In quel di Girona
Tutta Europa dietro la squadra di Míchel. Cosa accade invece a Barcellona e Milan?
È la squadra del momento in Spagna e, insieme a Bayer Leverkusen, Nizza, Aston Villa e forse anche Bologna, uno dei team più attenzionati in Europa. Stiamo ovviamente parlando del Girona di Míchel che, dopo la vittoria contro il Barcellona, si è ritrovata da solo al comando de La Liga. Una iniezione di entusiasmo per una città (poco più di centomila abitanti ad un centinaio di km di distanza da Barcellona) dove solitamente si tifa Barça, Real Madrid o Español.
Sulla compagine catalana e sul gioco di Míchel consigliamo questo articolo. In questa sede invece ci preme occuparci di altri aspetti del fenomeno Girona. Rispetto alle altre squadre menzionate come sorprese all’inizio, i blanquivermells rappresentano infatti qualcosa in più. A inizio stagione i giornali sportivi spagnoli vedevano come obiettivo realistico per gli uomini di Míchel un campionato tranquillo, che avrebbe consentito al Girona di ottenere la seconda salvezza consecutiva nella Liga.
Le cose stanno invece prendendo una piega imprevista, al di là dei sogni dei tifosi più ottimisti. Sicuramente ha influito nei successi della squadra il fatto che il club appartenga alla galassia calcistica del City Football Group. Ma attenzione. La politica di spesa non è quella del Manchester. Il Girona presenta il quattordicesimo budget fra le venti partecipanti al campionato spagnolo. Considerevole (per la grandezza del club), ma non così alto da far pronosticare che la squadra potesse lottare per un posto fra le prime quattro.
In estate Pere Guardiola (fratello di Pep e a capo del CdA del club catalano) non ha esitato a vendere alcuni fra i giocatori che si erano messi in evidenza l’anno scorso, a cominciare dall’attaccante Taty Castellanos (finito alla Lazio).
Guardiola Jr. e il direttore sportivo Quique Carcel non si sono spaventati e sono riusciti a sostituire egregiamente i partenti. Ora i leader della squadra sono Daley Blind, gli ucraini Artem Dovbyk e Viktor Cyhankov e il giovane (classe 2004) brasiliano Savio, che si aggiungono al capitano Aleix García (al Girona dal 2021) e all’ex attaccante della Reggina Christian Stuani. L’uruguaiano (116 gol totali realizzati con la squadra da quando arrivò in Catalogna nel 2017) ha deciso con il suo gol la sfida contro il Barcellona.
Resta da vedere se la squadra di Míchel riuscirà a rimanere in corsa per il titolo fino alla fine. Ad oggi sembrerebbe in grado di poterlo fare.
E veniamo proprio al Barcellona. La sconfitta col Girona è figlia anche dell’incapacità della squadra di Xavi di concretizzare quanto creato (il dato degli expected goals prodotti è stato di 4.06 secondo The Athletic e di 3.68 per ESPN).
Ma non è solo la mancata finalizzazione della manovra il problema evidenziato dai blaugrana nel derby catalano. C’è infatti da registrare anche una situazione critica per la difesa, che ha concesso quattro reti fuori da 2.40 (The Athletic) o 2.69 (ESPN) xG.
Mercoledì sera ad Anversa, in Champions, il Barça ha subito altre tre reti, la prima delle quali dopo appena settantasei secondi di partita. Tutto questo nonostante la presenza in campo di alcuni big che, inizialmente, dovevano restare fuori (il Barcellona era già qualificato agli ottavi).
Secondo quanto riportato da media catalani, sarebbe stato il presidente Joan Laporta a chiedere a Xavi di inserire nel gruppo Robert Lewandowski e İlkay Gündoğan per evitare il ripetersi di una brutta figura come quella rimediata contro il Girona.
Questa mossa non è bastata ad evitare il rovescio in Belgio contro la formazione di Mark van Bommel, ex giocatore proprio del Barcellona. Ora la posizione di Xavi è sotto osservazione tenuto anche conto del fatto che, da quando è diventato allenatore, il club catalano ha speso €256 milioni per costruirgli la squadra. Il credito acquisito come fuoriclasse in campo, si è esaurito nel passaggio alla panchina, nonostante il fatto di aver riportato lo scorso anno il titolo in Catalogna. Ma si sa, in queste squadre ciò che è stato fatto ieri, oggi è già dimenticato. I risultati in Europa parlano contro Xavi: il catalano ha perso 6 partite su 14 disputate, registrando la peggior percentuale di sconfitte in Champions per un tecnico nella storia del Barcellona (43%). Per questi motivi l’ex campione del Mondo del 2010 dovrà cercare di aggiustare le cose velocemente.
Le due sorprese della prima fase di Champions
Se ci sono delle delusioni in questa fase a gironi della Champions (Manchester United, Milan…) è ovvio che ci siano anche delle sorprese. Le maggiori sono Copenaghen e Dortmund.
Per quanto riguarda i danesi, stiamo parlando proprio della squadra che ha eliminato lo United in un girone completato da Bayern (l’altra qualificata agli ottavi) e Galatasaray (l’altra eliminata). Stiamo parlando di un raggruppamento (quello A) con ben tre squadre nei primi 6 posti della prima fase per high turnovers raccolti da Opta, cioè riconquiste della palla in zone avanzate di campo. Se il dato del Bayern (quarto con 60 turnover) non deve stupire più di tanto (visto il gioco aggressivo di Julian Nagelsmann) sono invece più sorprendenti i posizionamenti in questa graduatoria del Galatasaray (terzo con 67) e appunto del Copenaghen (sesto con 57).
Sia i turchi allenati da Okan Buruk che i danesi guidati da Jacob Neestrup si sono dimostrate squadre particolarmente aggressive in fase difensiva, non avendo paura a difendere in avanti anche con tanti metri di campo alle proprie spalle. Il coraggio ha premiato il Copenaghen che ha registrato la seconda difesa del girone (8 reti incassate). La masterclass difensiva di Neestrup la si è vista quando è riuscito a contenere il Bayern nella gara di Monaco di Baviera.
Per quanto riguarda invece il Borussia, chi si sarebbe aspettato che i tedeschi si qualificassero al turno successivo? Per di più vincendo il loro gruppo. Un raggruppamento equilibrato, con BVB, Milan, Psg e Newcastle ma nel quale il Borussia sembrava essere almeno un gradino sotto le altre tre.
E invece alla fine è stata la squadra di Edin Terzić ad avere la meglio. L’ultima partita, contro il Psg, i tedeschi l’hanno giocata già qualificati e l’hanno resa una sfida verticale contro una formazione parigina che è stata meno attenta al controllo di quanto di non siano di solito le squadre di Luis Enrique. I gialloneri non si sono preoccupati di lasciare campo al tridente formato da Kylian Mbappé, Randal Kolo Muani e Bradley Barcola.
Alla fine ne è uscito un pareggio (1-1) che qualifica il Psg al turno successivo. Per quanto riguarda il Dortmund, la qualificazione dà ossigeno a Terzić, criticato per l’andamento alquanto altalenante in Bundesliga.
In Europa invece la squadra va. Il tratto distintivo di questa squadra è quindi la mancanza di costanza di rendimento. Anche per questo, oltre che per la presenza di un interessante mix di giocatori esperti e di giovani (Jermaine Bynoe-Gittens su tutti) il Dortmund ricorda un po’ la Sampdoria di Gianluca Vialli e Roberto Mancini di fine anni Ottanta. Un paragone che ci può stare?
L’ora di Jović?
Il momento non particolarmente felice (eufemismo) che sta attraversando il Milan (eliminato dalla Champions ai gironi e forzato ora ad andare avanti in Europa League e a finire fra le prime quattro in campionato per garantirsi gli introiti necessari) ha reso particolarmente instabile la posizione del tecnico Stefano Pioli, passato velocemente dall’essere on fire a diventare oggetto principale (ma non unico) delle critiche dei tifosi.
Una situazione difficile per il club e la squadra, con pochi giocatori che stanno rendendo secondo le aspettative. Fra le poche note liete in questa situazione c’è l’andamento di un calciatore dal quale la tifoseria rossonera si aspettava poco o niente. Stiamo parlando di Luka Jović.
Acquistato alla scadenza della scorsa sessione estiva di calciomercato il serbo è arrivato a Milano soltanto perché il club rossonero non è stato in grado di portare a Milanello altri giocatori. Una soluzione di ripiego quindi per il Milan, per di più con un calciatore reduce da una annata faticosa con la maglia della Fiorentina.
Nella squadra viola infatti Jović non si è mai trovato a proprio agio. Destino fra l’altro comune a tutti gli attaccanti impiegati da centravanti da Vincenzo Italiano (con la sola eccezione rappresentata dalla metà stagione di Dušan Vlahović nel 2021-22, prima cioè del suo passaggio alla Juventus).
Il sistema offensivo del tecnico gigliato infatti si affida in fase di rifinitura prevalentemente ai cross. Un tipo di assistenza che non si confà alle caratteristiche di Jović. L’attuale milanista ha mostrato il meglio di sé giocando da seconda punta nell’Eintracht Francoforte di Oliver Glasner, all’interno di un contesto molto verticale.
Risalire il campo con giocate palla a terra, muovendosi fronte alla porta, è proprio quello che Jović ha in qualche modo ritrovato a Milano.
È presto per dire se l’attuale stato di forma dell’ex Viola si tradurrà a stretto giro di posta in un maggior minutaggio. Certo è che Olivier Giroud appare un po’ scarico e una pausa non potrebbe che giovargli visto che sta tirando la carretta da tempo immemore. A quel punto toccherebbe a Jović farsi trovare pronto.