Vecchi e nuovi maestri...
Un altro modello di gioco, un cavallo di ritorno ed un ex campione del mondo alle prese con la carriera da allenatore.
Una delle novità più interessanti della settimana è stata la partita della squadra qatariota dell’Al Sadd. A dirla così sembra strano. In realtà la compagine del golfo è allenata da Juan Manuel Lillo, uno dei maestri del gioco di posizione di Pep Guardiola (nonché ex tecnico del catalano durante una comune esperienza in Messico ed ex assistente del medesimo al Manchester City).
Dalla pass map del match fra la Al Sadd e Al-Markhiya si evince una struttura offensiva un po’ particolare per la squadra del tecnico spagnolo.
n questa struttura infatti sono assenti tanto il concetto di riempimento di tutti i canali verticali del campo quanto quello di ampiezza, entrambi caratteristici del calcio posizionale.
In un articolo pubblicato da The Athletic durante gli ultimi Mondiali il cinquantasettenne allenatore iberico si è definito un ‹‹padre pentito›› per aver contribuito a diffondere il dostoquismo, vale a dire il gioco basato sui due tocchi e che ruota attorno al possesso come arma per manipolare il sistema rivale. Puro Juego de Posición.
Le immagini di cui sopra sembrano far pensare che Lillo si stia avvicinando al gioco funzionale. In questo tipo di modello non è lo spazio da invadere la priorità del gioco, che è invece assegnata alla creazione di relazioni associative fra i giocatori.
Come abbiamo indicato altre volte (per esempio relativamente al Napoli di Luciano Spalletti o col Monza di Raffaele Palladino) in Europa possiamo trovare delle strutture ibride, ma non si sono ancora affermati modelli totalmente funzionali, di stampo sudamericano.
Fra questi ultimi uno dei più interessanti è quello proposto da Fernando Diniz. Talmente importante è stato il lavoro del tecnico brasiliano che non soltanto si è parlato di lui come di uno dei possibili successori di Tite alla guida della nazionale verdeoro, ma si è arrivati a coniare il termine dinizismo per descriverne la filosofia.
In un momento nel quale il calcio brasiliano ha cominciato a importare modelli posizionali da fuori (lo si è visto nel gioco della Seleção e nel fatto che ben sètte allenatori su venti squadre partecipanti al Brasileirão 2023 saranno portoghesi di scuola posizionale) la proposta di Diniz è più legata ad una certa tradizione.
Nello scorso campionato brasiliano il Fluminense ha finito registrando una media del 61.3% in termini di possesso palla. Il Flu è risultato secondo per numero di tocchi nella trequarti offensiva per 90 minuti secondo i dati Fbref (175.4).
Da notare come la squadra di Diniz sia stata la seconda del massimo torneo brasiliano anche per tocchi nella propria trequarti difensiva (195.1 p/90).
Questo per mostrare come la Fluminense non abbia cercato solo di imporre il proprio palleggio nell’ultimo terzo di campo (60.14% di Field Tilt secondo i dati Soccerment) ma abbia presentato una fase di costruzione elaborata.
L’obiettivo è la risalita del campo, cercando di superare le linee di pressione avversarie. Fin qui nulla di nuovo. La novità è nel come viene applicato questo principio. Il concetto chiave è quello di jogo agrupado: raggrupparsi attorno al portatore di palla per garantirgli quante più linee di passaggio possibili. Questo accade sia in fase di costruzione che di sviluppo o di rifinitura.
Non si punta tanto all’occupazione simmetrica e totale degli spazi quanto alla creazione di connessioni (relazioni) fra i giocatori. Non è lo spazio che comanda, ma la posizione della palla. Lo spazio viene generato dal continuo movimento e deve essere attaccato, riempito e svuotato, non occupato.
Tutto questo non significa mancanza di ordine, così come non si esclude l’utilizzo della palla lunga quando necessario. L’uscita bassa è un modo di costruire, ma non l’unico per Diniz.
Di questa organizzazione ha beneficiato l’anno scorso Paulo Henrique Ganso, che è risultato il quarto giocatore del campionato nazionale per expected assist su azione (4.55) e per expected threat (3.78), il terzo per xT su passaggio (3.51) ed il primo per palle filtranti (12).
La struttura offensive di Diniz, è molto stretta e favorisce anch’essa non l’occupazione degli spazi ma la vicinanza fra i giocatori per la creazione di interazioni.
A volte ritornano…
Una nota canzone del Vasco Rossi recente (sigh!) dice ‹‹eh già, io sono ancora qua››. La stessa frase potrebbe applicarsi per Adolfo Gaich, nuovo attaccante del Verona.
Il giocatore argentino, di chiare origini tedesche, torna quindi in Italia dopo la fallimentare esperienza vissuta col Benevento fra gennaio e giugno del 2021 quando la società sannita, dopo un ottimo girone di andata, scelse di affidarsi all’argentino nel mercato di gennaio.
Incredibilmente quella squadra dilapidò nel girone di ritorno quanto capitalizzato in quello di andata, finendo per retrocedere mestamente in Serie B al termine del campionato.
Stavolta Gaich trova in Veneto condizioni diverse da quelle trovate in Campania, con il Verona alla ricerca di una impresa salvezza.
Impresa che sembrava quasi impossibile a fine 2022 con la squadra moribonda e che invece si è riaccesa con un inizio di 2023 che ha fruttato ai gialloblù otto punti nelle cinque partite disputate.
L’ultima volta Adolfo Julián Gaich non brillò particolarmente, anche se rimane agli annali la rete decisiva che contribuì alla vittoria dei campani di Pippo Inzaghi in trasferta sul campo della Juventus di Pirlo.
Nel Verona il ragazzo di Córdoba sarà chiamato a sostituire l’infortunato Thomas Henry ed il partente Roberto Piccoli (fino ad Empoli) per essere la prima alternativa a Milan Đurić. In verità, con la formazione scaligera che ha adottato un gioco orientato al lancio lungo come sviluppo primario, per andare poi a contendere la seconda palla nell’altra metà campo, Gaich potrebbe anche trovare posto a fianco del bosniaco, in una riedizione dell’attacco a due torri di ritorno dagli anni Novanta.
Per l’attaccante dai soprannomi alquanto rivedibili (a partire dal più noto Genocida del Gol) si tratta dell’ennesima prova d’appello che ai nostri giorni viene concessa a molti giocatori da un mercato che non si ferma mai e che fa sempre spuntare da qualche parte una nuova maglia ed una nuova sfida dalla quale ricominciare.
Il cartellino di Gaich è sempre di proprietà del CSKA Mosca, club che lo prelevò con molte speranze del San Lorenzo de Almagro. In Russia il successo non ha arriso al nostro se è vero che il club moscovita lo ha prestato già due volte (una al già citato Benevento e l’altra agli spagnoli del Huesca) senza che al rientro ne sia tornato un attaccante migliore.
Lo score in terra russa parla chiaro: 22 partite disputate a fronte di una sola rete realizzata. In effetti Gaich non è un cannoniere quanto più un giocatore istintuale che cerca di associarsi con i compagni utilizzando una discreta tecnica di base.
Sulla carta quindi Gaich potrebbe contribuire anche alla manovra offensiva nell’ultimo terzo di campo dove la formazione gialloblù sta mostrando una struttura più organizzata da quando Marco Zaffaroni ha affiancato Salvatore Bocchetti alla guida tecnica della squadra.
Se poi l’argentino andasse ad incidere positivamente anche sulla goal conversion del Verona (comunque non la peggiore del torneo col 7.48%), tanto di guadagnato.
È chiaro che in mercato come quello italiano, dalle limitate possibilità e non in grado di competere con quello di altre realtà, si debba agire anche sulle occasioni dell’ultimo minuto, specialmente negli ultimi giorni di trattative. Tale sembra essere il senso dell’acquisto di Gaich: un prestito dell’ultimo momento per rimpinguare un settore numericamente in difficoltà.
Se poi arriverà la salvezza e Gaich ne sarà stato protagonista, se ne riparlerà. Altrimenti arrivederci e grazie lo stesso. Per l’argentino invece si tratta di un’altra occasione per rilanciare una carriera che prometteva altro e che ora si trova invece in una fase stagnante.
DDR
Hanno destato scalpore le lamentele pubbliche di Daniele De Rossi sul mercato della SPAL e il fatto che l’addetto stampa del club le abbia assurdamente censurate sui canali ufficiali del club di Joe Tacopina.
Non è la prima volta (e non sarà nemmeno l’ultima) che un allenatore si lamenta del mercato della società per la quale lavora. L’aspetto interessante è che l’ex capitano della Roma è entrato nel dettaglio, soprattutto relativamente alle modalità con le quali dovrebbe essere svolta una sessione di mercato. Mi riferisco a quando De Rossi ha detto ‹‹penso che si possa non arrivare a un giocatore. Quindi se ne va a prendere un altro con quelle caratteristiche ma un po’ meno forte. Poi non si arriva neppure a quello perché le società non si mettono d’accordo per i soldi o altro, si seguono altri con quelle caratteristiche fino ad arrivare a uno delle Serie C››.
In effetti così dovrebbe essere. Ma chi si può permettere, soprattutto nel momento attuale che sta attraversando il calcio italiano, di avere un mercato perfettamente corrispondente alle proprie esigenze tecniche?
Di solito poi queste situazioni vengono gestite all’interno e non coram populo. Detto questo, è altrettanto vero che il mercato del club estense ha portato in dote a De Rossi due scommesse (Radja Nainggolan e l’ex genoano Giannīs Fetfatzidīs) ma non quel difensore e quell’attaccante dei quali la squadra necessitava. Voi che ne pensate? Ha fatto bene DDR a lamentarsi a mezzo stampa o avrebbe dovuto discuterne privatamente con il club?