La Serie A è partita questo weekend e l’Inter ha esordito contro il Monza. Ma il mercato non è finito: c’è tempo fino al primo settembre per colmare le lacune degli organici e portare a casa degli elementi funzionali (si spera).
Uno dei nomi più gettonati delle ultime ore è quello di Benjamin Pavard. Il francese è infatti nel mirino del Manchester United ma anche di Milan e Inter. Proprio alla vigilia dell’esordio in campionato il tecnico nerazzurro Simone Inzaghi ha speso parole di apprezzamento per il giocatore del Bayern.
Il ventisettenne campione del Mondo con la Francia al Mondiale 2018 (torneo nel quale ha lasciato il segno con un grande gol contro l’Argentina) è stato utilizzato da laterale destro sia con la nazionale che con il Bayern.
La preferenza di Pavard però va verso un utilizzo come centrale di difesa. Posizione che al Bayern, indipendentemente dall’allineamento e dalla fluidità della squadra teutonica, ha ricoperto 44 volte sulle 162 presenze totali registrate con i bavaresi. All’Inter quindi il francese potrebbe giocare sia come quinto (come alternativa a Dumfries e Cuadrado) che come terzo nella difesa a tre nerazzurra (andando a contendersi il posto con Darmian).
Tecnicamente Pavard è un giocatore in grado di muovere palla (89.9% di precisione nei passaggi la scorsa stagione) ma che ama anche spingersi in avanti. Nell’ultima stagione in Germani l’ex Lilla ha contribuito alla fase offensiva del Bayern con 4 reti e un assist.
Solido in riconquista (58.6% di tackle vinti) questa predisposizione offensiva del giocatore ha in passato creato degli spazi liberi alle sue spalle. Tuttavia questo atteggiamento potrebbe sposarsi bene con una squadra come l’Inter, che ha negli inserimenti dei terzi in fase offensiva una delle sue caratteristiche peculiari. Come a sinistra abbiamo visto spesso sganciarsi tanto Bastoni quanto Dimarco, così a destra si potrebbero vedere Pavard e Dumfries (o Cuadrado) invadere l’altra metà campo.
Soccerment, nel suo libro The Clustering Project del 2022, identificò Pavard come il prototipo del wide controller. Non sarà facile per l’Inter portare Pavard in Italia (al momento le richieste del Bayern sono ancora molto alte) ma il suo eventuale arrivo costituirebbe un netto upgrade per la compagine nerazzurra.
Rovella, per chi non si accontenta
Nicolò Rovella alla Lazio è una di quelle operazioni che rischiano di pagare alti dividendi a fine stagione pur passando in sordina durante la campagna trasferimenti.
Lasciando da parte gli aspetti economici del suo trasferimento, dal punto di vista tecnico e tattico il passaggio di Rovella in biancoceleste ha diminuito il livello qualitativo dei giocatori a disposizione della Juventus (ex proprietaria del cartellino) e arricchito invece quello dei centrocampisti agli ordini di Maurizio Sarri.
Il tecnico della Lazio in questa sessione di mercato aveva essenzialmente chiesto due cose: l’arrivo di un terzino sinistro e il rinfoltimento di una mediana che tutti sapevano avrebbe perso Sergej Milinković-Savić.
Mentre sul primo punto si è risolto con il ritorno di Luca Pellegrini (già in organico nella seconda parte dello scorso campionato) sul secondo si è partiti dalla volontà di Sarri di trovare un elemento in grado di giocare da play basso, vuoi per assicurarsi un’alternativa a Danilo Cataldi (dopo la bocciatura di Marcos Antonio) vuoi per trovare un elemento in grado di alzare il livello prestativo nelle funzioni di buildup director.
In Rovella, Sarri trova idealmente un profilo adattissimo per ottemperare ad entrambe le richieste. L’ex Monza infatti, rispetto a Cataldi, è maggiormente portato alla gestione del gioco in costruzione e primo possesso.
I dati comunque testimoniano l’evidente progresso di Cataldi nella posizione di regista basso. Infatti, nonostante il fatto di non riuscire ad entra nemmeno nella top 5 dei laziali per numero di passaggi effettuati (è infatti settimo, con un totale di 1274) Cataldi, nelle 29 gare giocate in campionato (media di circa 67 minuti a partita), ha registrato una precisione dell’88.6%. Dati non lontani da quelli di un Rovella che, proviene da un modello di gioco simile (orientato al controllo del pallone), ha effettuato 1326 passaggi con una percentuale di riuscita dell’89.7%.
La sfida per Sarri è quindi quella avere un sostituto di Cataldi che, potenzialmente, possa diventare il titolare se sarà in grado di elevare ulteriormente il proprio livello prestativo.
Per far ciò Rovella dovrà migliorare dal punto di vista dei palloni filtranti (solo uno prodotto l’anno scorso) e a livello di expected threat (xT) su passaggio. Nel passato campionato la sua media per novanta minuti di gioco (0.06) era lontana da quella di altri giocatori dalle caratteristiche siili come Hakan Çalhanoğlu (0.09) o Leandro Paredes (0.12).
Sotto le cure di Sarri avrà comunque tutto il tempo per crescere.
In Zaniolo they trust
Altro giro, altra corsa, altra chance. Dopo aver esaurito i crediti in Italia e non aver dimostrato nulla in Turchia, per Nicolo Zaniolo si aprono ora (un po’ a sorpresa a dire il vero) le porte dorate della Premier League.
Il talentuoso ma controverso giocatore italiano è stato infatti acquistato in prestito dall’Aston Villa, alla ricerca di un sostituto di Emiliano Buendia. In Inghilterra quindi Zaniolo avrà l’ennesima occasione per raddrizzare una carriera che finora lo ha visto segnalarsi per qualche alto (l’esordio con i giallorossi al Santiago Bernabéu, il gol vittoria contro il Feyenoord nella finale di Conference vinta dalla Roma nel 2022) e molti bassi, che ne hanno segnato l’attuale immagine di eterna promessa incompiuta.
Quando Zaniolo arrivò alla Roma, le sue qualità tecniche e il suo modo di giocare avevano fatto preconizzare per lui un futuro da mezzala, da no.8. Un giocatore di raccordo, un playmaker mobile in grado di aiutare lo sviluppo della squadra e andare poi a rifinire l’azione.
Successivamente, la sua evoluzione ha portato i tecnici che lo hanno allenato in giallorosso a spostarlo prima in fascia e, dopo essersi resi conto che non era quella la posizione più funzionale per il giocatore, ad avvicinarlo alla porta avversaria avanzandolo in attacco.
In questa nuova posizione Zaniolo ha evidenziato tutte le proprie qualità e tutti quei difetti dai quali non è ancora riuscito a liberarsi. Dal primo punto di vista il ragazzo ha confermato una delle sue caratteristiche migliori, vale a dire quella di sapersi smarcare oltre le linee avversarie per ricevere palla e aiutare l’attacco alla profondità della sua squadra.
I difetti risiedono invece nella solita tendenza di Zaniolo a sbagliare le scelte negli ultimi trenta metri di campo, nonché nelle sue difficoltà ad associarsi con i compagni. Stiamo infatti parlando di un elemento che è più abile a creare situazioni pericolose offensivamente tramite azioni individuali (corsa e dribbling) che attraverso i passaggi.
Anche per questi motivi il suo apporto al Galatasaray (club dal quale l’Aston Villa lo ha prelevato), dove è arrivato nel febbraio di quest’anno, è stato ridotto a soltanto dieci presenze in campionato, senza averne mai completata una fino al novantesimo. Nonostante ciò Zaniolo ha messo a segno 5 reti, sfiorando il suo record personale di 6 realizzate con la maglia della Roma nella Serie A 2019-20 (in 26 presenze).
Fra l’altro, due di questi 6 gol sono arrivati nel derby contro il Fenerbahçe e tanto è bastato a Zaniolo per entrare nel cuore dei tifosi del Gala.
Che tipo di giocatore arriva a Birmingham? Prima di tutto uno integro fisicamente, nonostante a ventitré anni di età Zaniol abbia già alle spalle due operazioni al crociato.
Dal punto di vista tattico Unai Emery, dopo aver risollevato i Villans da subentrato (a Steven Gerrard) nello scorso torneo, ha avuto in questa stagione la possibilità di iniziare a lavorare dalla pre-season.
La partenza è stata disastrosa, ma siamo soltanto all’alba del campionato. La perdita di Tyrone Mings per infortunio apre le porte allo spagnolo Pau Torres o al brasiliano Diego Carlos per la titolarità in una difesa che quest’anno Emery vuole coinvolgere in un sistema che cercherà di costruire di più e meglio dal basso. In questo senso, se la formazione di Birmingham dovesse diventare una squadra più orientata verso un maggior controllo del pallone, bisognerà vedere come potrebbe adattarsi Zaniolo a questa struttura, essendo le sue caratteristiche (come detto) più da giocatore di transizione che di possesso. D’altronde l’italiano, nel campionato turco, ha registrato appena il 73.7% di passaggi riusciti.
Detto questo, l’arrivo in Inghilterra rappresenta una sorta di all-in per il ragazzo di Massa. Se le cose dovessero andare bene Zaniolo potrebbe infatti rivitalizzare la sua carriera e farlo nel campionato più bello e attenzionato del mondo.
In caso contrario, continuerebbe la sua parabola discente e sarebbe poi davvero difficile avere altre opportunità come quelle che ha avuto finora.
La giocata di Marcelino
L’eliminazione dell’Olympique Marsiglia dalla Champions ad opera del Panathinakos (immeritata per quanto visto nella gara di ritorno) è passata da alcune decisioni arbitrali rivedibili, dalla prestazione del portiere dei greci, l’italiano Alberto Brignoli (oltre che autore di una grande prestazione ha anche respinto il rigore di Mattéo Guendouzi nella serie finale che ha deciso il passaggio del turno e da una scommessa persa.
Quest’ultima ha riguardato la decisione presa da Marcelino García Toral di sostituire il portiere titolare del Marsiglia (Pau López) per mandare in campo Rubén Blanco. Quella del tecnico spagnolo è stata la mossa van Gaal, nel tentativo di ripetere quando accadde ai Mondiali del 2014.
In quell’occasione l’allora ct olandese sostituì Jasper Cillessen per inserire Tim Krul. Quest’ultimo neutralizzò due tiri dagli undici metri consentendo all’Olanda di superare il turno ai danni della Costarica.
La mossa di Marcelino non ha invece sortito gli stessi effetti. Prevedibile, dato che Rubén Blanco era all’esordio in una serie finale di calci di rigore e che, in carriera, non aveva respinto che un penalty sui 30 fronteggiati.
L’unico rigore respinto da che Rubén Blanco risale al 2016, su tiro di Kevin Gameiro in coppa del Re. Nemmeno Pau López è un para rigori, ma l’ex romanista ha almeno una percentuale di stop superiore a quella del suo numero 12, come riportato la L'Équipe (11 % contro il 3 % di Rubén Blanco). Evidentemente Marcelino non ha guardato i dati o ha ritenuto che il momento fosse comunque favorevole per cambiare, magari confidando nel fatto che i tiratori greci fossero preparati per affrontare Pau López e non la sua riserva. Ma la scommessa non ha pagato. Non tutte le ciambelle riescono col buco.