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L’Inghilterra e Gareth Southgate hanno molto su cui riflettere dopo il pareggio (1-1) contro la Danimarca, nella seconda giornata degli Europei. La nazionale dei Tre Leoni ha palesato un’infinità di problemi che, in verità, si erano già visti durante la prima partita, in occasione della faticosa (1-0) vittoria sulla Serbia.
Il tempo è poco in competizioni del genere e quindi gli Inglesi dovranno trovare velocemente il modo di risolvere le situazioni che non vanno. Il Southgate-ball è diventato boring (noioso) e le due partite contro Serbi e Danesi lo hanno confermato.
Il pattern seguito in entrambe le gare è stato praticamente identico: possesso palla lento e macchinoso, difficoltà ad attaccare la profondità, lunghe fasi di difesa posizionale bassa nel tentativo di gestire il risultato.
Per quanto riguarda gli aspetti offensivi, l’Inghilterra è legata ad un modello posizionale estremamente ortodosso, che va a sviluppare 3-2-5. La struttura è interpretata in modo troppo rigido e presenta dei quesiti ad oggi irrisolti.
Il più evidente è a sinistra. In base alle rotazioni decide da Southgate, col terzino destro Kyle Walker che si stringe accanto ai centrali in fase di costruzione, è il quarto di sinistra che deve avanzare per fissare l’ampiezza su quel lato di campo. Il tutto diventa però difficile da eseguire quando, da terzio sinistro, gioca un destro come Kieran Trippier, in sostituzione dell’assente (causa infortunio) Luke Shaw.
Con Phil Foden che parte a sinistra in zona offensiva e che viene chiamato a tagliare verso i corridoi centrali del campo, l’Inghilterra si ritrova in una struttura posizionale che non garantisce ampiezza sulla sinistra.
Di conseguenza, la squadra di Southgate pende a destra, come si è visto in occasione del gol di Jude Bellingham contro la Serbia (frutto di un assist di Bukayo Saka) o della rete del vantaggio realizzata contro la Danimarca (figlia di una incursione di Walker).
I guai inglesi proseguono a centrocampo. La soluzione con Trent Alexander-Arnold secondo interno non sta funzionando. L’accoppiamento con Declan Rice in una mediana a due sembra mettere a mal partito anche il centrocampista dell'Arsenal. Contro la Danimarca le cose sono migliorate quando Southgate ha mandato in campo Conor Gallagher.
A fine gara il tecnico inglese ha ammesso che la sua squadra manca di equilibrio con Trippier a sinistra e che, a centrocampo, si sente la mancanza di Kalvin Phillips. Con tutto il rispetto per quest’ultimo, Southgate poteva pensare a soluzioni diverse da quella di spostare TAA per sostituire il centrocampista di proprietà del Manchester City.
Infine c’è la situazione relativa a Harry Kane. Anche se è andato a segno contro i Danesi, l’attaccante del Bayern è avulso dal contesto. L’Inghilterra fa fatica a servirlo in area di rigore e, in generale, trova difficoltà ad attaccare la profondità.
Sotto questo aspetto le cose sono migliorate quanto Southgate ha mandato in campo Jarrod Bowen al posto di Foden e Ollie Watkins proprio per Kane. A quel punto l’Inghilterra è diventata più verticale.
Alla fine dunque l’Inghilterra vista all’opera in queste due prime partite è risultata essere una squadra monocorde, che cerca di controllare la partita in modo ossessivo o di gestirla ma senza avere particolari guizzi di brillantezza. Forse lasciare a casa Jack Grealish, Raheem Sterling e Marcus Rashford e non dare nemmeno un minuto fin qui a Cole Palmer non è sono state poi delle gran trovate.
Il treno Mittelstädt
Non solo Jamal Musiala, Toni Kroos e Ilkay Gündogan. Le prime due uscite della Germania a Euro 2024 hanno messo in evidenza anche il buon momento di Maximilian Mittelstädt. L’esterno dello Stoccarda, nei piani di Julian Nagelsmann, è l’uomo incaricato di garantire ampiezza sul lato sinistro del campo in fase offensiva.
Lo si è visto anche contro l’Ungheria. Per superare il blocco basso con linea a cinque predisposto da Marco Rossi, i Tedeschi hanno sviluppato 3-1-6 con Kroos che andava a costruire insieme a Antonio Rüdiger e Jonathan Tah e con Robert Andrich a fungere da schermo difensivo.
In avanti la Germania era poi padrona dei mezzi spazi mentre Joshua Kimmich (a destra) e Mittelstädt (sinistra) fissavano le ampiezze, costringendo i terzi difensivi ungheresi a uscire sui trequartisti che si trovavano appunto negli half-spaces.
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Questo tipo di struttura finiva per scompaginare il blocco difensivo magiaro, con i tedeschi forti anche di un 6c5 nei confronti dell’ultima linea difensiva avversaria.
In questo contesto veniva a svilupparsi la partita di Mittelstädt. Il movimento a guadagnare campo in avanti del ventisettenne nativo di Berlino, unito a quello svolto da Kimmich sul lato opposto, consentiva a Musiala e Florian Wirtz di accentrarsi vicino a Gündogan e alle spalle di Kai Havertz, col risultato di creare un sovraccarico altamente qualitativo nella zona di rifinitura alle spalle del centrocampo ungherese.
Se poi l’Ungheria sceglieva di collassare centralmente, ecco che si aprivano spazi proprio nei corrido laterali, come in occasione della rete realizzata da Gündogan proprio su assist di Mittelstädt.
Oltre a garantire il controllo della partita, tale soluzione tattica ha inoltre permesso alla Germania di avere tanti giocatori pronti ad attaccare la linea arretrata dei Magiari, col risultato di riuscire ad arrivare tante volte al tiro.
In una nazionale che sembra funzionare come una squadra di club, Mittelstädt ha raggiunto buoni picchi di rendimento. Nagelsmann si fida del suo terzino, sempre titolare da quando, lo scorso marzo in amichevole contro la Francia, è stato per la prima volta schierato nell’undici di partenza dei bianchi tedeschi.
Flower of Scotland
Dopo essere stata travolta dalla Germania all’esordio (5-1), la Scozia è riuscita in qualche modo a riprendersi pareggiando contro la Svizzera (1-1) e guadagnando così il suo primo punto in questo Euro 2024.
Un risultato che però non ha però potuto nascondere le difficoltà della nazionale britannica. Difficoltà che derivano da molteplici fattori. Prima di tutto, la Scozia è una nazionale povera tecnicamente.
Anche con Aaron Hickey e Lewis Ferguson in squadra (il difensore del Brentford e il centrocampista del Bologna non sono presenti in Germania a causa di infortuni) il livello medio della rosa non è un granché. Solo Andy Robertson (Liverpool), Kieran Tierney (Real Sociedad), Scott McTominay (Manchester United) e Billy Gilmour (Brighton) possono essere definiti giocatori di buon livello.
La riprova di questa povertà tecnica è confermata da un dato statistico riportato da The Athletic al momento di presentare la squadra per il campionato europeo: sotto la gestione di Steve Clarke gli Scozzesi hanno vinto soltanto una partita su dieci 10 contro avversari che si trovavano nella Top 20 del ranking FIFA.
La stessa guida tecnica di Clarke va analizzata attentamente. Se è vero infatti che l’allenatore ha condotto la Scozia agli Europei dopo averla qualificata fuori da un girone che comprendeva anche Spagna e Norvegia, è altrettanto vero come le prime due uscite in terra tedesca abbiano lasciato alquanto a desiderare.
Contro la Germania l’atteggiamento scozzese è stato fin troppo passivo, col risultato di consegnarsi alla macchina perfettamente oliata costruita da Nagelsmann. Contro la Svizzera le cose sono andate meglio, vuoi per il livello dei rossocrociati (inferiore a quello dei Tedeschi) vuoi la scelta di Clarke di portare più avanti la squadra, rendendola più aggressiva.
La Scozia ha anche beneficiato dell’innesto di Gilmour in mezzo al campo. Lasciato inspiegabilmente fuori all’esordio, il centrocampista del Brighton ha contribuito a migliorare la manovra scozzese contro gli Svizzeri. Ha pagato anche la decisione di schierare McTominay in marcatura su Granit Xhaka, col risultato di limitare l’azione del giocatore del Bayer Leverkusen.
In generale però si sono confermati i soliti problemi offensivi di una squadra che crea poco e non dispone nemmeno di grandi attaccanti (il migliore è probabilmente l’inglese naturalizzato Ché Adams, quest’anno 14 reti segnate col Southampton nel Championship). Il 3-4-2-1 (che difende 5-4-1) di Clarke è troppo stereotipato, statico e di facile lettura da parte rivale.
Oltre al problema della produzione di giocatori, la Scozia sembra avere anche quello di non saper più creare grandi allenatori. La terra che ha dato i Natali a tecnici quali Jock Stein, Matt Busby, Alex Ferguson, Andy Roxburgh e dove hanno studiato anche José Mourinho e André Villas-Boas, non ha attualmente degli eredi dello stesso livello. Anche di questo andrebbe chiesto conto alla Scottish Football Association (SFA).
USA dove sei?
Parte la Copa América e, fra le squadre da seguire, c’è certamente quella statunitense. A due anni di distanza dal Mondiale che si giocherà negli States, lo USMNT parte per questa avventura continentale con più dubbi che certezze.
Di recente infatti la squadra nordamericana è stata spazzata via (5-1) dalla Colombia. Un risultato che ha destato perplessità e che non è stato fatto dimenticare dal pareggio (1-1) ottenuto contro il Brasile.
Ora però c’è da affrontare la coppa, partendo da un girone che comprende Uruguay, Bolívia e Panama.
Gregg Berhalter, tornato alla guida della nazionale a stelle e strisce dopo le note polemiche che lo avevano investito al termine dei Mondiali 2022 (torneo nel quale gli USA erano riusciti a superare il primo turno, prima di essere estromessi dalla competizione da parte dell’Olanda) ha abbandonato il 4-3-3 visto in Qatar per passare ad un 4-2-3-1 con Gio Reyna trequartista.
Proprio il livello delle prestazioni di Reyna e, soprattutto, di Christian Pulisic saranno fondamentali per capire fin dove gli USA potranno andare in questa competizione. La sensazione è che, contro avversari più quotati, gli USMNT facciamo fatica a produrre occasioni da rete, se non giocando in contropiede.
La pressione è tanta, non soltanto perché i prossimi Mondiali casalinghi non sono poi così distanti ma anche perché molti analisti vedono questa generazione di giocatori statunitensi come una delle più talentuose di sempre. Oltre ai già citati Reyna e Pulisic infatti troviamo nella rosa americana anche i vari Tyler Adams (Bournemouth), Weston McKennie (Juventus), Yunus Musah (AC Milan), Malik Tillman (PSV Eindhoven), Folarin Balogun (Monaco) e Tim Weah (Juventus).
Sarà dunque interessante osservare a quale grado di sviluppo tecnico si trovino ad oggi questi calciatori.