durante le soste per le nazionali si cominci a guardare avanti, anche se alla fine della stagione mancano ancora molte partite e tutti i trofei devono ancora essere assegnati.
Nelle ultime ore è cominciata a circolare la voce di un possibile ritorno di Antonio Conte a giugno. Il recente sfogo del tecnico pugliese in conferenza stampa ha ulteriormente accelerato quel processo di separazione fra Conte e il Tottenham che dovrebbe consumarsi a giugno. Un Conte II sarebbe apprezzato da buna parte del popolo nerazzurro, che sotto la guida del tecnico leccese ha riassaporato la gioia della vittoria di uno scudetto. Tuttavia ci sono alcuni ostacoli su questa strada, a partire dal contratto oneroso che il club dovrebbe sottoscrivere per far tornare Conte ad Appiano Gentile fino ad arrivare al fatto che parte della dirigenza del club non ha gradito il modo in cui il tecnico ha abbandonato la barca due anni fa, dopo che i problemi economici avevano costretto a cedere pezzi pregiati come Achraf Hakimi e Romelu Lukaku. E, a tal proposito, sarebbe disponibile Conte a riprendere da dove aveva lasciato, ma con un mercato ridimensionato e rinunciando probabilmente anche a Milan Škriniar?
Lo scoglio economico, inteso come stipendio da corrispondere al nuovo tecnico, potrebbe ostacolare anche altre opzioni interessanti, a partire dalla suggestione Luis Enrique. L’asturiano è fermo ai box dopo aver lasciato la nazionale spagnola al termine del Mondiale 2022. L’ex Barcellona porterebbe con sé un progetto tecnico diverso, fondato sulla difesa a quattro e su un possesso accentuato nella metà campo offensiva.
Maggiormente praticabile la pista che porta a Thiago Motta. L’ex centrocampista dell’Inter sta facendo benissimo a Bologna quest’anno, dopo aver salvato la scorsa stagione uno Spezia bloccato nelle finestre di mercato. Il suo calcio posizionale potrebbe essere facilmente trasferibile all’Inter senza provocare uno shock culturale.
Per quanto riguarda Roberto De Zerbi (altro nome circolato in questi giorni) si trarrebbe di verificare la disponibilità del tecnico bresciano a lasciare un progetto ben avviato come quello del Brighton dopo pochi mesi per imbarcarsi in un’avventura piena di incognite come quella nerazzurra, in un ambiente notoriamente poco paziente.
Il campionato propone qualche outsider come Vincenzo Italiano o Andrea Sottil, che rappresenterebbero delle scommesse. L’allenatore della Fiorentina farebbe anche lui virare verosimilmente verso un 4-3-3 proattivo, con linea difensiva alta e pressing costante mentre l’attuale tecnico dell’Udinese potrebbe ripartire dal 3-5-2 come sistema base.
Un’alternativa intrigante sarebbe rappresentata da un tecnico straniero. Il nostro calcio è sempre restio e spesso addirittura ostile verso allenatori provenienti da altre culture calcistiche. In questo senso proprio una guida tecnica proveniente d’oltralpe rappresenterebbe una interessante novità per l’intero panorama calcistico nostrano. Un nome importante sarebbe quello di Roger Schmidt, prossimo avversario dell’Inter in Champions con il Benfica. Sempre nel massimo torneo portoghese lavorano Sérgio Conceição, che sta facendo bene al Porto e Rúben Amorim, tecnico dello Sporting.
Altro ex nerazzurro da anni accostato alla panchina dell’Inter è Diego Simeone. L’argentino ha rivoltato l’Atlético, conquistando due volte la Liga, una copa del Rey, una Supercoppa, due Europa League e altrettante Supercoppe europee. Di recente la sua versione dei colchoneros è stata anche più attiva rispetto a quelle fortemente reattive che pure avevano fatto benissimo nelle stagioni passate.
Paulo Fonseca del Lilla rappresenterebbe un cavallo di ritorno dopo l’esperienza del portoghese alla Roma. L’ex allenatore dello Shakhtar Donetsk seguirebbe la linea del calcio posizionale, con una fase di costruzione articolata alla quale cercare di far seguire un consolidamento del possesso in zone più avanzate di campo. Un calcio quindi ancora più controllato di quello dell’Inter attuale.
La vera svolta sarebbe però rappresentata da un Fernando Diniz. Il brasiliano della Fluminense, alfiere del calcio funzionale, aprirebbe scenari inediti tanto a livello di campo quanto a livello di come verrebbe accolto da stampa e tifosi, riproponendo probabilmente una divisione teorica come non si è più avuta dai tempi di Arrigo Sacchi.
Mia San Mia
Difficile sarebbe per l’Inter arrivare a Julian Nagelsmann, recentemente sollevato dall’incarico dal Bayern. Una decisione a sorpresa anche se i bavaresi, pur avendo raggiunto i quarti di Champions (dove affronteranno il Manchester City) non stanno dominando la Bundesliga come un tempo, essendo arrivati alla sosta in seconda posizione con un punto di ritardo dal Borussia Dortmund e quattro di vantaggio sull’Union Berlino. Il Bayern ha bruciato un vantaggio di dieci lunghezze sul BVB dall’inizio dell’anno.
La recente sconfitta contro il Bayer Leverkusen ha poi messo il Dortmund in condizione di staccare ulteriormente i rivali quando, alla ripresa del campionato, si disputerà Der Klassiker. E proprio un ex Borussia, Thomas Tuchel, è il nuovo tecnico bavarese.
Più che i risultati però Nagelsmann sembra aver pagato i legami deteriorati con la dirigenza e con parte dello spogliatoio. Per quanto riguarda il primo punto, i dirigenti del club di Monaco non avrebbero gradito alcune sue scelte tecniche, a partire proprio dalla sfida col Leverkusen nella quale Nagelsmann ha iniziato con Kingsley Coman e Jamal Musiala in panchina.
L’allontanamento del preparatore dei portieri Toni Tapalović, deciso dal tecnico, avrebbe poi compromesso il suo rapporto con Manuel Neuer, fra l’altro criticato pubblicamente dal suo allenatore dopo l’incidente con gli sci. La questione della talpa che ha permesso alla Bild di svelare i piani tattici del Bayern deve essere letta proprio come il segnale di una divisione nel gruppo squadra. L’appoggio di alcuni calciatori (fra i quali Joshua Kimmich) non ha salvato Nagelsmann da un esonero che sembra quindi più derivante da altri fattori che non dall’aspetto tecnico.

Dal punto di vista tattico a Nagelsmann sono stati comunque mossi alcuni appunti (a partire da quelli rilevati dall’ad del club, Oliver Kahn), soprattutto quello di aver presentato una versione troppo fluida della squadra o di praticare un calcio poco verticale e troppo di possesso. Questo però non rappresentava un problema quando il Bayern produceva risultati o eliminava il Psg in una campagna di Champions fin qui esemplare.
Inoltre è da aggiungere come Nagelsmann abbia sì approcciato la nuova stagione proponendo un calcio funzionale più fluido (che ha funzionato), ma sia tornato ad un calcio posizionale alla ripresa della Bundesliga dopo la sosta. La domanda da porsi è sul perché di questo cambiamento.


Infine, ci sarebbe invece da dire qualcosa su un club che è meno stabile di quanto appaia. Dopo l’addio di Pep Guardiola il Bayern ha infatti respinto tecnici come Carlo Ancelotti, Niko Kovač e ora Nagelsmann, con Hansi Flick che dopo un paio di stagioni ha preferito andare ad allenare la Germania.
L’impressione lasciata dalla vicenda relativa a Nagelsmann è quella di un top club che, alla faccia della ventilata organizzazione aziendale e della pianificazione, agisca come la maggior parte delle altre società di calcio, vale a dire d’istinto.
Nel prendere la decisione di allontanare il tecnico, Kahn e il direttore sportivo Hasan Salihamidžić non si sono curati nemmeno del fatto che, nel 2021, il Bayern avesse sborsato 25 milioni di euro per prelevarlo dal Lipsia.
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