Ha ragione Fabrizio Roncone quando, sul Corriere della Sera, scrive di vittoria ‹‹all’italiana›› degli Azzurri all’esordio della Nations League. È così infatti che Luciano Spalletti ha incartato Didier Deschamps. Hai voglia a dire, come ha fatto il nostro commissario tecnico nel dopo partita, che lui non può permettersi di dare consigli ad un collega che ha vinto tanto come il francese. In realtà potrebbe.
E questo perché, mentre da parte italiana si è assistito all’abbandono di quel calcio ipertrofico e complesso che si è provato (senza riuscirci) a sviluppare all’Europeo di Germania, da parte francese si è invece avuta la riprova di come, probabilmente, alla fine della sua gestione tecnica Deschamps dovrà sì essere elogiato per quello che ha vinto, ma anche criticato per non aver saputo sfruttare meglio l’immenso bacino di talento di cui dispongono i transalpini.
Con un piano gara tanto semplice quanto efficace, che poggiava sulle avanzate di Riccardo Calafiori, sulla regia di Samuele Ricci, sull’onnipresenza di Sandro Tonali, sul lavoro dei quinti e sul cambio di gioco (il tutto corroborato dalla classica, italica abnegazione difensiva quando i francesi gestivano palla) gli Azzurri sono riusciti ad andare oltre lo svarione di Giovanni Di Lorenzo dopo pochi secondi e oltre i mal di testa provocati al napoletano, a Davide Frattesi e ad Andrea Cambiaso nel corso del primo tempo dalle accelerazioni di Bradley Barcola e Kylian Mbappé.
Detto questo e dato il fatto che lagabbiadiorrico è la casa italiana della Ligue 1 (e quindi del calcio francese) dobbiamo soffermarci per forza di cose sui problemi evidenziati da les Blues.
In quello che di fatto era un vero e proprio 4-2-1-3 la Francia ha prima di tutto confermato dei problemi di equilibrio. Gli esterni offensivi non partecipavano alla fase difensiva e questo, come detto, è stato sfruttato dagli Azzurri a proprio vantaggio.
La mediana, priva com’era dei vari Adrien Rabiot, Aurélien Tchouaméni e Eduardo Camavinga, ha offerto poco filtro con Youssouf Fofana e N'Golo Kanté che si sono ritrovati a dover coprire troppo campo. Quando poi la Francia è stata costretta ad attaccare un blocco basso, ecco che i suoi giocatori più qualitativi hanno sofferto i raddoppi italiani, senza avere nemmeno il supporto di un centrocampo che ha alzato il suo tasso tecnico soltanto con l’ingresso in campo del romanista Manu Koné (anche lui comunque in difficoltà sul piano difensivo).
A ciò si aggiunga il disastroso effetto delle scelte di Deschamps per quanto riguarda la linea arretrata, nella quale tanto il laterale destro Jonathan Clauss quanto la coppia centrale composta da Ibrahima Konaté e William Saliba sono totalmente mancati.
Il posizionamento avanzato di Antoine Griezmann, già criticato durante gli Europei, continuerà a far discutere. Michael Olise è partito bene ma si è via via spento, tanto da essere sostituito dopo circa un’ora di partita.
Insomma, già lunedì contro il Belgio Deschamps avrà molto da correggere. La Francia dovrà mettere in campo qualcosa di diverso rispetto a quanto fatto vedere contro l’Italia se vorrà evitare un’altra batosta.
Un turco napoletano
Il trasferimento di Victor Osimhen al Galatasaray è stato trattato sotto vari punti di vista: quello del Napoli, quello di Antonio Conte, quello di Aurelio De Laurentiis…
Pochi però si sono fermati ad analizzare l’arrivo dell’attaccante nigeriano in Turchia dal punto di vista del giocatore. Per l’ex partenopeo infatti questo passaggio rappresenta un buon affare, per varie ragioni.
Prima di tutto, Osimhen era diventato un indesiderabile a Napoli. Il ragazzo sperava di trasferirsi questa estate in un grande club come il PSg, in passato dimostratosi interessato alle prestazioni del centravanti. Evidentemente però l’interesse non era tale dal dare il via ad una trattativa o, comunque, da portare i parigini (ed eventualmente altre società) ad assecondare le richieste economiche del Napoli.
Così, Osimhen era sul punto di restare in Italia ma fuori del progetto di un Conte che aveva già scelto Romelu Lukaku e che non aspettava altro che la cessione del nigeriano per completare la rivoluzione della rosa.
Provvidenzialmente per tutti si è manifestata l’offerta del Galatasaray, che ha liberato il Napoli dall’ingombrante presenza del giocatore e che ha consentito a Osimhen di trasferirsi in un club che gioca l’Europa League.
Inoltre, il contratto con i turchi prevede la possibilità di una cessione a gennaio, nel caso in cui qualche società decidesse di pagare la clausola prevista dall’accordo.
La Süper Lig turca non sarà il massimo della vita per un calciatore nel pieno della carriera (Osimhen ha infatti solo venticinque anni) ma è sicuramente meglio che finire in esilio (pur dorato) in Arabia Saudita, come sarebbe accaduto in caso di accordo con l’Al-Ahli (che poi ha chiuso per Ivan Toney, come vedremo più avanti).
In questi mesi quindi Osimhen avrà la possibilità di restare sotto osservazione da parte di società di campionati più importanti, in attesa di un ulteriore trasferimento a gennaio o a fine campionato.
La sicurezza Pavlović
Il Milan visto all’opera finora non è che abbia entusiasmato. Anzi, arrivati alla prima sosta delle nazionali si può dire che, per Paulo Fonseca, siano più i problemi da risolvere che quelli effettivamente risolti. Ad essere deficitaria è la fase di non possesso, in particolare quella gestione delle transizioni che già aveva creato dei grattacapi a Stefano Pioli lo scorso anno.
Fra le poche note liete dopo queste tre prime giornate di campionato ci sono però proprio le prestazioni di un difensore, quello Strahinja Pavlović che il Milan ha acquistato questa estate prelevandolo dal Salisburgo per un importo di circa 18 milioni di euro.
Al di là della rete realizzata contro la Lazio sugli sviluppi di calcio piazzato, il centrale serbo si è fatto notare per la qualità generale nella gestioe della palla. Pavlović sembra infatti aver risolto quelle difficoltà costruttive che la retroguardia del Milan aveva evidenziato lo scorso campionato e che avevano portato Pioli ad appoggiarsi forse eccessivamente su Mike Maignan o a bloccare Theo Hernández fra i costruttori.
L’arrivo dell’ex prodotto del Partizan Belgrado consente invece a Fonseca di poter sganciare il francese in avanti e di assicurare alla squadra un passatore di qualità nei corridoi centrali del campo.
Certo, Pavlović deve migliorare a livello prettamente difensivo, anche se ha già mostrato alcuni interventi interessanti sotto questo aspetto.
In una squadra che fatica a trovare equilibrio e che spesso si trova spezzata in due, Pavlović rappresenta una delle poche certezze sulle quali Fonseca, alla ripresa del campionato, potrà basarsi per cercare di aggiustare quello che ancora non va.
La sinistra (del Psg) riparta da…
Uno dei problemi rimasti apparentemente irrisolti dopo il mercato estivo riguarda la corsia mancina del Psg. Dopo la cessione di Danilo Pereira all’Al-Ittihad infatti Luis Enrique si ritrova con il solo Nuno Mendes come titolare nel ruolo.
Dietro al portoghese ci sarebbe Lucas Beraldo, ma il brasiliano non offre troppe garanzie come si è visto nella sfida col Lilla, quando il ragazzo è stato martirizzato dal kosovaro Edon Zhegrova. Per questo Luis Enrique attende il pieno recupero di Lucas Hernández e Presenel Kimpembe, valutando anche le opzioni offerte da Willian Pacho e dallo spostamento su quel lato di campo di Achraf Hakimi.
Tutte opzioni interessanti ma che poi dovranno superare la prova del campo.
Toney d’Arabia
È sempre una sorpresa quando un giocatore nel pieno della carriera decide di lasciare il calcio europeo per andare a prendere i petroldollari dell’Arabia Saudita. Così, ha stupito la decisione di Ivan Toney di firmare per l’Al-Ahli, club che lo ha acquistato versando €40 milioni nelle casse del Brentford.
Dopo essersi rivelato nel Championship qualche anno fa, l’attaccante inglese aveva iniziato una carriera in ascesa in Premier, contribuendo alle fortune delle Bees. Con la maglia del Brentford alla fine Toney ha messo insieme 141 presenze realizzando 72 reti.
Tornato in campo a gennaio della scorsa stagione dopo una squalifica di otto mesi inflittagli dalla FA per violazione delle regole sulle scommesse, Toney è riuscito a finire il campionato con 4 gol in 17 partite, sfoderando delle prestazioni che gli hanno permesso di guadagnarsi un posto della lista dei convocati di Gareth Southgate per l’Europeo di Germania.
Torneo nel quale, pur giocando appena quarantatré minuti, Toney si è fatto notare sia nella partita contro Slovacchia che in quella con la Svizzera.
La sensazione quindi era che, per il giocatore, questa estate si sarebbero aperte le porte di un trasferimento in qualche club inglese più importante. Non è andata in questo modo. E così uno degli attaccanti più old school (per caratteristiche fisiche e tecniche) del calcio inglese si ritroverà a monetizzare nel campionato saudita quando forse sarebbe stato meglio rimanere un altro anno a Brentford, aspettando la scadenza del contratto per poi accasarsi a zero in una società più importante.