La vittoria roboante (4-0) nel classique contro l’Olympique Marsiglia ha rappresentato una sorta di fotografia del momento attuale del progetto Psg.
Per affrontare il 5-3-2 presentato da Jacques Abardonado (allenatore ad interim dei marsigliesi, dopo il caos che ha portato all’addio di Marcelino) Luis Enrique ha modificato il 4-3-3 di base utilizzato fino ad oggi, passando invece ad un sistema con quattro riferimenti offensivi.
Il tecnico spagnolo ha infatti allineato Bradley Barcola e Randal Kolo Muani (preferito a Gonçalo Ramos) in una prima linea offensiva completata dai soliti Ousmane Dembélé e Kylian Mbappé (uscito per infortuno dopo mezz’ora per lasciare spazio proprio a Ramos). Il compito di garantire equilibrio in mediana veniva affidato alla coppia composta da Manuel Ugarte e Warren Zaïre-Emery.
Quando mancano questi due (come a Clermont, dove hanno giocato Fabián Ruiz e Vitinha) la squadra perde equilibrio.
Detto questo, indipendentemente dalla scelta degli uomini e della disposizione di partenza, la compagine parigina è rimasta però fedele a quella struttura messa in evidenza fin da quando l’ex commissario tecnico della Spagna ha preso le redini del progetto Psg.
All’interno di questo contesto infatti il Paris sviluppa essenzialmente 3-2-5, con Marquinhos, Milan Skriniar e Lucas Hernandez a formare l’ultima linea e con i due mediani davanti a loro.
L’elemento chiave nel calcio posizionale presentato da Luis Enrique è la ripartizione dello spazio. Ai giocati viene chiesto di occupare determinate zone prestabilite di campo, con la palla che circola da una zona all’altra (di conseguenza da un giocatore ad un altro).
Ogni movimento di un elemento da una zona ad un’altra comporta una catena di movimenti di adeguamento da parte dei giocatori che occupano porzioni di campo limitrofe. In questo senso, la manovra d’attacco del Psg avviene (come già evidenziato dalla Spagna agli ultimi Mondiali) soprattutto attraverso rotazioni posizionali dei giocatori esterni.
Così, ad esempio, nella zona di destra (una delle zone forti della squadra) quando Achraf Hakimi restava largo, era Dembélé a venire dentro. Quando invece era l’ex Barcellona a occupare una zona più aperta, toccava al marocchino posizionarsi più dentro al campo, pronto a sovrapporsi internamente o esternamente. Con Hakimi più dentro al campo lo sviluppo era più simile ad un 3-3-4.
L’ex interista sta diventando elemento chiave nell’organizzazione offensiva della sua squadra. Lo si evince dai 109 palloni toccati nella sfida contro l’OM, che fanno seguito ai 112 della partita di Champions contro il Borussia Dortmund.
L’associazione fra Hakimi e Dembélé a destra ha un corrispettivo sul lato mancino del campo. Quando il Psg parte con una struttura base 4-3-3, il compito di interscambiarsi in quella zona di campo è demandato a Vitinha e a Mbappé. Abbiamo infatti visto spesso la mezzala portoghese prendere l’ampiezza con il numero 7 che si accentra per associarsi al centravanti di turno. Contro il Marsiglia, come detto, Luis Enrique ha optato per la titolarità di Barcola al posto di Vitinha. È quindi toccato all’ex Lione il ruolo di giocatore in ampiezza sul lato sinistro, co Mbappé da secondo attaccante centrale.
La costruzione di questi interscambi e di queste rotazioni esterne è uno dei tratti più caratteristici del gioco che Lucho sta installando in riva alla Senna.
Partendo da dietro, Hakimi è uno degli assaltatori chiave del Psg. Attaccando da seconda linea infatti il giocatore marocchino approfitta del lavoro dei fissatori, cioè di quei riferimenti offensivi che, occupando determinate zone, vanno a ‘fissare’ i difensori avversari, aprendo spazio in zone che vengono poi appunto assaltate dai compagni.
La struttura posizionale così creata da Luis Enrique può giovarsi del dinamismo fornito dall’ex laterale dell’Inter e dai già citati Mbappé e Dembélé. Prima che questa organizzazione potesse contare sui tre suddetti giocatori messi insieme, il gioco di posizione dell’allenatore spagnolo aveva incontrato una sorta di plateau. Lo stesso che, negli ultimi tempi, aveva colpito la Spagna e altre squadre che praticano lo stesso sistema posizionale (come la Germania di Hansi Flick).
Per evitare di incappare nelle stesse difficoltà e per rendere più imprevedibile la struttura posizionale, allenatori come Roberto De Zerbi o Francesco Farioli hanno invece sviluppato un gioco di posizione dove la struttura offensiva enfatizza concetti quali prossimità, mobilità e lentezza in fase di costruzione.
Per quanto concerne il primo punto, queste strutture presentano una maggior vicinanza fra i giocatori della struttura stessa, soprattutto nei corridoi centrali del campo. Lo spazio quindi è ripartito in modo di verso, con giocatori larghi in ampiezza ma con maggior vicinanza nei canali centrali.
Anche la mobilità è maggiore, con più giocatori coinvolti intorno alla zona della palla. Infine, la fase di costruzione è più lenta, allo scopo di indurre l’avversario a muoversi per primo. Solo successivamente si assiste ad una accelerazione. In pratica, mentre nelle strutture posizionali classiche si muove la palla per muovere l’avversario e creare spazio da occupare, nelle versioni più recenti del gioco di posizione si attende il movimento rivale per muovere poi di conseguenza la palla nelle one che risultano libere.
Quella presentata a Parigi da Luis Enrique è dunque una struttura posizionale più tradizionale, vicino all’impostazione di un Louis van Gaal. Non a caso l’olandese è stato uno degli allenatori avuti da Lucho durante la sua carriera da calciatore.
L’unica squadra che finora ha messo in difficoltà i parigini è stato il Nizza, allenato proprio da Farioli. La compagine nizzarda ha battuto il Psg sfruttando due dei punti deboli evidenziati dai campioni di Francia fino ad oggi, vale a dire la costruzione bassa sotto pressione e la difesa della profondità.
Per quanto riguarda il primo aspetto, la pressione alta esercitata in alcuni momenti dal Nizza ha mostrato le difficoltà del Psg nell’uscire da dietro, anche a causa di un Gigi Donnarumma che non è migliorato molto nel gioco con i piedi.
Venendo invece all’attacco alla profondità, il Nizza ha targettizzato la zona alle spalle di Skriniar, con l’ex difensore dell’Inter che fa fatica a difendere tanto campo alle proprie spalle. La difesa della profondità è un problema che si è riproposto contro il Marsiglia. L’unica, vera occasione di mutare il corso della partita l’OM l’ha infatti avuta in occasione della traversa colpita di testa da Vitinha (stavolta non il centrocampista del Psg, ma l’attaccante del Marsiglia) quando la squadra di Abardonado è riuscita a sfruttare una palla in verticale messa fra Lucas Hernandez e Barcola per generare una situazione di pericolo per il Psg.
Oltre ad evitare che, alzandosi il livello degli avversari, il Psg incappi in quello sterile possesso palla a U che ha caratterizzato il gioco della sua Spagna nei momenti peggiori della sua gestione, Luis Enrique dovrà anche cercare di migliorare le suddette situazioni se vorrà fare strada in Champions League, vero banco di prova per tutti i tecnici succedutisi sulla panchina del club di proprietà del QSI da quando i qatarioti hanno comprato la società transalpina.
Un italiano a Marsiglia
Mercoledì 27 settembre il Marsiglia ha ufficializzato l’arrivo di Gennaro Gattuso alla guida dell’Olympique. L’interim di Jacques Abardonado è dunque durato lo spazio di appena due partite. Per Gattuso, che nel recente passato sembrava prossimo a diventare allenatore del Lione (club che poi gli ha preferito Fabio Grosso) si tratta di una grande occasione per tornare ad allenare una squadra di vertice.
Infatti, al di là delle difficoltà ambientali che hanno portato alle dimissioni di Marcelino García Toral, il Marsiglia resta in corsa per un piazzamento europeo, anche se non sarà facile centrare una delle prime quattro posizioni, risultato che porterebbe al rinnovo automatico del contratto di un anno firmato dal Gattuso.
Per il tecnico italiano (il quarto scelto da Pablo Longoria nei due anni e mezzo della sua gestione) la possibilità di rivitalizzare una carriera che, nelle ultime stagioni, gli ha lasciato più amarezze che risultati positivi. Dopo il periodo milanista infatti il Ringhio allenatore ha avuto una esperienza al Napoli cominciata bene (conquista della coppa Italia il primo anno) ma terminata dopo una mancata qualificazione in Champions il secondo anno.
Da lì in poi c’è stato solo il brevissimo periodo trascorso come allenatore della Fiorentina (meno di un mese prima di risolvere il contratto con la stagione ancora da cominciare) e quello al Valencia, durato solo alcuni mesi e con scarsi risultati.
Dal punto di vista tecnico il nuovo allenatore dovrà cambiare il gioco di un Marsiglia che, sotto la guida di Marcelino, si fondava essenzialmente su un approccio diretto, all’interno di un 4-4-2 che aveva come obiettivo principale quello di armare velocemente i riferimenti offensivi.
Un approccio non sostenuto dalla tifoseria, delusa anche per i risultati iniziali conseguiti dallo spagnolo: eliminazione subita ad opera del Panathinaikos nei playoff di Champions e avvio stentato della stagione di Ligue 1, con una sola vittoria (contro il Brest) e ben tre pareggi (con Metz, Nantes e Tolosa) nelle prime quattro uscite.
Gattuso ripartirà dal 4-3-3 con il quale ha impostato la sua carriera da allenatore. Un 4-3-3 di possesso, imperniato su una costruzione bassa volta ad aprire linee di passaggio alle spalle della prima pressione avversaria. Lo ha dichiarato lo stesso Rino in sede di conferenza stampa di presentazione. ‹‹Non amo parlare dei miei predecessori, ma non sono un fan del 4-4-2. Voglio cercare di giocare più alto, di prendermi un po' più di rischi, di giocare sui passaggi, sul possesso e sugli uno contro uno. Marcelino ha fatto un buon lavoro e bisogna rispettarlo, ma io sono diverso›.
Bisognerà vedere se l’ex milanista troverà gli uomini adatti al suo stile. Mattéo Guendouzi in mezzo la campo avrebbe fatto comodo, ma ormai è a Roma da Maurizio Sarri. A centrocampo si dovrebbe quindi ripartire da Jordan Veretout e Valentin Rogier, mentre bisognerà vedere l’adattabilità di Geoffrey Kondogbia. Il tutto senza dimenticare Vitinha e Ounahi.
In porta Pau Lopez è il numero 1 che Luis Enrique ha bocciato in nazionale, preferendogli un Unai Simón più abile con i piedi.
Difensivamente, l’OM giocava a uomo a tutto campo con Igor Tudor per passare ad un atteggiamento più attendista con Marcelino.
Vedremo come Gattuso modellerà la squadra e che tipo di calcio ne uscirà fuori. L’esordio a Monaco, nonostante la sconfitta, ha mostrato qualcosa di positivo.