E così alla fine Niccolò Zaniolo ha lasciato la Roma. Destinazione la Turchia, Paese in questo momento martoriato (insieme alla Siria) a causa del recente terremoto.
Dal punto di vista calcistico la Süper Lig non è un campionato di primo piano, ma è comunque un torneo interessante all’interno del quale si possono trovare elementi che si preparano al grande salto in campionati più competitivi, giocatori di una certa età che stanno spendendo gli ultimi spiccioli di carriera (fra i quali molti ex provenienti dalla nostra Serie A) e altri in cerca di rilancio. Fra questi ultimi andrà ora annoverato anche Zaniolo.
Interessanti sono alcuni allenatori attualmente impegnati nella Türkiye 1 (il nome ufficiale della massima divisione turca) a partire dagli italiani Francesco Farioli (Alanyaspor), Vincenzo Montella (Adana Demirspor) e Andrea Pirlo (Fatih Karagümrük), per continuare poi con il portoghese Jorge Jesus (Fenerbahçe) e con il turco Okan Buruk, nuovo tecnico di Zaniolo al Galatasaray.
Detto che la scelta della Turchia è stata figlia di una gestione non ottimale (eufemismo) del ragazzo da parte del suo entourage e che la clausola rescissoria annessa al contratto è pensata proprio per favorirne un ritorno nel calcio di alto livello, lo Zaniolo che arriva a Istanbul è una giocatore che non si è ancora sviluppato tecnicamente.
A inizio carriera sembrava pronto a imporsi come no.8 ma, successivamente, la sua traiettoria lo ha portato a spostarsi in fascia. In quella zona di campo tuttavia Zaniolo presentava dei problemi di equilibrio per la Roma. Così José Mourinho lo ha ricollocato nei corridoi centrali del campo, facendolo agire da trequarti/seconda punta.
Lì Zaniolo ha mostrato le sue qualità nell’attaccare in campo aperto ma anche i suoi difetti. L’ex romanista è infatti ancora un giocatore poco associativo (0.17 xT su passaggio), poco pulito tecnicamente (nelle 13 presenze registrate in Serie A quest’anno ha provato 174 passaggi con una percentuale di riuscita del 69.5%) e con un decision making sempre piuttosto rivedibile.
Anche nella ricerca della soluzione individuale il nuovo giocatore del Galatasaray continua a palesare delle difficoltà: la sua percentuale di dribbling riusciti è infatti stata di appena il 23.7%.
In pratica affidare palla a Zaniolo vuol dire probabilmente riuscire a guadagnare campo in avanti ma non equivale a metterla in banca.
A Istanbul, in Okan Buruk, Zaniolo trova un allenatore meno verticale rispetto a Mourinho. I Cimbom registrano infatti una media di possesso palla del 55.1% e sono fra le prime squadre della massima serie per numero di passaggi effettuati (9938) e per Field Tilt (59.03%).
All’interno di una proposta di tipo posizionale non manca comunque la possibilità di raggiungere immediatamente i riferimenti più avanzati mediante la palla lunga di Fernando Muslera.
Nell’ultimo terzo di campo la compagine di Buruk cerca di sfruttare la qualità degli esterni per produrre palle filtranti o cross da mettere a disposizione di Mauro Icardi o Bafetimbi Gomis. Vedremo se in questo contesto il tecnico turco sceglierà di utilizzare Zaniolo prevalentemente su una delle due fasce o come no.10 (in alternativa a Dries Mertens) nel 4-2-3-1 di base che è solito attuare.
Di certo, se spera di tornare a breve in un campionato più importante, Zaniolo nella sua nuova realtà dovrà migliorare nel gioco collettivo e dimostrare di essere un calciatore impattante.
Altrimenti sarà difficile convincere qualche club di prima fascia a pagare la già citata clausola rescissoria.
I guai del Psg
La sconfitta subita ad opera dell’Olympique Marsiglia negli ottavi di finale della coppa di Francia testimonia non solo l’ottimo lavoro svolto finora dal tecnico dell’OM Igor Tudor, ma anche la situazione di difficoltà nella quale si trovano i parigini.
Situazione acuita ulteriormente dalla sconfitta in campionato sul campo del Monaco, dove il Psg è sceso in campo in formazione rimaneggiata. Due battute d’arresto che non rappresentano certo un buon viatico in vista del doppio confronto di Champions con il Bayern.
Sembra strano parlare di momento difficile per una squadra che è prima in Ligue 1 con un buon margine di vantaggio sul resto della compagnia, ma si sa che quando si parla del Paris Saint-Germain si deve mettere tutto nella prospettiva della coppa più ambita e di come arriverà la vittoria in campionato (la non conquista del titolo nazionale sarebbe infatti considerata un fallimento).
Nella sfida contro l’OM i marsigliesi hanno aggredito fin dall’inizio, impedendo al Psg di costruire dal basso e forzando così Donnarumma a numerosi lanci lunghi. Questo atteggiamento difensivo, unito ad una buona riaggressione, ha messo in difficoltà una squadra che (con l’eccezione di Kylian Mbappé) non ha elementi in grado di attaccare bene la profondità.
A destare preoccupazione in casa parigina alla vigilia della ripresa della stagione europea non è solo lo stato di forma di alcuni giocatori (Donnarumma, Fabián Ruiz, Sergio Ramos…) ma anche la gestione tecnica di Christophe Galtier. Partito con l’idea di utilizzare un 3-4-2-1 come sistema base per sostenere il trio composto da Mbappé, Lionel Messi e Neymar, l’ex allenatore del Lilla è tornato sui propri passi presentando una linea difensiva a quattro ed un centrocampo a rombo.
Al momento però anche questa soluzione non sembra più essere quella ideale per mascherare i problemi tattici che la squadra si porta dietro. L’impressione è che Galtier sia in difficoltà ora che ha a disposizione una squadra con la quale non può più giocare solo difesa e contropiede ma è costretto a dover fare la partita.
Le buone prove di giovani come Warren Zaïre-Emery o El Chadaille Bitshiabu non hanno poi nascosto la mancanza di profondità della rosa.
Così, la luna di miele fra una stampa mai troppo tenera con i tecnici stranieri (e che per questo aveva visto di buon grado l’arrivo di Galtier) ed il tecnico del Psg sembra finita. Vedremo come Galtier disporrà la squadra e cosa succederà nella sfida con i tedeschi di Julian Nagelsmann.
Ciao Ciro
Ci ha lasciati questa settimana Miroslav Blažević, allenatore della Croazia che raggiunse una semifinale nel Mondiali di Francia del 1998, dove si arrese proprio ai padroni di casa. Nonostante i risultati ottenuti dalla nazionale dalla maglia a scacchi con la generazione di Luka Modrić e Marcelo Brozović (finalista nel 2018 e semifinalista in Qatar), quella Croazia di fine secolo scorso ha rappresentato la miglior concentrazione di talento mai prodotta dal comunque sempre prolifico Paese balcanico.
Davor Šuker, Zvonimir Boban, Robert Jarni, Alen Bojksic, Robert Prosinečki…tutti insieme in una compagine formidabile che difendeva i colori di una nazione diventata ufficialmente indipendente soltanto poco tempo prima, il 25 giugno 1991.
Alla testa di quel gruppo c’era appunto Blažević, uno dei primi tecnici ad utilizzare il 3-5-2 (con la Dinamo Zagabria all’inizio degli anni ’80) anche se la paternità di questo sistema è solitamente attribuita a Carlos Bilardo o a Sepp Piontek. Al di là di questa diatriba storica, l’importanza di Blažević risiede nell’influenza che ha avuto sul calcio balcanico proprio utilizzando questo modulo. Su Blažević è stato recentemente pubblicato un bell’articolo di Jonathan Wilson.
Tedesco sulla panchina del Belgio
L’ex tecnico dell’RB Lipsia, Domenico Tedesco, è stato nominato nuovo commissario tecnico del Belgio.
Il trentasettenne nato a Rossano, Calabria, ma cresciuto in Germania, raccoglie così l’eredità di Roberto Martínez, dopo i sei anni e mezzo trascorsi dallo spagnolo alla guida della nazionale belga. Un arco di tempo caratterizzato dal terzo posto conquistato in Russia nel 2018, miglior risultato nella storia del calcio belga, ma che è alla fine parsa più come una occasione persa che come un traguardo raggiunto. Nei recenti Mondiali del Qatar i belgi sono stati poi prematuramente eliminati dal sorprendete Marocco, dando l’idea di aver chiuso un ciclo ricco di talento ma povero di successi.
Per il giornalista belga Guillaume Gautier l’ingaggio ‹‹è una buona notizia. Alcuni si aspettavano un nome pi importante, ma sarebbe stato impossibile per la Federazione dal punto di vista economico. Così, un tecnico giovane e dinamico è la soluzione migliore. Tedesco ha una buona reputazione per quanto riguarda la pianificazione della gara e la flessibilità tattica, cose importanti per un commissario tecnico››.
Della vecchia guardia chi potrà ancora contribuire? ‹‹Per primi ovviamente Kevin De Bruyne e Thibaut Courtois. Accanto alle nostre due stelle più grandi ci aspettiamo una miglior forma da parte di Lukaku e forse un ruolo maggiore per giocatori come Carrasco, Tielemans o Trossard. Dietro Alderweireld sembra ancora in grado di poter aiutare. Probabilmente è ancora il miglior difensore centrale belga››.
E fra i nuovi? ‹‹Onana, Openda o Theate sembrano buoni giocatori per il futuro. Il Belgio si aspetta molto da Romeo Lavia a centrocampo e le nuove generazioni sembrano promettere un talento più strutturato (la golden generation è stata in parte una casualità, ora il Belgio ha più organizzazione per produrre talento)››.