Notte da Champions, notte da incubo. Una accoppiata che si presenta almeno una volta l’anno (a volte di più) per il Psg da quando, nel 2011, il club transalpino è passato nelle mani della QSI, diventando competitivo per il massimo alloro europeo per club.
Stavolta è toccato al Newcastle passare letteralmente sopra i parigini, con i Magpies che si sono imposti largamente (4-1) nel derby arabo che la proprietà del club inglese (Saudi Arabia’s Public Investment) sfidare i qatarioti del Psg.
In campo però non sono andate le due proprietà, quando invece i due progetti tecnici, uno affidato all’inglese Eddie Howe e l’altro a Luis Enrique.
A finire nel mirino della critica è stato prima di tutto l’assetto tattico varato dall’ex commissario tecnico della Spagna. Come già fatto recentemente in Ligue 1, Lucho ha infatti presentato il Psg in versione iper-offensiva, utilizzando quattro attaccanti in Kylian Mbappé, Randal Kolo Muani, Gonçalo Ramos e Ousmane Dembélé.
Quattro riferimenti offensivi (Dembélé, Kolo Muani, Mbappé e Barcola) erano stati utilizzati anche nella roboante vittoria esterna conseguita contro i rivali del Marsiglia (0-4) nel Classique dello scorso 24 settembre, ma anche in occasione del preoccupante 0-0 rimediato contro il Clermont (stesso line up di Marsiglia) nell’ultima sfida di Ligue 1 prima della trasferta in terra inglese.
Così facendo, contro un avversario di livello superiore, i parigini hanno evidenziato le stesse difficoltà che si notavano durante l’epoca del tridente delle meraviglie formato da Lionel Messi, Neymar e Mbappé, vale a dire un eccessivo allungarsi della squadra e una fragilità nella gestione del contropiede avversario.
La mediana composta da Manuel Ugarte e Warren Zaïre-Emery si è rivelata insufficiente per gestire le transizioni inglesi. L’idea di confermare la struttura con quattro attaccanti, rinunciando al terzo mediano (Vitinha contro il Dortmund nella prima di Champions) non ha pagato. Quando poi Lucho ha mandato in campo un altro centrocampista (sempre il portoghese Vitinha) questo cambio è stato fatto a spese di Ugarte e non di un attaccante.
Il Psg ha sì dominato dal punto di vista del possesso, ma non si è mai seriamente reso pericoloso dalle parti della porta difesa da Nick Pope.
Palloni giocabili per gli attaccanti ne sono arrivati pochi. Questo ha fatto riaprire anche la questione Mbappé. Il francese è apparso nuovamente fuori forma, così come era sembrato essere in campionato, nonostante le 8 reti realizzate in 7 presenze in Ligue 1 quest’anno.
Al St James’ Park si è però vista una versione anche fuori contesto dell’attaccante transalpino. Mbappé infatti, in assenza di palloni giocabili, veniva spesso ad assumere una posizione più arretrata, in rifinitura, non consona alle caratteristiche di un giocatore che dà il meglio di se stesso agendo da riferimento avanzato con spazio verticale da attaccare.
Quando poi i numero 7 è stato posizionato più centralmente (zona nella quale comunque tende ad andare anche partendo da sinistra), dopo l’ingresso di Barcola, la difesa del Newcastle è stato comunque in grado di contenerlo.
Il Psg ha inoltre confermato di essere allergico al pressing avversario, come già aveva dimostrato il Nizza. Con la squadra di Howe che pressava, i parigini hanno avuto difficoltà a far uscire con continuità la palla da dietro. Lo si è visto in occasione del primo gol inglese, nato da una palla persa da Marquinhos sulla pressione avversaria.
Plateau offensivo con palleggio ridondante, sofferenza sul pressing avversario, fragilità in situazioni di contropiede subito, sono tutti i problemi del Psg attuale. Tempo per rimediare ce n’è, ma la pazienza non è di casa a Parigi. E la squadra di Luis Enrique si trova già al quinto posto in campionato, dopo aver perso punti contro Lorient, Tolosa, Nizza e Clermont. Se a questo aggiungiamo la débâcle del St James’ Park possiamo renderci conto di come l’inizio di Luis Enrique in Francia sia stato tutt’altro che semplice.
Pavardismo
Nel buonissimo inizio di stagione dell’Inter, accanto ai vari Lautaro Martínez, Hakan Çalhanoğlu e Henrikh Mkhitaryan, una menzione speciale deve averla anche Benjamin Pavard.
Del difensore francese avevamo già parlato qui. Che l’ex Bayern potesse avere un impatto era cosa della quale non era lecito dubitare. A meno di problemi fisici o di scarso ambientamento infatti, null’altro poteva essere messo al centro della discussione per mostrare perplessità al momento del suo arrivo all’Inter. Sulle qualità del ragazzo c’era poco dire: siamo parlando infatti di un ex campione del Mondo (con la Francia nel 2018) che ha più volte dimostrato in carriera di essere un elemento di livello internazionale.
Appena pronto, Pavard è stato subito inserito da Simone Inzaghi nelle rotazioni della compagine nerazzurra. Fino ad oggi il ventisettenne di Maubeuge ha registrato due titolarità su due presenze in campionato, alle quali vanno aggiunte ulteriori due partenze nell’undici titolare dell’Inter in Champions League.
L’ultima uscita, contro il Benfica, ha evidenziato il contributo che Pavard può dare alla squadra. Contro la formazione di Roger Schmidt infatti il difensore francese si è mostrato efficace in entrambe le fasi di gioco.
A questo proposito, basta ricordare alcune cifre: contro i lusitani Pavard ha vinto 6 duelli con 11 palle recuperate. Dati che si sommano agli 11 recuperi più altrettanti duelli favorevoli della sfida contro la Real Sociedad. In fase di possesso poi il giocatore transalpino ha registrato 7 passaggi chiave nei primi centottanta minuti di questa edizione della Champions.
In base al rendimento odierno, non sembrano più così tanti i 30 milioni di euro sborsati dall’Inter questa estate per assicurarsi il giocatore.
L’opera di Gattuso
Nonostante la rimonta subita nella ripresa, che ha fissato il punteggio sul 2-2 finale, la prestazione del Marsiglia in Europa League di fronte al Brighton di De Zerbi è stata incoraggiante.
In Provenza da appena una settimana, Gennaro Gattuso è già riuscito a dare una certa impronta alla sua squadra, almeno a livello difensivo. Oppure, più semplicemente, l’ex allenatore del Napoli ha confermato di saper mettere in difficoltà la proposta di gioco del suo connazionale, come già accaduto alte volte in passato.
A destare un’ottima impressione è stato soprattutto il primo tempo. L’OM lo ha approcciato difendendo su tre linee, con la coppia Pierre-Emerick Aubameyang e Illiman Ndiaye (i riferimenti più avanzati nel 4-4-2 senza palla dei francesi) incaricati di non cedere al pressing a invito tradizionalmente utilizzato dalle squadre di De Zerbi, per non finire vittime del tre contro due costruttivo che gli inglesi potevano creare con il loro portiere e i due centrali di difesa.
Quando infatti la palla era nei piedi di Jason Steele, il numero uno britannico ha potuto trascorrere sequenze anche piuttosto lungo di controllo della sfera senza venir aggredito dagli avanti dell’OM.
Anche quando i Seagulls riuscivano a portare palla in zone più avanzate di campo, l’obiettivo prioritario della fase di non possesso francese restava quello di chiudere tutti i canali centrali del campo, soprattutto i mezzi spazi dove il Brighton faticava a giocare in modo pulito.
Il doppio vantaggio costruito sulle reti di Chancel Mbemba e Jordan Veretout premiava la strategia di Rino. Nella ripresa il Brighton riusciva ad agguatare il pareggio, complici l’uscita per infortunio proprio di Veretout ed il cambio operato da De Zerbi, che virava verso il 4-3-3 inserendo Billy Gilmour come play.
Al di là del risultato finale, la prestazione marsigliese nei primi quarantacinque minuti di gioco rappresenta per Gattuso un buon punto di partenza.