Lo scorso ottobre, ai microfoni di Canal+, Benjamin Pavard aveva avuto modo di spiegare bene i motivi che lo hanno indotto a lasciare il Bayern Monaco in estate per approdare all’Inter. Questi motivi vanno ricercati nella volontà del calciatore transalpino di poter giocare da difensore centrale. Posizione quest’ultima che il francese aveva ricoperto soltanto nel 27% delle partite disputate con la maglia dei bavaresi.
A Milano Pavard ha ritrovato il centro del campo o, per meglio dire, il mezzo spazio destro, dato che Simone Inzaghi lo impiega da terzo della sua difesa a tre. Del buon inizio di campionato 2023-24 di Pavard avevamo già parlato in questa sede.
Ora, superata metà stagione, possiamo affermare come l’acquisto del ventisettenne di Maubeuge si sia rivelato uno dei migliori colpi dell’anno. E questo guardando soprattutto alle prestazioni offensive del giocatore.
L’Inter di Inzaghi infatti in passato tendeva a pendere a sinistra, zona nella quale operano Alessandro Bastoni da terzo e Federico Dimarco da quinto. L’arrivo di Pavard (e lo spostamento definitivo di Hakan Çalhanoğlu davanti alla difesa) ha contribuito a equilibrare la squadra.
Ad oggi infatti anche i canali di destra sono molto sfruttati dai nerazzurri in fase di risalita del campo. I dati forniti da Soccerment (relativi al campionato in corso e precedenti le partite di questo weekend) sono esplicativi dell’importanza di Pavard nello sviluppo della manovra interista.
Il francese può attaccare dritto per dritto, così come può scambiarsi di posizione con il quinto di destra o entrare in rotazioni offensive più complesse su quel lato, come visto in occasione del gol che ha permesso all’Inter di battere la Juventus.
Le qualità tecniche di Pavard e la sua abilità nell’attaccare (con e senza palla) lo spazio davanti a sé sono fondamentali per consentire alla squadra nerazzurra di conquistare superiorità posizionale e di manipolare i blocchi difensivi bassi.
Aquila nel cielo
Si può essere insoddisfatti (o almeno non pienamente soddisfatti) di una vittoria per 1-0 in una partita degli ottavi di Champions alla quale si arrivava nettamente sfavoriti da un pronostico che dava la qualificazione della squadra avversaria come cosa già fatta, fin dal momento del sorteggio dello scorso dicembre?
La risposta è sì se si pensa che la Lazio ha avuto la meglio su un Bayern Monaco in evidente difficoltà e che, in occasione del rigore trasformato da Ciro Immobile (determinante ai fini del risultato finale), si è ritrovato in dieci per l’espulsione di Dayot Upamecano, reo di aver affossato Gustav Isaksen in area.
La sfida dell’Olimpico è stata un manifesto del Maurizio Sarri pensiero. Il Sarri-ball infatti (intendendo con questo termine il gioco spumeggiante esibito dal tecnico toscano alla guida del Napoli) non c’è più da un pezzo. Sarri è stato abilissimo ad adattarsi al materiale umano a disposizione durante le varie esperienze con Chelsea, Juventus e ora alla Lazio.
In questo senso i biancocelesti rappresentano un perfetto compromesso fra le idee offensive del tecnico e le caratteristiche di una formazione che predilige agire di rimessa.
Così, contro il Bayern, la Lazio non ha avuto alcuna difficoltà a lasciare palla ai bavaresi (60.7% il possesso tedesco), puntando a coprire gli spazi e a chiudere la zona centrale di rifinitura.
Il risultato è stato quello di impedire alla squadra allenata da Thomas Tuchel di effettuare tiri verso lo specchio della porta difesa da Ivan Provedel. Nemmeno i 6 palloni conquistati nel terzo offensivo di campo e i 25 tocchi nell’area avversaria sono stati sufficienti perché i tedeschi creassero seri pericoli alla Lazio.
Con il centro del campo ben chiuso grazie al lavoro senza palla di Luis Alberto, Danilo Cataldi e Mattéo Guendouzi, i bavaresi hanno provato a sfondare sulle fasce. Ma anche esternamente di spazio ce n’era poco, grazie al contributo in fase di non possesso offerto dal già menzionato Isaksen e da Felipe Anderson. I due esterni alti infatti hanno collaborato per contenere gli sviluppi laterali del Bayern, specialmente sulla destra dove Noussair Mazraoui spingeva molto e si associava a Thomas Müller e Leroy Sané.
Anche i cambi di gioco (tradizionale metodo utilizzate dagli avversari della Lazio per colpire il sistema difensivo fortemente orientato sulla palla di Sarri) sono risultati poco efficaci
A Tuchel non è servito dunque nemmeno tornare ad uno schieramento più razionale per la sua squadra rispetto a quello utilizzato nella partita (persa) contro il Bayer Leverkusen di qualche giorno fa. Il 4-2-3-1 impostato dal tecnico teutonico non ha infatti prodotto molto a livello offensivo, nonostante il ripristino di Joshua Kimmich da titolare in mezzo al campo (7 passaggi chiave per lui).
Vero è che nemmeno la Lazio ha creato chissà cosa dal punto di vista offensivo. Tuttavia, già il contropiede sprecato da Isaksen a inizio ripresa (su palla riconquistata in pressione alta da Luis Alberto) faceva capire come il Bayern non fosse impermeabile alle transizioni. Proprio da una di queste nasceva la situazione che portava al fallo da espulsione di Upamecano e al conseguente rigore di Immobile.
Sul punteggio di 1-0 la Lazio ha preferito difendere il risultato mantenendo l’equilibrio di squadra piuttosto che attaccare un avversario in dieci uomini. Il 5 marzo, a Monaco, in occasione della gara di ritorno, vedremo se questa scelta sarà stata quella giusta.
Che Psg abbiamo visto in Europa?
Kylian Mbappé e Bradley Barcola hanno segnato le reti che hanno permesso al Psg di avere la meglio sulla Real Sociedad nella partita d’andata degli ottavi di Champions. Un risultato che non era così scontato alla vigilia dell’incontro, anche in considerazione di alcune difficoltà tattiche incontrate in questa prima metà di stagioni dai parigini, segnatamente nel resistere al pressing avversario e nella gestione delle transizioni difensive.
La Real si è presentata al Parco dei Principi giocando con la linea difensiva alta, non curante delle abilità del trio offensivo del Psg (completato da Ousmane Dembélé) nell’attaccare la profondità.
La prima metà di gara ha dato ragione all’impostazione adottata da Imanol Alguacil. Il tecnico basco ha infatti scelto di essere aggressivo, andando a prendere in alto gli avversari proprio per esporre le menzionate difficoltà dei transalpini nella costruzione dal basso. Difficoltà presenti nonostante l’utilizzo del brasiliano Lucas Beraldo (6 passaggi chiave) da parte di Lucho.
Com’è stato fatto notare giustamente da The Athletic, questo Paris Saint-Germain non è ancora pienamente enriquesco. Dopo solo metà stagione sarebbe probabilmente troppo pretenderlo. Una analisi della squadra però porta a queste conclusioni, almeno per il momento.
Il Psg è infatti formazione che ama tenere il pallone (62.2% di possesso contro la Real) ma che non disdegna di andare in verticale, come risulta dal dato che vede i parigini come prima forza della Ligue 1 per attacchi diretti (64 secondo il modello Opta) e per xG su contropiede (0.43 per 90 minuti in base a Soccerment).
Dal punto di vista tattico l’esplosione di Barcola ha permesso a Luis Enrique di modificare la posizione di Mbappé. L’ex commissario tecnico della selezione spagnola ha infatti spostato il suo numero 7 dalla fascia al centro, impiegandolo da centravanti.
Questo ha ovviamente aumentato le possibilità del Psg di ricorrere alla palla verticale. L’ex Lione tende a fissare il lato sinistro del campo, mentre a destra Dembélé si divide la gestione di mezzo spazio e zona laterale con Achraf Hakimi. Fra l’altro, contro la Real Barcola ha messo a segno la sua prima rete in coppa dei Campioni.
Le difficoltà dei padroni di casa sono proseguite nella ripresa. Fino a quando Mbappé non è riuscito a sbloccare il risultato con la sua trentunesima rete stagionale.
È stato il gol del campione del Mondo del 2018 a girare la partita a favore del Psg, più che il cambio tattico adottato da Luis Enrique nel secondo tempo con l’inversione delle posizioni fra Vitinha e Fabián Ruiz. Inizialmente infatti questa soluzione non aveva contribuito a migliorare di molto l’uscita palla della squadra francese.
Il Psg ha ora un doppio vantaggio in vista della sfida di ritorno ad Anoeta. Per sperare di ribaltare la situazione la Real dovrà giocare una partita migliore dal punto di vista offensivo. In questa andata infatti gli spagnoli non hanno mai centrato lo specchio della porta difesa da Gigio Donnarumma.
Per quanto riguarda la squadra di Luis Enrique, non si tratterà soltanto di centrare la qualificazione ai quarti ma di mostrare segni di miglioramento in vista del finale di stagione. E questi passeranno per forza dal raggiungimento di una identità tattica precisa.
Il Psg cioè deve capire se sarà in grado di diventare una formazione di controllo, capace di dettare il contesto tattico in ogni sua fase oppure se, di contro, accettare di assecondare la verticalità dei suoi attaccanti e accettare le difficoltà costruttive per assumere l’aspetto di una compagine un po’ più frenetica.