È dunque giunta al termine l’esperienza laziale di Maurizio Sarri. Arrivato a Roma nel 2021, reduce da un anno di riposo dopo lo scudetto vinto alla guida della Juventus (ad oggi l’ultimo conquistato dai bianconeri), Sarri lascia la Lazio dopo un ruolino di marcia non entusiasmante, che parla di 12 sconfitte su 28 partite disputate. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il doppio ko subito dal Bayern (che è costato l’eliminazione dalla Champions) e la sconfitta casalinga ad opera dell’Udinese (1-2).
La decisione di Sarri (della quale gli va dato atto, in un Paese che non conosce la parola dimissioni) viene dopo che il tecnico, per tutta questa stagione, ha provato a dare una scossa ad una squadra che è ha avuto un andamento troppo schizofrenico, alternando buone uscite ad altre disastrose.
Sarri ha utilizzato a volte il bastone, altre la carota, ma non ha mai avuto le risposte che voleva da un gruppo nel quale non tutti in fondo hanno completamente digerito il suo credo calcistico. Per analizzare questa stagione della Lazio partiamo dai dati e confrontiamoli con quelli dello scorso anno. Lo facciamo utilizzando AIDA di Soccerment.
Analizzando le performance della Lazio nelle stagioni 2022 e 2023, si osserva un calo in termini di punti per partita (p90), passando da 1.95 nel 2022 a 1.43 nel 2023. Questo si riflette anche nel ranking della Serie A, scendendo dal 2° al 9° posto. Interessante notare che i punti effettivi sono stati superiori agli expected points (xPoints) nel 2022 (1.95 vs 1.56), suggerendo un possibile sovraperformance, mentre nel 2023 i valori sono allineati (1.43 vs 1.46).
Analisi Offensiva:
La Lazio ha mostrato una leggera diminuzione nella produzione offensiva, con i gol p90 che sono scesi da 1.58 a 1.18. Tuttavia, l'xG p90 è rimasto relativamente stabile (1.41 nel 2022 e 1.32 nel 2023), suggerendo che la qualità delle occasioni create è rimasta costante. Il valore di xG per tiro è rimasto invariato a 0.11, indicando una costante efficienza nei tiri. La percentuale di xG da contropiede è aumentata notevolmente (dal 3.21% al 9.33%), posizionando la Lazio tra i primi tre nel 2023 per questa metrica.
Indicatori di Stile Offensivo:
Il field tilt, che indica la percentuale di passaggi nel terzo offensivo, è leggermente aumentato (da 53.03% a 53.57%), suggerendo un leggero incremento nel controllo del gioco avversario. Tuttavia, il numero totale di passaggi p90 è diminuito (da 532.76 a 499.5), e la squadra ha mantenuto una strategia simile per quanto riguarda i lanci lunghi.
Analisi Difensiva:
La Lazio ha subito più gol nel 2023 (1.11 p90) rispetto al 2022 (0.79 p90), con un aumento anche nell'xGA p90 (da 1.12 a 1.24). Questo potrebbe indicare una minore efficacia difensiva.
Indicatori di Stile Difensivo:
Nel 2023, la squadra ha mostrato un'intensità di gegenpressing (GPI) e un'efficienza (GPE) simili al 2022, ma con un miglioramento nel PPDA (da 14.35 a 13.57), indicando un pressing più aggressivo. Inoltre, la squadra ha difeso più in alto nel campo (da 32.86m a 37.7m di altezza media degli eventi difensivi).
In conclusione, in base a questo report (anche se i dati della scorsa stagione riguardano un arco di partite più ampio, vale a dire tutto il campionato), la Lazio ha mantenuto uno stile di gioco offensivo e difensivo simile tra le due stagioni, ma con una riduzione nell'efficacia sia in fase di possesso che di non possesso.
Dal punto di vista dell’analisi tecnica la Lazio di Sarri non è mai progredita. I buoni risultati delle prime due stagioni sono stati frutto essenzialmente di overperformance e di rendimenti super da parte di alcuni giocatori.
Quest’anno sono mancati quattro elementi chiave che aiutano a spiegare il buon andamento della prima parte dell’avventura di Sarri in biancoceleste: Ivan Provedel, Sergej Milinković-Savić, Ciro Immobile e Mattia Zaccagni.
Il portiere è passato da un dato di +2.4 gol evitati (sula base della qualità die tiri affrontati) nella scorsa annata al -2.8 di questo campionato. I 9 gol e gli 8 assist prodotti da Milinković-Savić nel 2022-23 non sono stati sostituiti. Immobile infine è in fase calante, complice anche una condizione fisica non sempre ottimale. In campo poi la squadra gioca meglio senza di lui, muovendosi in modo più armonioso con Taty Castellanos davanti. Da parte sua Zaccagni non ha ripetuto le prestazioni dello scorso torneo.
A questo si aggiungano alcune scelte fatte da Sarri e un mercato che non ha portato i rinforzi necessari. Per quanto riguarda il primo punto, il tecnico ha praticamente subito bocciato Daichi Kamada e non è riuscito a trovare una quadra in un centrocampo dove il solo Mattéo Guendouzi si è fatto valere. In attacco non si è avuto il coraggio di puntare sul già menzionato Castellanos o su una soluzione alternativa (come quella di Felipe Anderson falso nueve).
E veniamo al mercato. La Lazio non si è rinforzata rispetto ad un anno fa. SMS non è stato sostituito adeguatamente e continua la cronica mancanza di un terzino sinistro affidabile.
Tatticamente poi la formazione biancoceleste continua a soffrire sui cambi di gioco (punto debole dei sistemi difensivi di Sarri) e non ha mai del tutto appreso come difendere in area sulle palle laterali.
Insomma, il progetto Sarri con la Lazio si è concluso prematuramente rispetto ad un epilogo che, comunque, appariva scontato per il prossimo giugno. Vedremo ora dove e come ripartirà il comandante.
Il periodo Endō
La supersfida fra Liverpool e Manchester City è stata vivisezionata un po' sotto tutti gli aspetti: dall’infortunio di Ederson al gol segnato su calcio piazzato ben studiato dal City, dal primo tempo controllato fra due squadre dalla simile struttura offensiva 3-2-5 alla battaglia di transizioni della ripresa, dalle sostituzioni di Pep Guardiola all’impatto di Mo Salah uscendo dalla panchina per i Reds.
Anche se, quando leggerete questa newsletter, sarà già passata una settimana dal big match di Anfield, vale la pena ritornare su un tema che, a mio giudizio, merita un approfondimento. Parlo della prestazione di Wataru Endō.
Arrivato a Liverpool la scorsa estate dallo Stoccarda (per una cifra di £16 milioni) il nazionale giapponese non sembrava un acquisto destinato ad avere grande impatto nella stagione del club del Merseyside.
E invece, a suon di buone prestazioni, il trentunenne nativo della prefettura di Kanagawa si è conquistato un ruolo centrale nella mediana del Liverpool, diventando basilare per l’architettura tattica predisposta quest’anno da Jürgen Klopp.
Lo stesso tecnico tedesco, nel post partita, si è detto meravigliato del livello raggiunto dall’ex centrocampista di Shonan Bellmare, Urawa Reds e Sint-Truiden.
Contro i Citizens il giapponese ha registrato una partita quasi perfetta in possesso, gestendo bene la palla al fianco di Alexis Mac Allister, il compagno che si accoppiava a Endo sulla seconda linea costruttiva del Liverpool (mentre il terzo centrocampista Dominik Szoboszlai si alzava a invadere sulla trequarti).
Se il Liverpool ha prodotto più del City (specialmente nel secondo tempo), vincendo la battaglia degli expected goals (2.30 contro 1.44) è merito anche della regìa di Endō. Una regìa poco appariscente, col giapponese che spesso gioca semplice, ma sicuramente pulita per un giocatore che forse non darà ampie garanzie nella gestione delle transizioni difensive e che, però, diventa come detto importante quando si tratta di esercitare controllo sulla gara.
Endō quindi, rispetto ai suoi predecessori (Fabinho) garantisce una miglior qualità nella gestione della palla e dà una nuova dimensione alla posizione di no.6 nel 4-3-3 di Klopp.
Fra Rennes e Marsiglia
In Francia ci sono tre allenatori sulla cresta dell’onda: Pierre Sage (OL), Julien Stéphan (Rennes) e Jean-Louis Gasset (Marsiglia).
Del lavoro di Sage, di come abbia raccolto un Lione ultimo in classifica riuscendo a portarlo in acque più tranquille abbiamo già scritto in passato. In questa sede quindi ci soffermiamo brevemente su Stéphan e Gasset.
Il primo, richiamato a Rennes (dove aveva fatto bene qualche anno fa) in novembre al posto di Bruno Genesio ha rilanciato il club bretone. E lo ha fatto nonostante una iniziale partenza al rallentatore. Tutto è cambiato col ritorno al 4-4-2 dopo una fase passata sotto le insegne tattiche del 3-4-3. Decisione presa durante l’intervallo della partita contro il Clermont, a dicembre, un match che il vedeva i bretoni sotto di un gol. Con la nuova disposizione (complice anche una espulsione che aveva lasciato gli avversari in dieci) il Rennes riesce a ribaltare la gara, imponendosi per 1-3.
La nuova disposizione ha permesso al tecnico del Rennes di dare un supporto ravvicinato a Arnaud Kalimuendo, troppo isolato come unica punta centrale. In fase di possesso gli esterni vanno ad accompagnare i due attaccanti, rendendo il 4-4-2 di partenza molto offensivo e votato alla ricerca della verticalità. I rossoneri di Bretagna hanno poi acquisito solidità in fase difensiva.
Ancor più interessante è il caso Gasset. Arrivato a Marsiglia lo scorso 20 febbraio, Gasset è il quarto tecnico dell’OM in questa stagione, dopo le non fortunate esperienze di Marcelino García Toral e Gennaro Gattuso, inframmezzate dall’interim di Jacques Abardonado.
Il nuovo tecnico del Marsiglia ha registrato una partenza a razzo, con cinque vittorie consecutive nelle prime cinque gare disputate. Come ha fatto? Dal punto di vista psicologico, a quanto si dice in Francia, riuscendo ad entrare nella testa e nel cuore dei giocatori, che sembrano gradire il fatto di giocare per lui e lavorare in un ambiente che Gasset ha rasserenato.
Tatticamente invece il nativo di Saint-Étienne ha presentato un Marsiglia multiforme, in grado cioè di esprimersi con diverse disposizioni di base. Gasset ha infatti utilizzato vari sistemi di gioco durante questo primo mese in Provenza, non ultimo quella sorta di quadrilatero di metà campo visto contro il Nantes.
L’obiettivo ricercato dall’ex allenatore della Costa d’Avorio è quello di creare delle associazioni fra i giocatori, cercando di metterli nelle posizioni migliori per svolgere bene il loro lavoro in base all’avversario di turno.
È presto per dire come finirà l’annata dell’OM. Di certo sembrerebbe esserci soltanto l’idea di far terminare il rapporto fra Gasset e il club a fine stagione. Vada come vada, questi successi attuali hanno riaperto in Francia la questione dell’età media degli allenatori. In un periodo in cui si cercano condottieri giovani, Gasset dimostra che la carta d’identità è solo un fatto numerico che non condiziona la freschezza delle idee.