
Pochi giorni dopo la pesante sconfitta subita nel Clásico, il Real Madrid è stato protagonista di un’altra rovinosa caduta, questa volta ad opera del Milan di Paulo Fonseca. I rossoneri si sono infatti imposti meritatamente al Santiago Bernabéu (1-3) nella sfida valevole per la quarta giornata di Champions.
Quella contro il Milan è stata poi la terza sconfitta stagionale subita dal Real in 16 gare disputate. L’anno scorso furono due su 55 partite.
Al di là dei meriti del Barcellona di Hansi Flick e del Milan, le due battute d’arresto certificano il momento di difficoltà che stanno attraversando le merengues. Difficoltà che non possono essere cancellate dal successo (4-0) ottenuto ieri sull’Osasuna (partita nella quale il Real ha perso per infortunio Rodrygo e Militão) e chiamano in causa sia la costruzione della squadra che il lavoro di Carlo Ancelotti. Entrambe queste situazioni hanno un minimo comune denominatore nel nome e nella figura di Kylian Mbappé.
Quando questa estate, coronando il suo sogno, l’attaccante francese è riuscito a vestire la maglia dei blancos, l’interrogativo che molti si ponevano riguardava il modo in cui l’ex giocatore del Psg si sarebbe tatticamente integrato in una squadra che già poteva contare su Vinícius, Jude Bellingham e Rodrygo.
La soluzione trovata da Ancelotti, con Bellingham ridotto a fare il tornante e Rodrygo in panchina, non ha fin qui prodotto i risultati sperati. Al momento in cui scriviamo, Mbappé ha segnato 8 reti in 16 presenze, contando tutte le competizioni. Non un granché per un calciatore come lui.
Soprattutto, più che inserirsi nel modello relazionale predicato dal tecnico italiano, Mbappé ha finito per disarticolarlo, rendendolo schiavo del suo modo di giocare. Per quanto riguarda questo aspetto, è stata esemplare la spiegazione portata da Thierry Henry sul canale CBS. Durante il suo intervento l’ex Arsenal e Barcellona ha puntualizzato come i movimenti di Mbappé non siano da attaccante.
Questo è vero in particolar modo per l’attacco alla profondità, movimento che in questo momento manca nel repertorio di giocate mostrate da Mbappé.
Contro il Milan, in base ai dati riportati da ESPN, l’attaccante francese ha inoltre tirato otto volte, ma soltanto in tre occasioni ha centrato lo specchio della porta difesa dal suo connazionale Mike Maignan, per un dato complessivo di 0.54 expected goals (xG).
Il problema dell’inserimento del no.9 non è però l’unico in casa madrilena. Di Bellingham costretto ad un lavoro difensivo sfiancante in fascia abbiamo già accennato. A questo tema va aggiunto quello della composizione e della qualità del gioco proposta dalla mediana. Federico Valverde da esterno non rende come da centrale.
Luka Modrić a trentanove anni non può più garantire l’apporto di prima. Eduardo Camavinga e Aurélien Tchouaméni sono essenzialmente dei centrocampisti difensivi. Insomma, non c’è per caratteristiche un sostituto di Toni Kroos.
In difesa l’assenza di Dani Carvajal si sta facendo sentire, con un Lucas Vázquez finora non all’altezza della situazione. In attacco Arda Güler e Endrick.sono spariti dalle rotazioni.
Insomma, per ora l’operazione galácticos 2.0 non sembra dare i frutti sperati. Ad Ancelotti il compito di sistemare le cose. Intanto il 27 novembre, nel prossimo turno di Champions, il Real sarà ospite del Liverpool.
Ancora il Psg
Altro giro, altra squadra in difficoltà. Il Paris Saint-Germain è stato battuto in casa 1-2 dall’Atlético Madrid grazie alla rete decisiva realizzata dal colchonero Ángel Correa nel recupero. Questa sconfitta lascia i parigini nella parte bassa del tabellone, con appena quattro punti conquistati nelle prime quattro giornate del torneo.
I guai del Psg risaltano ancora di più se messi a confronto con l’entusiasmante (e inaspettato) inizio di Champions delle altre due compagini francesi presenti nella massima competizione europea per club, vale a dire il Brest e il Monaco.
In questo momento sono tante le cose che non vanno nella squadra di Luis Enrique. Il portoghese Vitinha non offre garanzie quando si tratta di fungere da schermo davanti alla difesa. Gianluigi Donnarumma alterna buone prestazioni ad altre meno buone ed è tornato nel mirino della critica per non essere riuscito ad opporsi alla conclusione vincente di Correa.
Ma i problemi maggiori sono là davanti. Perso Mbappé il Psg fa infatti fatica a trovare un sostituto. Contro l’Atlético i transalpini hanno registrato il 71% di possesso, ma non sono riusciti a capitalizzare quanto prodotto.
In attacco Luis Enrique non ha ancora trovato una soluzione valida. Ne avevamo già parlato. La sfida con l’Atlético non ha fatto altro che ribadire il concetto. Con Randal Kolo Muani bocciato dal tecnico spagnolo, le uniche alternative rimaste portano a Lee Kang-in e Marco Asensio. Il sudcoreano si disimpegna bene da falso nueve, ma non è certo un finalizzatore.
Da parte sua l’attaccante spagnolo (spesso in passato alle prese con problemi fisici) quest’anno non sembra in grado di poter fungere da punto d’appoggio efficace per i compagni, almeno nelle sfide di coppa Campioni. Anche l’ex Real Madrid comunque, così come Lee, non è un realizzatore puro.
La conseguenza di tutto ciò è quella ribadita dai dati forniti da Le Parisien: in quattro uscite di Champions il Psg ha prodotto 81 conclusioni realizzando appena tre gol. La media di expected goals prodotti per tiro, in base a quanto riportato da L'Équipe, è di appena 0.09.
Eppure la partita con gli spagnoli si era messa bene, grazie alla rete di Warren Zaïre-Emery e ad un ottimo contro pressing che stroncava sul nascere ogni velleità offensiva della formazione di Diego Simeone. Un vantaggio che però durava poco, con Nahuel Molina che ristabiliva quasi subito la parità. Da lì in poi il Psg non è più stato in grado di riportarsi avanti nel punteggio. La strada per i ragazzi di Luis Enrique comincia dunque a farsi in salita.
I pensieri di Guardiola
Mentre ci si domanda se il matrimonio fra Pep Guardiola e il Manchester City continuerà, la rovinosa (e inattesa) caduta dei Citizens sul campo dello Sporting Lisbona di Rúben Amorim (4-1), prossimo tecnico del Manchester United (e come prossimo si intende fra pochi giorni) apre la questione relativa alla fase difensiva dei campioni d’Inghilterra.
Sì perché dietro il City non appare più impermeabile e questa fragilità ha contribuito alla caduta contro lo Sporting, vale a dire alla terza sconfitta consecutiva subita dalla formazione di Guardiola dopo quelle registrate contro il Tottenham in Carabao Cup (con conseguente eliminazione) e con il Bournemouth in Premier. Per ritrovare tre sconfitte consecutive del City di Pep bisogna risalire all’aprile del 2018. E col Brighton è poi arrivata anche la quarta, un record (negativo) per il catalano.
Di fronte ad una situazione del genere la stampa si è chiesta quali possano essere le cause. Conveniamo che gli infortuni abbiano avuto un ruolo rilevante. Stiamo parlando in particolare di quello di Rodri.
Senza più il pallone d’oro a fare da schermo alla propria retroguardia il City è diventato più vulnerabile alle transizioni. Contro il Bournemouth ad esempio, in base ai dati raccolti da Opta, il City ha concesso 6 attacchi diretti, vale a dire sequenze offensive che iniziano nella metà campo difensiva di una squadra.
Non avere Rodri in campo favorisce dunque il contropiede avversario. Ma non basta questo a spiegare le recenti problematiche del City. All’assenza dello spagnolo vanno infatti sommate quelle di Kevin De Bruyne e l’altra, più recente, di Jeremy Doku (che pure l'anno scorso, perdendo palloni importanti, contribuiva a far scattare il contropiede rivale). Due giocatori in grado di gestire il possesso e, di conseguenza, di diminuire i momenti di perdita del pallone che possono poi essere trasformati dalle altre squadre in ribaltamenti di campo pericolosi per il City. Situazioni che finiscono per mettere in crisi anche due buoni difensori come Nathan Ake e Manuel Akanji. La mossa studiata da Guardiola per fermare l’emorragia difensiva (Joško Gvardiol centrale) per ora non funziona.
La mediana con Mateo Kovačić, Bernado Silva e İlkay Gündoğan appare poi leggera per affrontare formazioni strutturate fisicamente.
Indipendentemente da quello che farà a fine anno, Guardiola ha bisogno di mettere immediatamente mano alla fase di non possesso della sua squadra. Altrimenti sarà difficile andare a riprendere il Liverpool.