Calciomercato Vol. IV
Cuadrado all'Inter, il Milan su Yunus Musah, due grandi d'Europa alla ricerca di un centravanti.
Una delle notizie della settimana è stata certamente quella relativa al passaggio di Juan Cuadrado all’Inter. Passaggio sorprendente, in quanto l’ex juventino è (era?) un idolo per la tifoseria bianconera ed uno degli uomini simbolo delle Juventus di questi anni.
In questa sede non ci interessa parlare della questione del giocatore bandiera che va a giocare nella rivale storica del suo vecchio club (fra l’altro Cuadrado era libero di andare dove voleva, con la Juve che ha deciso di non rinnovargli il contratto in scadenza).
Quello che ci preme analizzare è invece il possibile impatto che il colombiano potrà avere nell’undici di Simone Inzaghi. Le uscite di Danilo D’Ambrosio e Raoul Bellanova rendevano necessario per l’Inter infoltire la batteria di esterni. Così, l’occasione di prendere a parametro zero un elemento di qualità come Cuadrado era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
Quello che arriva all’Inter è un giocatore ancora integro fisicamente e di grande esperienza (trentacinque anni d’età, 314 partite disputate in maglia bianconera) che in carriera ha subito una vera e propria evoluzione. Il colombiano infatti è esploso in Italia col Lecce 2011-12 di Eusebio Di Francesco e Serse Cosmi giocando da terzino, da mezzala e anche da esterno offensivo.
La carriera di Cuadrado è stata tutta un via vai fra varie posizioni del campo. Con Maurizio Sarri lo abbiamo visto di nuovo visto terzino di una linea a quattro mentre con Massimiliano Allegri il neo-interista è stato il più delle volte impiegato da quinto di centrocampo. Questo ha migliorato la sua attitudine difensiva, anche se il colombiano non è ancora esente da errori in fase di non possesso.
Anche le funzioni di Cuadrado sono variate negli anni: laterale a tutta fascia, costruttore in mezzo al campo, wide controller, wide creator…
Quest’anno, nonostante il fatto che lo sviluppo della manovra offensiva juventina si sia spostato maggiormente a sinistra (dove operava Filip Kostić) Cuadrado ha comunque registrato discreti numeri (anche se, appunto, lontani da quelli del serbo) come indicano i 3 assist, le 42 occasioni create ed il dato di expected threat (xT) su corsa (quinto in squadra con 0.71 di media),
Quest’ultimo dato, unito a quello dei dribbling riusciti (26, meno solo dei 33 di Ángel di Maria e dei 29 di Adrien Rabiot) confermano che Cuadrado è ancora in grado di aiutare la propria squadra a risalire il campo, associarsi con i compagni (7 gli uno-due aperti) e creare superiorità numerica.
Soprattutto, Cuadrado va a inserirsi in un contesto come quello dell’Inter dove mancano giocatori in grado di dribblare e saltare l’uomo. Inoltre, con un centrocampo senza più Marcelo Brozović e con Hakan Çalhanoğlu sempre più centrale nel progetto, l’ex juventino si troverà in una formazione presumibilmente molto diretta, che lo cercherà proprio per risalire il campo in transizione, reale o provocata che sia.
All’interno di questa struttura poi, un giocatore versatile come Cuadrado potrà svolgere più funzioni nella metà campo offensiva. Non soltanto quindi da esterno che mette palloni nel mezzo, ma anche da sostengo in fase di sviluppo o da rifinitore centrale fra le linee avversarie.
Per questo Cuadrado si candida ad essere più di una alternativa a Denzel Dumfries sulla fascia destra.
Il nuovo centrocampo del Milan
Fuori Sandro Tonali (ceduto al Newcastle), Brahim Díaz, Aster Vranckx e Tiémoué Bakayoko (rientrati per fine prestito rispettivamente al Real Madrid, al Wolfsburg e al Chelsea). Confermati Rade Krunić e Tommaso Pobega. Acquistati Ruben Loftus-Cheek (Chelsea), Tijjani Reijnders (Az Alkmaar) e Luka Romero (svincolatosi dalla Lazio).
Se a questo turnover aggiungiamo l’infortunio che terrà fuori Ismaël Bennacer almeno fino a fine anno, ci rendiamo conto di come il centrocampo del Milan 2023-24 cambierà radicalmente rispetto all’anno scorso. Il che potrebbe finire per modificare il modo di giocare della compagine rossonera.
Dal punto di vista tattico sta prendendo sempre più campo l’ipotesi di un passaggio effettivo al centrocampo a tre. Dico effettivo perché la versione presentata da Stefano Pioli in alcune occasioni l’anno scorso, vale a dire quella con Bennacer trequartista, era sì una disposizione con tre mediani ma sempre in conformazione 2-1 all’intero di un 4-2-3-1 di base.
Stavolta invece si potrebbe vedere un Milan con un vertice basso e due mezzali. Una versione da verificare ma che, sulla carta, appare interessante, anche solo come alternativa.
Davanti alla difesa potrebbe stazionare Reijnders. L’olandese (del quale abbiamo già parlato qui e qui) rappresenta sulla carta l’ideale sostituto di Tonali, potendo sostituire l’italiano sia in fase di costruzione che in quelle di sviluppo e rifinitura.
Uno degli slot a lato dell’ex Az sarebbe riempito da Ruben Loftus-Cheek. La presenza di un box-to-box come l’inglese darebbe al Milan ancora maggiore verticalità. Con Christian Pulisic e Romero che, verosimilmente, agiranno dalla trequarti in su, resta da individuare la seconda mezzala.
In questi giorni sta circolando il nome di Yunus Musah. Il giocatore del Valencia porterebbe ulteriore fisicità ad un centrocampo muscolare.
Ai Mondiali del Qatar, insieme a Tyler Adams e Weston McKennie, lo statunitense ha dato vita ad una vera e propria cerniera di centrocampo con la nazionale a stelle e strisce. Un blocco al quale fra l’altro si univa, in fase di non possesso, proprio il neo-milanista Pulisic.
Utilizzabile anche da laterale destro (con compiti difensivi), Musah si è distinto anche offensivamente, nonostante la stagione complicata del Valencia. L’americano (nominato giocatore statunitense del 2022 fra i giovani) ha infatti registrato 4 assist e una percentuale di passaggi riusciti dell’81.8%.
Partito bene con Gennaro Gattuso a Valencia, le cose sono peggiorate dopo la pausa del Mondiale, col tecnico italiano che voleva Musah maggiormente coinvolto in fase di costruzione.
Invece il ventenne newyorkese è elemento che dà il meglio di sé sul piano fisico, agendo in verticale nella fase di risalita del campo, come confermano i buoni dati di expected threat (xT) su corsa prodotti (1.06, secondo nella formazione valenciana).
La polar chart di Soccerment è a tal proposito alquanto esplicativa: stiamo parlando di un go-to-guy da lanciare in verticale.
Una mediana titolare composta da Loftus-Cheek, Reijnders e Musah darebbe quindi al Milan, come detto, un aspetto ancora più rivolto alla ricerca della profondità (oltre a far riguadagnare alla squadra di Pioli quella fisicità venuta meno dopo la partenza di Frank Kessié). Se così fosse, vedremo se il tutto funzionerà o se la squadra rossonera rischierà nuovamente, come già accaduto in passato, di allungarsi in modo eccessivo.
Tutto questo senza escludere che Pioli ricorra ancora a Krunić, dando al croato un alto minutaggio indipendentemente dall’utilizzo di una mediana a tre o a due.
Cosa accomuna Psg e Manchester United?
Esatto, la ricerca di un numero 9. Con l’arrivo di Mason Mount, lo United ha una ricca batteria di trequartisti e ali d’attacco: oltre all’ex Chelsea infatti a disposizione ci sono anche Bruno Fernandes, Marcus Rashford, Alejandro Garnacho, Antony, Christian Eriken e Jadon Sancho. A Erik ten Hag manca però il centravanti. I nomi che circolano sono quelli di Rasmus Højlund, Randal Kolo Muani e Gonçalo Ramos.
Su Højlund ci sarebbe anche il Psg. Il club francese sembrerebbe però più vicino a Dušan Vlahović, che Cristiano Giuntoli ha dichiarato cedibile di fronte a certe cifre (a proposito del nuovo dirigente della Juventus: leggete l’articolo di Antonio Corsa per decriptare le prime parole dell’ex direttore sportivo del Napoli).
Per quanto riguarda il danese, stiamo parlando di uno dei migliori attaccanti della Serie A. In caso di arrivo a Manchester resterebbero da valutare la capacità di adattamento di Højlund al campionato inglese e al nuovo contesto squadra.
Il Manchester di ten Hag infatti mira a diventare una squadra di possesso avanzato, che eserciti un dominio della palla nella metà campo avversaria. Invece, Højlund nell’Atalanta si trova ad aver a che fare con un contesto molto più verticale. I bergamaschi quest’anno sono infatti risultati la quarta squadra della massima serie italiana per attacchi diretti (sequenze d’attacco che partono dalla propria metà campo, con almeno il 50% di movimento verso la porta avversaria e che finiscono con un tiro o almeno un tocco nell’area di rigore offensiva) con 71.
In un contesto di maggior palleggio come quello che il danese troverebbe allo United, Højlund dovrà dimostrare di essere in grado di trovare la profondità anche contro difese posizionali basse. In questo senso, anche le sue capacità associative in spazi congestionati e sotto forte pressione andrebbero verificate alla prova Premier.
Venendo a Vlahović (l’altro attaccante che gioca in Italia fra i nomi citati in apertura) sarebbe interessante vederlo passare da un sistema come quello della Juventus (nel quale gli viene chiesto di essere autosufficiente) ad uno più strutturato come quello che Luis Enrique sta costruendo a Parigi. È chiaro che molto dipenderà dalla permanenza o meno di Kylian Mbappé. Se il francese dovesse restare per il suo ultimo anno di contratto, Vlahović dovrebbe svolgere soprattutto funzioni di supporto. Qualora invece Mbappé venisse ceduto (e il fatto di non essere stato convocato per la tournée giapponese del Psg fa pensare che la separazione sia imminente), ecco che l’attaccante serbo diventerebbe il terminale ultimo della manovra parigina.
In questo senso, Vlahović troverebbe appoggio nel sistema di connessioni che Luis Enrique gli disegnerebbe intorno, a partire da quella con Neymar.