Su Farioli e l'Ajax
Uno sguardo anche all'Olympiakos, avversario della Fiorentina nella finale di Conference League.
Alla ricerca di un nuovo tecnico dopo la disastrosa stagione 2023-24, l’Ajax sembra aver indirizzato la sua attenzione su Francesco Farioli.
Il trentacinquenne italiano ha fatto benissimo al Nizza quest’anno, riportando l’OGC in Europa dopo essersi assicurato un piazzamento fra le prime 6 del campionato francese (risultato certificato con la vittoria 1-0 sul Le Havre lo scorso 10 maggio).
Un risultato non da poco tenuto conto del fatto che a Nizza la proprietà INEOS quest’anno non ha investito forte come in passate stagioni. Anzi, la sensazione è che l’azienda britannica vada verso il disimpegno nel club della Costa Azzurra. Sensazione corroborata dai probabili addii a fine stagione, oltre che di Farioli, anche del direttore sportivo Florent Ghisolfi (accostato alla Roma) e di alcuni dei protagonisti di questa stagione, come il difensore Jean-Clair Todibo e il centrocampista Khephren Thuram.
L’eventuale arrivo di Farioli all’Ajax segnerebbe un cambio di strategia per il club di Amsterdam, che si affiderebbe ad un profilo giovane, in controtendenza con quanto accaduto negli ultimi anni. La speranza per gli Ajacidi è ovviamente quella di dare stabilità tecnica ad una panchina che non l’ha più avuta da quando, al termine della stagione 2021-22, Erik ten Hag è partito alal volta di Manchester.
Da quell’estate ad oggi infatti si sono succeduti sul ponte di comando della squadra che fu di Johan Cruyff ben cinque allenatori nello spazio di sole due annate: Alfred Schreuder e John Heitinga nel 2022-23, Maurice Steijn, Hedwiges Maduro (ad interim) e John van 't Schip in questo 2023-24.
In Olanda sono ovviamente già partite le discussioni intorno al nome di Farioli. La questione primaria (diversamente da quanto succede alle nostre latitudini in queste situazioni) verte sul modello di gioco dell’italiano.
Recentemente stato lo stesso allenatore toscano a parlare dei suoi principi di gioco in una intervista su temi più ampi rilasciata a Cronache di Spogliatoio.
In questa sede, per brevità, ci preme sottolineare due aspetti in merito. Il primo riguarda la proposta offensiva di Farioli. Il modello posizionale predicato dall’attuale guida del Nizza ha molti punti di contatto con quello di Roberto De Zerbi. Senza dilungarci troppo sulla questione (e rimandandola ad altre sedi) possiamo dire, pur essendo un calcio posizionale, quello di Farioli attinge al fattore tempo prima che a quello relativo all’occupazione degli spazi.
La fase offensiva si basa su quella difensiva avversaria, secondo l’assunto moderno per cui si attacca in base a quello che permette di fare il sistema e l’atteggiamento difensivo rivale.
La questione del tempo diventa quindi fondamentale. Non è tanto l’occupazione degli spazi il punto centrale del sistema, quanto appunto il tempo in cui occuparli. Le accelerazioni in verticale sono quindi precedute da fasi di possesso più ragionato, anche più statico. In questo aspetto c’è un punto in comune con i vecchi Brasile (il cui modello di gioco era però diverso).
Ma quello che sorprende di più è la fase difensiva del Nizza di Farioli. Fase che parte dal possesso in quanto le percentuali registrate dai nizzardi (53.3%) tolgono per diverso tempo il pallone dalla disponibilità avversaria.
A questo aspetto si aggiunga quello dell’utilizzo del giocatore davanti alla difesa. La posizione in questione ha visto operare efficacemente soprattutto il burundese Youssouf Ndayishimiye. Nel sistema di Farioli lo schermo di centrocampo, oltre a proteggere la coppia di centrali difensivi formata da Todibo e dal brasiliano Dante ha anche il compito, zone più basse di campo, di inserirsi nell’ultima linea del Nizza, dando così vita ad una struttura a cinque.
Quando infatti gli avversari riescono a superare la forte prima pressione nizzarda, la squadra di Farioli va a difendere in posizione più arretrata con un blocco basso 5-4-1.
L’inserimento del mediano nell’ultima linea consente ai difensori di Farioli di poter essere aggressivi nel proprio terzo difensivo, andando eventualmente a rompere la linea sia con i centrali che con i terzini ma senza il pericolo che possano aprirsi pericolosi spazi che potrebbero essere sfruttati dalla formazione rivale.
Sotto questo punto di vista il sistema difensivo di Farioli potrebbe rappresentare un valido aiuto per un Ajax che, in questo campionato, ha concesso ben 59 reti (peggio di altre undici scompagini di Eredivisie).
RedBird in Ligue 1
Sempre a proposito di Francia, con la vittoria ottenuta contro il Psg al Parco dei Principi (pur contro una squadra praticamente in vacanza) il Tolosa ha messo la firma ad una ottima stagione, la seconda dal rientro in Ligue 1 (avvenuto nel 2022).
Fra gli artefici del buon campionato disputato dalla squadra viola c’è sicuramente il tecnico Carles Martínez Novell. Senza un passato da giocatore alle spalle, il giovane allenatore catalano (è nato infatti a Barcellona nel 1984) è stato chiamato a guidare in prima persona il Tolosa quest’anno, dopo essere stato nella scorsa stagione il vice di Philippe Montanier.
A promuovere l’ex tecnico della cantera del Barcellona è stato il presidente del Tolosa, Damien Comolli, desideroso di dare continuità tecnica al progetto iniziato nell’estate del 2020, quando RedBird prese il controllo del club francese.
La stagione in verità non era iniziata benissimo per i viola, che a dicembre si trovavano impegnati in piena zona retrocessione. Il cambio di marcia è avvenuto con l’inizio dell’anno nuovo e il contestuale passaggio al 3-4-2-1 come sistema di base.
Guidati in attacco dall’olandese Thijs Dallinga (14 reti segnate) la formazione di Novell si è espressa al meglio soprattutto fuori casa, faticando invece fra le mura amiche (dove ha registrato solo 3 vittorie).
Un ruolo fondamentale nel cambio di marcia del Tolosa lo ha avuto il mercato invernale. Comolli infatti ha messo a disposizione di Novell Yann Gboho e Shavy Babicka, elementi che si sono rivelati importanti.
Gboho, acquistato dal Cercle Bruges per €2.5 milioni, ha dato un contributo notevole agendo da secondo trequartista, posizione nella quale l’ivoriano ha fatto valere le sue qualità nel dribbling e nella rifinitura. Per quanto riguarda invece Babicka, l’ex Arīs Limassol ha messo a disposizione della squadra la sua velocità dando al Tolosa una maggior varietà di opzioni offensive.
Altro arrivo invernale che ha permesso al Tolosa di svoltare la stagione è stato il cileno Gabriel Suazo. L’ex Colo-Colo, agendo lungo la corsia sinistra, ha registrato 4 assist.
Vedremo come si svilupperà la prossima annata il progetto Tolosa. Qualche tempo fa era circolata la voce di una possibile vendita da parte del gruppo RedBird. Qualora invece gli americani dovessero restare, la struttura costruita da Comolli e Novell rappresenterebbe certamente una buona base di partenza.
Caos in Baviera
Retromarcia, inversione a U, ritorno sui propri passi…la si chiami come si vuole, ma la ventilata ipotesi di una conferma di Thomas Tuchel sulla panchina del Bayern alla fine non c’è stata. È stato lo stesso tecnico a smentire nettamente la voce in questione.
E così il direttore sportivo Max Eberl dovrà ripartire da zero nel processo di ricerca dell’allenatore che dovrà guidare i bavaresi nella prossima stagione.
Il tutto, avendo ottenuto già dei rifiuti (quello di Tuchel si aggiunge ai ‘no’ di Xabi Alonso, Julian Nagelsmann, Ralf Rangnick) o per scontarsi con l’impraticabilità di alcune strade (come quella che ha visto il Bayern offrire, invano, €18 milioni al Crystal Palace per liberare Oliver Glasner).
Ma cosa succede all’interno del Bayern? Non è solo la vittoria del Bayer Leverkusen (che ha portato lo Schale in una città diversa da Monaco di Baviera per la prima volta dopo undici stagioni) ad aver scombussolato le cose a Säbener Straße.
No, al Bayern nell’ultimo anno si è assistito ad una vera e propria guerra intestina, che lo scorso maggio ha visto tornare sulla tolda di comando Uli Hoeneß e Karl-Heinz Rummenigge dopo l’allontanamento di Oliver Kahn e Hasan Salihamidžić.
Questi ultimi due sono stati i dirigenti che hanno chiamato Tuchel all’Allianz Arena a marzo 2023, dopo l’esonero di Nagelsmann. Il cambio a livello dirigenziale ha avuto subito delle ripercussioni a livello tecnico. Secondo quanto riportato da The Athletic infatti Tuchel non è stato accontentato in sede di mercato. L’ex allenatore del Chelsea chiedeva da tempo un centrocampista difensivo di livello, per ritrovarsi invece con Konrad Laimer e con i confermati Leon Goretzka e Joshua Kimmich. Tutti mediani non funzionali al gioco di Tuchel, che infatti ha spesso riproposto (in verità con successo) Kimmich nella posizione di terzino destro.
Come se non bastasse, Tuchel si è ritrovato sotto fuoco amico con Hoeneß che lo ha pesantemente criticato. Il titolo conquistato all’ultimo momento lo scorso anno, unito ai risultati negativi di questa stagione, hanno finito per convincere Tuchel a gettare la spugna.
Chiunque arriverà in Baviera dovrà prima di tutto mettere mano ad un impianto tattico che ha mostrato qualche crepa. Quest’anno infatti Tuchel non ha mostrato quella flessibilità tattica che, in anni precedenti, gli era riconosciuta. Il suo Bayern infatti è parso ossessionato dall’idea di controllo, preoccupato più di contenere le transizioni avversarie che di creare occasioni da gol.
Il club inoltre si aspetta che il nuovo allenatore punti decisamente sui prodotti del vivaio, come il ventenne Aleksandar Pavlović o Josip Stanišić, mandato quest’anno in prestito al Leverkusen.
Insomma, ad oggi grande è la confusione sotto il cielo…della Baviera. Non un buon viatico per iniziare una stagione dove il Leverkusen del confermato Xabi Alonso sarà ancora lì a contendere il titolo al Bayern.
La Guerra del Peloponneso
E così, in finale di Conference (la seconda consecutiva centrata dalla Fiorentina) i ragazzi di Vincenzo Italiano si troveranno di fronte i greci dell’Olympiakos. La squadra del Pireo avrà il vantaggio di giocare in casa, dato che l’atto conclusivo del terzo trofeo europeo si disputerà ad Atene, anche la gara verrà ospitata dall’Agia Sophia, terreno di gioco dei rivali cittadini dell’AEK.
La battaglia tattica vedrà opporre Italiano a José Luis Mendilibar. Il sessantatreenne di Zaldibar fa parte di quella scuola di allenatori baschi che annovera fra le proprie fila tecnici come Mike Arteta, Unai Emery, Andoni Iraola, Xabi Alonso e Julen Lopetegui.
Da quando, nel lontano 1994, ha iniziato la sua carriera di allenatore (con i baschi del CD Arratia) Mendilibar non è mai stato fermo un anno, trovandosi in questi trent’anni ad occupare anche panchine come quelle dell’Eibar, dell’Athletic Bilbao, del Deportivo Alavés e dell’Osasuna.
Il nome di Mendilibar è però legato all’esperienza vissuta alla guida del Siviglia, il punto massimo raggiunto in carriera dal tecnico. Al Sánchez Pizjuán il basco è arrivato per recuperare una situazione disperata. Quella stagione il Siviglia l’aveva approcciata con ambizioni di alta classifica, ma la partenza era stata disastrosa.
Così, dopo aver messo insieme soltanto cinque punti nelle prime 7 giornate di campionato e uno su nove in Europa, il club andaluso decideva di licenziare Lopetegui. Al suo posto il club sivigliano decideva di richiamare Jorge Sampaoli. Ma nemmeno l’argentino riusciva a sistemare e cose e così, a marzo, il Siviglia chiamava Mendilibar.
L’approccio dell’allenatore basco è stato basato su una parola: semplificazione. L’idea era quella di abbandonare il calcio sofisticato dei suoi predecessori per favorire un approccio più razionale e più semplice, in linea con l’obiettivo di mantenere la categoria. Non a caso, come riportato dal Guardian, lo stesso Mendilibar ebbe a dichiarare che il suo Siviglia era ‹‹la squadra più facile da analizzare. Non facciamo niente di straordinario. Insistiamo su quello che facciamo bene: vincere la seconda palla, portarla in fascia, metterla dentro, tirare. Ogni squadra o ogni analista sa cosa facciamo››.
E infatti quel Siviglia cercava la riconquista alta per far poi partire rapide transizioni, sviluppando molto attraverso le corsie laterali. Con questo approccio Mendilibar è stato capace di risollevare le sorti della formazione andalusa in campionato e di condurla alla vittoria in Europa League, battendo in una discussa finale la Roma di José Mourinho. Non male per un allenatore che, prima di arrivare nel sud della Spagna, aveva all’attivo in Europa soltanto le due partite dell’Intertoto 2005 che videro il suo Athletic Bilbao eliminato dai rumeni del Cluj.
Con questi risultati, è naturale la conferma di Mendiibar in panchina per questa stagione. Tuttavia le meraviglie dell’anno scorso non si ripetono e così, dopo nove giornate di Liga, il basco viene esonerato.
Mendilibar però non rimane disoccupato a lungo. A febbraio di quest’anno infatti l’ex tecnico del Siviglia viene ingaggiato dall’Olympiakos del vulcanico presidente Evangelos Marinakis, proprietario del club del Pireo e anche del Nottingham Forest.
Mendilibar diventa così il quarto tecnico stagionale dei greci, dopo lo spagnolo Diego Martínez, il portoghese Carlos Carvalhal e l’interim di Sotiris Silaidopoulos. Nonostante una sconfitta subita nel sentito derby contro il Panathinaikos, l’inizio di Mendilibar all’Olympiakos è buono, con la squadra che registra 6 vittorie in 8 gare, comprese la vittoria in trasferta (1-4) sul campo del PAOK e le due ottenute ina Conference League sugli ungheresi del Ferencvaros, guidati da Dejan Stanković.
Risultati ottenuti da Mendilibar giocando un calcio ancora una volta semplice ma efficace, fatto di pressing alto e rapide verticalizzazioni. In fase difensiva il sistema dei greci tende a modellarsi in un classico 4-4-2 o 4-4-1-1 con l’obiettivo di riguadagnare palla velocemente o, se questo non è possibile, arretrando in un blocco medio che crei spazio alle spalle della linea difensiva rivale.
L’idea è sempre quella di generare situazioni per possibili contropiedi. Comunque la struttura difensiva dell’Olympiakos non sempre rimane compatta e una buona circolazione della palla può finire per manipolarla.
In fase offensiva si cerca di arrivare velocemente al tiro coinvolgendo direttamente il centravanti marocchino Ayoub El Kaabi con palle sulla figura o direttamente in profondità. A supporto del proprio riferimento più avanzato Mendilibar manda le sue due ali, il portoghese Daniel Podence e il greco Kōstas Fortounīs.
Da numero 10 agisce un altro portoghese, l’ex Braga André Horta. Il trequartista dell’Olympiakos ha facoltà di aprirsi esternamente, col risultato di spingere in avanti il terzino di parte, l’argentino Francisco Ortega a sinistra e il brasiliano Rodinei.
In mediana gli equilibri vengono garantiti dalla coppia formata dal lusitano Chiquinho e dall’argentino Santiago Hezze.
Quando poi la squadra di Mendilibar si trova a palleggiare contro blocchi bassi il suo gioco diventa più paziente, con più passaggi e tende ad utilizzare il cross come arma di rifinitura, anche se non sempre attaccano l’area con un numero sufficiente di giocatori. In questo si nota una somiglianza con la Fiorentina di Italiano.
Oltre a questo modo di attaccare le difese chiuse ci sono anche le giocate individuali, specialmente con Fortounīs che è un giocatore che ama ricevere palla sui piedi per andare in dribbling.
Per quanto riguarda la finale Di Atene, è probabile che Mendilibar cerchi di attuare una strategia simile a quella adottata nella doppia semifinale con l’Aston Villa e poggiante sulla ricerca costante della profondità.
Questo approccio ha funzionato con i greci che hanno spesso bucato la linea alta della squadra inglese. La Fiorentina, come il Villa di Emery, è formazione che accetta di difendere con molti metri di campo alle spalle dei propri difensori e quindi, di conseguenza, dovrà prestare massima attenzione alle giocate in verticale della formazione di Mendilibar.